Venne ad abitare in mezzo a noi

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LA PAROLA DI DIO / Natale del Signore

Venne ad abitare in mezzo a noi

Letture: Is 52,7-10; Sl 97,1.26; Eb 1,1-6; Gv 1,1-18 (“messa del giorno”)

Natale: condivisione e solidarietà di Dio, gioia e salvezza degli uomini.

La celebrazione del Natale propone nelle messe della vigilia, notte, aurora e giorno delle pagine bibliche che illuminano il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio, creando negli uditori una profonda eco dell’amore di Dio e un’atmosfera di grazia e di gioia. La calma meditativa è il clima per ascoltare la solenne proclamazione dell’annuncio: ‘Ecco, vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi è nato per voi un salvatore, che è il Cristo Signore”. La seconda generazione cristiana, approfondendo la parola e l’azione di Gesù di Nazaret, giunte al culmine nella sua pasqua, poteva affermare che in Lui “E’ apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini”(Tt 2,11) e che in Lui “Si sono manifestate la bontà di Dio, salvatore nostro e il suo amore per gli uomini”(Tt 3,4). 

La venuta di Gesù è compresa come compimento dell’annuncio dell’antica storia del popolo di Dio e delle sue promesse in favore del suo popolo e dell’intera umanità : “Il Signore ha consolato il suo popolo e tutti i popoli della terra potranno sperimentare la salvezza del nostro Dio”(Is 52,910).

La salvezza di Dio é realizzata nel Natale del Signore.

I pastori vanno alla grotta di Betlemme e ritornando raccontano ciò che hanno visto: “Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere. Andarono senza indugio e trovarono Maria, Giuseppe e il Bambino che giaceva nella mangiatoia” (Lc 2,16). Nelle comunità cristiane di fine secolo, c’era il pericolo di staccare l’annuncio della salvezza dalla storia di Gesù, facendo della fede cristiana una teoria della salvezza, una tra le tante che erano in voga. Bisogna ritornare all’esperienza storica dei testimoni, come quella dell’apostolo Pietro: “Infatti, non per essere andati dietro a favole artificiosamente inventate vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza”(2 Pt 1,16).

Vita nuova . La venuta del Figlio di Dio ha dato avvio a qualcosa di nuovo, suo dono e contemporaneamente impegno del credente. E’ il grande sogno dei profeti e l’attesa dell’umanità: “Grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine sul regno che egli viene a consolidare con il diritto e la giustizia”(Is 9,6). E’ la speranza che il mondo diventi regno di Dio, cioè realizzazione per tutti del diritto e della giustizia che soli possono essere fondamento della pace. L’umanità riuscirà in questo intento solo alla scuola dell’Inviato del Signore, vera guida della nuova umanità: “Poiché un bambino ci é stato dato, ci é stato dato un figlio. Sulle sue spalle é il segno della sovranità ed é chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace” (Is 9,5). E’ Gesù di Nazaret che dischiude all’umanità orizzonti nuovi e impensati, perché non si tratta semplicemente di uno dei tanti bramosi dominatori apparsi sulla scena della storia. Di lui è stato detto: “quel che é generato in lei (Maria) viene dallo Spirito Santo…sarà chiamato Emmanuele, che significa Dioconnoi”(Mt 1,20.23). Il nome indica la sua realtà: in Lui ‘Dio con noi’, è possibile realizzare l’umanità nuova, di cui la sua comunità, la Chiesa, è chiamata ad essere segno ed anticipo.

Alla scuola del Salvatore-Redentore.

“Oggi è nato per voi un salvatore, che è il Cristo Signore”. Egli salva, redime, riscatta gli uomini. Da che cosa? Le infedeltà d’Israele lo avevano allontanato dal suo Signore. Di ciò era segno la sua schiavitù politico-sociale e morale. Il profeta autore dell’ultima parte del libro di Isaia (Is 56-66), annuncia il ritorno di Dio al suo popolo, un ritorno che trasforma e rinnova: “Dite alla figlia di Sion: Ecco, arriva il tuo salvatore…Li chiameranno popolo santo, redenti dal Signore” (Is 62,11-12). L’effetto del ritorno del salvatore è un popolo rinnovato, santo, redento. Il Nuovo Testamento ha compreso l’effetto della venuta di Cristo salvatore come liberazione dell’uomo dal male radicale, causa di tutti gli altri mali. “E’ apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l’empietà, i desideri mondani, a vivere con sobrietà giustizia e pietà  in questo mondo… Egli ha dato se stesso per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone”(Tt 2,1114). E’ redentore perché lui paga il prezzo del nostro riscatto: “Quando si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia … perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna” (Tt 3,47). Da questo atto d’amore di Dio che contempliamo alla grotta di Betlemme scaturisce il perenne atteggiamento di lode e ringraziamento a Lui, unendo le nostre voci alla lode celeste: “Gloria a Dio nei cieli altissimi,  pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc 2,14). L’incarnazione del Figlio di Dio è atto di solidarietà e condivisione fino ad abbassarsi alla nostra condizione umana per farci partecipi della amicizia e della comunione divine. Stupore e gioia suscita da sempre il presepio, rappresentazione dell’infinita passione di Dio per l’uomo, che lo ha spinto a farsi in tutto simile a lui, eccetto che nel peccato.

Messa del giorno di Natale : Is 52,7-10; Sl 97,1.26; Eb 1,1-6; Gv 1,1-18.

La prima lettura proclama l’evangelo della pace, del bene e della salvezza che Dio vuole offrire agli uomini. E’ questo l’evangelo del Regno di Dio che Gesù proclamerà. E’ un messaggio che porta gioia, come suscita gioia vedere il messaggero arrivare di corsa dal campo di battaglia in città per annunciare la vittoria e la liberazione dalla distruzione e dalla morte: “Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme”. Il ritornello del salmo riprende l’ultima espressione della prima lettura, “Tutta la terra ha veduto la salvezza del Signore”, alternato con alcuni versetti del Salmo 97. Cantare al Signore un canto nuovo vuol dire esprimere una nuova lode per i nuovi atti salvifici che Dio compie. Nell’immediato post-esilio Israele ha potuto sperimentare la presenza di Dio tornato ad operare salvezza e giustizia in suo favore. In quella “salvezza e giustizia”, Dio ha rivelato la sua essenza: “amore e fedeltà”. Il suo amore è fedele, non gli permette di dimenticarsi degli uomini che egli ha creato. Il suo venire come salvatore dà serenità al presente di ogni generazione garantendo all’uomo il futuro. In Cristo Gesù tutta la terra ha veduto la salvezza del Signore. La pericope iniziale della Lettera agli Ebrei ha una affermazione centrale: “Dio… ci ha parlato per mezzo del Figlio”. Attorno a questa affermazione ruota tutto il resto. Dio vuole entrare in relazione con gli uomini. La storia biblica è testimonianza che Dio si è dato a conoscere a più riprese e in molti modi, sia con gli eventi della storia del suo popolo che con le parole dei profeti. Il punto culminante della rivelazione è la venuta del suo Figlio Gesù, fattosi mediatore della nostra comunione con Dio con la sua incarnazione, morte e risurrezione. E’ questo suo Figlio che il credente deve riconoscere e ascoltare. Di fronte a questo grande evento di Rivelazione di Dio, manifestatosi compiutamente nell’intera vita di Gesù, l’evangelista Giovanni è sbalordito che l’uomo rifiuti di riconoscere il più gran gesto d’amore di Dio. “Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto”. Quel mondo che doveva essergli familiare gli è stato estraneo ed ostile! C’è stata una comunità di discepoli che lo ha accolto e ha saputo riconoscere il suo amore e la sua divina potenza:   “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria” (Gv 1,14). Questa comunità continua nella storia dei credenti in Cristo. Per mezzo della fede in Gesù questa comunità è generata a vita nuova, è partecipe della vita divina, ed è segno della ricostituita comunione con Dio: “A quanti però l’hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati” (Gv 1,1213).    (+  Adriano Tessarollo)

 

da NUOVA SCINTILLA 48 del 21 dicembre 2014