PAROLA DI DIO – Il Figlio prediletto

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Letture: Is 55, 1-11; 1 Gv 5,1-9; Mc 1,7-11

PAROLA DI DIO – Il Figlio prediletto

Is 55,1-11: “Cercate il Signore mentre si fa trovare…”  

 “O voi tutti assetati, venite all’acqua…”. Sembra di ascoltare un venditore ambulante che propone la sua merce ai compratori che accorrono avidi di acquistare. Spendono tutti i loro soldi, ma non portano a casa niente di sostanzioso per la vita, solo cianfrusaglie, che non giovano a nulla, per le quali buttano via il loro sudato salario e tutto il loro patrimonio. Insensati! Il profeta si fa voce di qualcuno cui dispiace che la gente sprechi il frutto di tanta fatica. Egli invece ha cibo saporoso e bevande gustose da offrire, adatti per soddisfare i loro bisogni e nutrire davvero la loro vita. E per di più li offre loro gratuitamente: “Comprate e mangiate senza denaro, senza spesa. Su, ascoltatemi e mangerete cose buone…”. Ma cos’è che sazia, dà vita e apre alla speranza?: “porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate me e vivrete”. E’ la parola che esce dalla sua bocca che nutre e dà vita, quella parola che invita a rinnovare la fedeltà a Dio. E’ questa la strada che devono percorrere se vogliono tornare dall’esilio alla propria terra dalla quale da troppo tempo vivono lontani. Il profeta li invita a ricordare la promessa di Dio a David, promessa alla quale egli è fedele: egli è il Santo, non possono dubitare di lui. Ecco il punto di forza, fondamento della speranza: la fedeltà di Dio che è garante della loro rinascita. Tornino a cercare il Signore in questo momento favorevole. Se essi ritorneranno a lui, potranno fare ancora esperienza della sua benevolenza e del suo perdono. Se essi compiono il loro esodo interiore, dal peccato alla conversione, allora anche il Signore farà loro compiere un secondo esodo, da Babilonia a Gerusalemme. La conversione tocca sia l’agire (le vie) come l’orientamento interiore (pensieri): “Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie e i miei pensieri sovrastano vostri pensieri”. Il profeta che prima ha paragonato la parola di Dio al pane, ai cibi e ai vini, ora la paragona alla pioggia: se il seme è irrorato dall’acqua (pioggia e neve) esso porterà certamente frutto, pane e nutrimento: “Così sarà della parola uscita dalla mia bocca”

 

Cantico di Is 12,1-6: “Attingeremo con gioia alle sorgenti della salvezza”

Gerusalemme, circondata da nemici, non vedeva nessuna possibilità di uscirne. Il profeta continuamente aveva invitato alla fiducia nel Signore e ad abbandonare l’orgoglio e l’ingiustizia.  Improvvisamente, alla guerra e all’oppressione succede la pace e la liberazione. Esplode allora il canto di lode, sullo sfondo di un altro canto di liberazione, Es 15. Dall’ira del Signore e dall’oppressione si è passati al perdono e alla consolazione. La salvezza è identificata con Dio stesso: “Ecco, Dio è la mia salvezza…mia forza e mio canto…” cui segue l’invito: “Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza” (ritornello). La mancanza d’acqua era spesso fatale alle città assediate, per questo la presenza di Dio è paragonata a una sorgente inesauribile, quindi simbolo della salvezza e della vita. L’esperienza di salvezza diventa testimonianza da raccontare e annunciare: “manifestate, proclamate, cantate, ciò sia noto, gridate, perché ha fatto opere grandi… perché grande in mezzo a voi è il Santo d’Israele”. A lui possiamo attingere con gioia quale fonte inesauribile di salvezza. Un giorno Gesù dirà: “Chi ha sete venga a me e beva” (Gv 7,37).

1 Gv 5,1-9: “Lo spirito, l’acqua, il sangue, questi tre sono concordi”

La pagina di 1Gv 5,1-9 vuole introdurre il lettore alla vita spirituale, la vita secondo lo Spirito. Alcuni riferimenti al vangelo di Giovanni possono fare da sfondo per comprendere questa pagina. Nella festa delle Capanne, mentre il sommo sacerdote spargeva nel tempio l’acqua attinta alla piscina di Siloe, Gesù gridò:“ «Chi ha sete venga a me e beva. Chi crede in me, come dice la Scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno». E Giovanni interpreta: Questo disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui”( Gv 37-39). Dopo il colpo di lancia sul costato di Cristo in croce, l’evangelista Giovanni commenta: “…e subito ne uscì sangue ed acqua”. Ritornando alla lettera, la fede in Gesù, Cristo (v.1) e Figlio di Dio(v.5), è principio di vita nuova, la vita di figli di Dio: “Chi crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio”. Il primo frutto della fede è l’amore: amore a Dio (colui che ha generato) e a Cristo e ai fratelli di fede (colui che è stato generato). L’autenticità dell’amore fraterno si manifesta, per così dire, in due ambiti: quello interiore dei sentimenti, dei desideri e delle emozioni verso Dio e quello dell’obbedienza concreta ai suoi comandamenti. L’accenno che i suoi comandamenti non sono gravosi rimanda al fatto che per Giovanni i comandamenti sono riassunti nel comandamento nuovo dell’amore. Il secondo frutto della vita nuova che viene dalla fede è la vittoria sul “mondo”, inteso come ostilità a Dio o rifiuto del Figlio suo. Segue una descrizione dell’opera della salvezza di Cristo definito come “Colui che è venuto con acqua, sangue… Spirito”. Lo Spirito“rende testimonianza perché lo Spirito è verità”. Gesù è dunque datore di quell’acqua che è fonte di vita eterna; quell’acqua è lo Spirito che Cristo ci ha donato col suo sacrificio. E lo Spirito è in noi il testimone del Cristo, come conferma Gv15,26: “Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza”. Infine si fa riferimento alla testimonianza che Dio ha dato a suo Figlio. Il testo del vangelo, nel racconto del battesimo di Gesù, riferisce  questa testimonianza.     

Mc 1,7-11: “Tu sei il mio Figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto”. 

Gesù lascia Nazaret per partecipare al cammino di conversione e di rinnovamento a cui  Giovanni invitava tutto il popolo e che era significato dal rito battesimale al Giordano. Gesù dunque è battezzato da Giovanni e “Mentre usciva dall’acqua…” ha luogo per Lui un’esperienza, fatta di visione e audizione: Egli vede ciò che gli altri non vedono, e cioè aprirsi i cieli e scendere lo Spirito e sente ciò che gli altri non sentono, cioè la voce che parla dal cielo che si rivolge a Lui direttamente. Visione e audizione annunciano che il tempo messianico è giunto. I cieli chiusi si aprono: in Gesù il Padre riprende e porta a compimento la rivelazione. Scende lo Spirito: in Gesù, pieno di Spirito Santo, lo Spirito è donato al suo popolo. Gesù sente la voce che parla dal cielo: è il punto culminante della scena del battesimo: “ Tu sei il mio Figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto”. Queste parole sono una combinazione del Salmo 2,7 che si riferisce all’investitura del re di Gerusalemme, e di Is 42,1 in cui il profeta fa dire a Dio del suo servo: “Ecco il mio servo, che io sostengo, il mio eletto, del quale mi compiaccio. Ho posto il mio Spirito su di lui”. In questo racconto dunque la voce dal cielo definisce Gesù re messianico e servo di Dio per eccellenza. Lo scendere dello Spirito lo costituisce pure re e profeta. La voce dal cielo, che chiama Gesù ‘amato Figlio’, definisce la speciale relazione tra Dio e Gesù:  Dio è il Padre che ama il Figlio e riversa su di lui lo Spirito. Dal battesimo di Gesù impariamo a conoscere Dio come Padre che ama e che Gesù ci insegnerà a chiamare ‘abbà’,  papà. Un Dio che nel battesimo fa di noi i suoi amati figli.

+ Adriano Tessarollo