I santi martiri e le loro reliquie

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LA FESTA DEI PATRONI DELLA CITTà E DIOCESI. Storia e tradizioni, dal IV secolo ad oggi

I santi martiri e le loro reliquie

Ogni anno Chioggia onora l’11 giugno i Santi Felice e Fortunato martiri, patroni della città e della diocesi. Si racconta che all’inizio del IV secolo, durante la violenta persecuzione contro i cristiani, decretata dagli imperatori romani Diocleziano e Massimiano, i fratelli Felice e Fortunato si trovavano ad Aquileia per ragioni di commercio o perché erano soldati romani. I due fratelli, ferventi cristiani, furono scoperti un giorno mentre pregavano in un bosco: fatti subito arrestare dal prefetto Eufemio, dichiararono con grande coraggio la propria fede. Si corse a vari espedienti per indurli a ripudiare il cristianesimo ma, risultando vano ogni tentativo, il prefetto ordinò che fossero decapitati, cosa che avvenne nei pressi del fiume Natisone. Di notte, alcuni cristiani di Aquileia ed altri che provenivano da Vicenza, città natale di Felice e Fortunato, accorsero nel luogo del martirio; i primi per dare loro una dignitosa sepoltura, gli altri per traslare parte dei venerati resti mortali nella città berica, dove vennero, poi, collocati nella basilica antica, che assumerà il titolo dei Santi Felice e Fortunato. Le reliquie che rimasero, invece, in Aquileia, nel tempo passarono a Grado, poi a Malamocco e nel 1110 pervennero a Chioggia – con la traslazione della sede episcopale – divenendone i patroni. Vicenza, che aveva per protettore principale San Vincenzo diacono e martire, sostituito, poi, dalla B.M.V. di monte Berico, faceva “memoria” del martirio dei Santi Felice e Fortunato il 14 maggio, anticipata poi al 13 maggio, con la riforma del calendario liturgico, dopo il Concilio Vaticano II, cadendo il 14 maggio la festa di san Mattia ap.lo, mentre la comunità di Aquileia pone il ricordo del martirio al 13 agosto.

Per la comunità clugiense, la solennità del martirio dei Santi Felice e Fortunato, nel medioevo, era fissata, come per Vicenza, al 14 maggio, sino al Sinodo del vescovo clodiense Prezzato, tenutosi nell’ottobre del 1603, mentre la “memoria” della traslazione delle reliquie dei Santi Patroni da Malamocco a Chioggia, veniva ricordata il 27 settembre. Con la correzione del “Martirologio Romano”, ad opera del cardinale Baronio, il vescovo Prezzato fissò la solennità del martirio dei Santi – festa principale – l’11 giugno, conservando la festa del 14 maggio (I Santi delle rose) come ricordo della traslazione delle reliquie. Nel tempo, i Santi Felice e Fortunato vennero raffigurati nei santini e nelle sculture con abiti di soldati romani e poi con abiti civili, anche se non mancano esempi – in altri luoghi – della raffigurazione dei santi Patroni come cavalieri. Valga il caso di Cologna Veneta, nel veronese, dove vengono rappresentati come cavalieri romani, nei vari dipinti e nello stemma civico (vedi foto). I nostri Santi figurano, altresì, titolari delle chiese di Fara Vicentino (Vicenza), Reana del Rojale (Udine), di Gardumo in Val di Gresta (Trento), di Limena e di Santa Margherita di Codevigo (Padova) – dove, in quest’ultima, si festeggiano il 14 maggio – oltre che delle chiese di Campolongo Maggiore e di Noale (Venezia) e della chiesa di Sissano (Croazia), quest’ultima risalente all’altomedioevo, mentre reliquie di San Felice figurano conservate – assieme a quelle di Santa Bertilla – nell’altare maggiore della chiesa di Brognoligo di Monteforte d’Alpone (Verona).

Ricordiamo, infine, che per la festa dei Santi Patroni, i pescatori solevano ritornare a Chioggia, a “far la ciosà dèi santi” – come si usava dire nell’idioma chioggiotto – per onorare i Patroni della città.

Approfittavano della sosta per cambiare l’abbigliamento personale che in barca era riposto nella “cassa da mar”, tutta dipinta di figure allegoriche e Santi e per sistemare gli attrezzi delle imbarcazioni che sarebbero ripartite per la campagna di pesca estiva.

Il giorno della festa si usava mangiare nelle case, a pranzo, “risi e bisi” ed è tuttora viva la consuetudine di acquistare un giocattolo e dei dolciumi ad ogni ragazzino, dalle numerose bancarelle dislocate lungo il Corso principale della città.

Giorgio Aldrighetti