ALLA SCOPERTA DELLA BIBBIA (55)

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ALLA SCOPERTA DELLA BIBBIA (55)

Le lettere di Giovanni

Le lettere di Giovanni indicano i criteri dai quali si riconoscono i veri discepoli di Gesù: fedeltà all’insegnamento ricevuto e osservanza dei comandamenti, soprattutto quello dell’amore vicendevole. Le lettere sono quasi certamente della stessa mano, si assomigliano per pensiero, vocabolario e stile. L’identificazione dell’autore pone però un problema, perché non si indica mai il suo nome. L’autore della prima lettera si presenta come testimone oculare della vita di Gesù: Quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono … noi lo annunciamo anche a voi (1Gv 1,1-3), ma in 2Gv 1 e 3Gv 1 si designa come il Presbitero. Questo titolo, secondo l’uso delle Chiese d’Asia (cfr. Papia, Ireneo), indica il responsabile della chiesa, un personaggio che era appartenuto al gruppo dei discepoli del Signore o che aveva conosciuto questi ultimi. Era dunque un uomo che godeva di una considerevole autorità, in quanto testimone degli inizi della tradizione apostolica. Le antiche testimonianze sono unanimi nell’attribuire la prima lettera a Giovanni, non così per le altre a motivo del titolo «il Presbitero». Nel III e IV sec. alcuni ambienti identificavano l’autore in un certo «Giovanni il Presbitero», distinto dall’apostolo Giovanni. Allo stato attuale della ricerca si parla di «scuola giovannea». Nessun indizio permette di affermare con certezza in quale ordine le lettere furono scritte.

La prima lettera è sprovvista di indirizzo e di conclusione. L’autore chiama i suoi lettori «figlioli miei», spesso ricorda loro la fede comune e li esorta a essere fedeli. La prima parte della lettera presenta Dio come luce e invita a camminare nella luce (cc. 1,5-3,10), mentre la seconda parte insiste sull’amore vicendevole (cc. 3,11-5,12). Contro alcuni eretici che sostenevano che Gesù non possedeva una vera natura umana e che il suo corpo non era reale ma apparente, si ribadisce che Gesù è vero Dio e allo stesso tempo vero uomo. La lettera anticipa la formula degli anatemi dei concili (Chi dice…, oppure: se uno afferma che …, sia anatema), ma al posto di «anatema» troviamo le espressioni: bugiardo (2,4.22; 4,20), anticristo (2,18.22; 4,4), essere nella tenebra (2,9-11), non avere comunione con Dio (2,23), essere figli del diavolo(3,10.12). Alle affermazioni errate viene contrapposta la verità mediante tre argomenti:    1) I credenti devono attenersi a ciò che fin dall’inizio hanno udito; 2) Chi osserva i comandamenti ama i fratelli, diventa consapevole della verità e arriva alla vera conoscenza; 3) I credenti conoscono la verità grazie al dono dello Spirito ricevuto nel battesimo. L’autore riprende più volte gli stessi argomenti, e il suo pensiero si sviluppa seguendo un movimento a spirale attorno al tema della comunione con Dio.

Nella seconda lettera il mittente si autodefinisce come «il presbitero». I destinatari vengono interpellati con il titolo simbolico di «eletta signora», sicuramente personificazione di una comunità. La fede dei cristiani in questa comunità è messa in pericolo dalla presenza di seduttori che negano l’incarnazione e non sono fedeli alla dottrina di Cristo (vv. 7-11). L’autore mette in guardia i credenti contro gli insegnamenti di questi falsi maestri e invita a vivere il comandamento dell’amore usando quasi le stesse parole della 1Gv. Nella conclusione «il presbitero» annuncia alla comunità la sua visita (vv. 12-13). Poiché l’indirizzo e il contenuto sono di carattere molto generale, si tratta quasi sicuramente di una lettera circolare scritta per tutte le comunità che riconoscevano l’autorità del «presbitero».

La terza lettera presenta notevoli somiglianze stilistiche con la seconda, ma ha un carattere molto più personale. È diretta a un certo «Gaio», con il quale «il presbitero» si congratula per la sua ospitalità e perché cammina nella verità (v. 3). La lettera cerca di risolvere un problema di autorità sorto nella comunità. Un capo dispotico – «Diòtrefe» – cercava di dominarla e non riconosceva l’autorità del «presbitero». La lettera rivela che il presbitero godeva di grande autorità sulle varie chiese, anche se in esse vi era un capo locale. Questo breve scritto testimonia inoltre l’esistenza di missionari itineranti che venivano inviati dal presbitero nelle varie comunità per ravvivare la fede dei cristiani e per diffondere il vangelo tra i pagani.     

(55. segue)                                           Gastone Boscolo