I GIORNI – Dentro le periferie

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I GIORNI – Dentro le periferie

Capita di tornare dalla visita alle famiglie come chi si lascia alle spalle il deserto, dove spunta appena qualche barlume: un segno di croce non ancora smarrito o un battito di residua cordialità verso il prete. Per il resto, fino a quale profondità si dovrà scavare per raggiungere un livello di fede, per cogliere un fiato di preghiera, una dimensione di apertura a Dio? Quanto manca ancora perché cada il fragile contrafforte della fede e venga meno ogni memoria religiosa? Non c’è bisogno che arrivino gli islamici a fare razzia della nostra fede. C’è già deserto e vuoto e non saremo disposti a morire martiri. Eppure… Eppure piccole radure spuntano qua e là: un cespuglio di amore nel figlio che accudisce la madre inferma, un fiore di unità negli sposi rinserrati con i figlioletti in un cerchio senza respiro, una sterpaglia di spenta rassegnazione negli attempati conviventi che promettono di decidersi per il sacramento del matrimonio.

I pianerottoli sono ancora agghindati da segni religiosi: salendo le scale, immagini di Maria e di santi, crocifissi di metallo o di legno fanno alzare lo sguardo alle pareti.

I morti sono ancora venerati e pregati, i bambini ancora battezzati e poi incastrati con l’orario di catechismo nella morsa degli impegni che ne ingessano la crescita. Ci vorrebbe più Vangelo, come fa il papa in piazza San Pietro, che distribuisce libretti di preghiere e Vangeli. Nelle strade delle nostre periferie, ci vorrebbe più continuità e più missione, ben oltre le sporadiche visite del prete. Nel frattempo ci raggiungono celebrazioni per venticinquesimi o cinquantesimi, o il battesimo del nipotino, se ancora nascerà. Arrivano i funerali, e allora, in una celebrazione più o meno partecipata, si tesse l’elogio delle buone doti del defunto, scoperte nell’ultimo scorcio di vita. S’è spenta la grazia di lasciarsi colpire dall’incontro con Cristo, si è esaurita la possibilità di farsi ferire dai drammi della realtà che premono sul cuore e sospingono a un di più? Ci vorrebbe un santo: uno come don Bosco, che si tirava dietro i ragazzi; uno come Padre Pio, che non aveva paura dei peccati e dei peccatori; uno come don Giussani che andava a incontrare gente di ogni risma. Ci vorrebbe! C’è già Cristo all’opera nella famiglia che si spalanca alla vita con i tre figli e lo segue. C’è già Cristo nel cuore che desidera, nella persona ferita, nel grido che invoca, nel bisogno inesauribile. C’è già Cristo a sorprendere ogni mattina con una frase di Vangelo, scoperta quasi per caso. C’è già Cristo nella testimonianza drammatica dei cristiani fedeli nella persecuzione. C’è già Cristo nella compagnia paziente della Chiesa.

don Angelo

“da Nuova Scintilla n.10 del 8 marzo 2015”