L’annuncio, un dono che ha un prezzo

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L’annuncio, un dono che ha un prezzo

C.M.D. – QUARESIMA DI FRATERNITÀ.

Incontri diocesani il 20 e 24 marzo. Intervista al card. Olorunfemi

Venerdì 20 marzo, ore 21, al Teatro S. Martino di Sottomarino, la testimonianza dei due missionari vicentini rapiti in Camerun dai fondamentalisti islamici di Boko Haram.  5 aprile – 31 maggio 2014, 57 giorni nella savana al confine fra Camerun e Nigeria. Un tunnel buio da cui sono scampati don Giampaolo Marta e don Gianantonio Allegri (nella foto), missionari fidei donum della diocesi di Vicenza sequestrati nella loro missione di Tchère nel nord del Camerun. Ci offriranno la testimonianza di una Pasqua che ha segnato la loro vita e che hanno prontamente accettato di condividere anche con noi.

Un’occasione da non perdere, offerta a tutta la nostra diocesi, anche per comprendere meglio tutta l’ampiezza della sfida in atto lanciata da un sedicente islam che continua a rivendicare l’instaurazione di un improbabile stato islamico. Boko Haram (letteralmente “l’educazione occidentale è vietata”) ha esordito nel 2003 al nord della Nigeria seminando fino ad oggi solo un vicolo cieco di morte e di terrore assurdo che sta drammaticamente contagiando anche Camerun, Niger, Ciad, Centrafrica, Sudan… Non passa settimana senza che Boko Haram perpetri un massacro o organizzi un attentato contro una chiesa e non solo.

Non si fa illusioni il cardinale John Olorunfemi Onaiyekan. Dal 1994 è arcivescovo metropolita di Abuja, la capitale della Nigeria. Così si esprime in una recente intervista rilasciata a Famiglia Cristiana: «Boko Haram è un problema islamico. Ho detto ai miei amici imam che loro devono accettare di essere responsabili di questa gente che uccide in nome di Allah. All’inizio i leader musulmani dicevano che non c’entravano niente con loro, perché erano solo assassini, erano solo terroristi ma non islamici. Invece alla base c’è un’ideologia religiosa nata all’interno del mondo musulmano».

Eminenza, chi sono i Boko Haram? 

«Il loro nome, oltre a quello più noto “tutto ciò che è occidentale è peccato”, si traduce così: “organizzazione dei sunniti per il Jihad”. Tra di loro c’è tanta gente che ha finito l’università e molti sono andati in Iraq per essere addestrati e imparare a combattere. Sanno usare molto bene Internet e i social network, tutti strumenti occidentali. Boko Haram fa parte dell’internazionale islamica del terrore che vediamo all’opera dall’Iraq alla Siria fino alla Libia».

Perché afferma che è un problema islamico?

«I Boko Haram sono solo una minoranza all’interno della comunità islamica nigeriana, però molto pericolosa. Sono come il veleno. Basta una piccolissima quantità per distruggere tutto. La stragrande maggioranza dei musulmani nigeriani non è d’accordo con quello che fanno però devono mantenere i rapporti con loro e riconoscere questo problema».

Sta cambiando qualcosa da questo punto di vista?

«Ci sono state dichiarazioni di molti leader musulmani ad altissimo livello che hanno preso le distanze. Ripeto: se non cambia l’atteggiamento dei musulmani in generale il problema dei Boko Haram non sarà risolto. E poi, bisogna guardare cosa si insegna ai bambini all’interno di madrasse (le scuole coraniche, ndr) e moschee e quello che si veicola attraverso i media».

L’estremismo e la violenza nascono da lì?

«Qui tocchiamo un problema molto serio e complesso. In Nigeria, molti musulmani vengono educati a non rispettare le altre religioni e a considerare l’islam come l’unica religione giusta e pura, frutto degli insegnamenti del Profeta. La volontà di Allah, quindi, deve valere per tutta l’umanità. Se si insegna tutto ciò e i bambini crescono con quest’idea, è chiaro che si crea un terreno fertile per l’emergere di Boko Haram, dell’Isis o di Al Qaeda. Il problema, quindi, non sono solo i Boko Haram ma l’atteggiamento dei musulmani in generale, che non sempre rispettano le altre fedi. Come è emersa questa ideologia mondiale? Questo i musulmani devono chiederselo per porvi rimedio».

I cristiani sono le prime vittime dei Boko Haram?

«Con tutta la mia responsabilità, dico che bisogna smetterla con questa storia che i cattolici nigeriani sono perseguitati dai musulmani. Non è vero. È importante la verità. La Nigeria non è solo una nazione islamica, il nostro presidente è cristiano, e il 50% dei 160 milioni di nigeriani sono cristiani, non possiamo dire che siamo sotto persecuzione islamica. Se ci sono delle zone del Paese dove la chiesa locale vive enormi difficoltà, per esempio nel nord-est dove agisce Boko Haram che ha distrutto chiese, scuole, ma pure moschee e strutture governative, questo non significa che tutta la Nigeria è sotto persecuzione. I Boko Haram colpiscono non solo i cristiani ma anche i musulmani». 

Come mai il governo non ce la fa a combattere questi terroristi? 

«Una delle ragioni principali è la corruzione. Sono stati stanziati migliaia e migliaia di dollari per comprare armi contro i Boko Haram e sono spariti tra i politici e i capoccia dell’esercito. Se ci fosse più onestà e meno corruzione, sarebbe più facile sconfiggerli. I soldati governativi hanno fame, non gli pagano i salari. Mentre Boko Haram tratta bene i propri soldati. La corruzione è una piaga. Quando si arriva a questo livello c’è sempre una grande opacità. L’unica cosa che sappiamo è che malgrado i soldi stanziati il problema rimane tale e quale, c’è qualcosa che non torna».

I cristiani nel dilagare di questa corruzione hanno colpe?

«Mi spiace dire che su questo in Nigeria non c’è differenza tra cristiani e musulmani. Ci sono tanti che si sforzano di essere onesti in mezzo al dilagare della corruzione e queste persone si trovano sia tra i cristiani che tra i musulmani».

Da cristiani e da missionari non si sceglie né il dove né il come ma si mette in conto anche un prezzo molto alto da pagare per servire il Vangelo e i poveri. Don Gianantonio e don Giampaolo l’hanno toccato con mano e ci accompagneranno a comprendere. Ci prepareremo così alla veglia diocesana per i missionari martiri, appuntamento rivolto a tutta la diocesi per martedì 24 marzo alle ore 21 nella basilica di S. Giacomo a Chioggia. Presiede il vescovo Adriano.

“da Nuova Scintilla n.11 del 15 marzo 2015”