Diario romano (1)

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Rubrica

I giorni

Diario romano (1)

Il mio Diario romano comincia 50 anni fa. L’occasione per l’invito a partecipare alla Messa del Papa a Santa Marta è data dal 50° anno di ordinazione sacerdotale, che allora fu subito seguita da un lungo soggiorno romano. Partecipo con don Renato Feletti, che ricorda a sua volta il 25° di sacerdozio, ma nello stesso tempo porto con me la moltitudine di persone incontrate e riconosciute in tutti questi anni. Il Papa è un uomo che prega, vive, parla; medita, sorride, incontra, ‘perde tempo’ con la gente, si ferma a baciare i bambini e saluta gli adulti. Già prima della Messa, me lo trovo d’improvviso davanti nella sala adibita a sagrestia, mi avvicino chinandomi a baciargli l’anello e penso: “Perché mi abbasso e non lo guardo in faccia?”, e alzandomi mi pare che lui pensi la stessa cosa. Si reca all’altare per la Messa; ha davanti una quindicina di sacerdoti e qualche decina di altre persone.

Siamo nati dalla stessa storia di quest’uomo venuto dall’altra parte del mondo; ci apparteniamo reciprocamente per il legame con Cristo. Niente, nessuna incoerenza o persecuzione potranno fermare questa storia che cammina con noi se noi ci stiamo, ma che sa anche camminare da sola, con noi o senza di noi. La Messa procede ordinata ed essenziale: nessuna aggiunta o modifica a parole e gesti indicati dalla liturgia. La voce del Papa sussurrata, lui solo all’altare; all’offertorio due uomini si avvicinano per il servizio. L’omelia sgorga dalla meditazione personale sui testi biblici del giorno: nota la ‘vita interiore’ di Gesù con il Padre e lo Spirito Santo, descrive il cuore umile, mite, che sente il bisogno di pregare e aprirsi a Dio; Gesù, lui stesso emarginato, va in cerca degli emarginati. Alla preghiera eucaristica si accostano all’altare i due vescovi presenti. Finita la Messa, dopo un silenzio di ringraziamento, il Papa ci saluta uno ad uno in salone e con ciascuno scambia qualche parola. L’indomani arriviamo presto in piazza S. Pietro per l’udienza generale, sistemandoci a lato del baldacchino. Piove, a scrosci. Quasi subito ci sorprende dall’altoparlante la voce del Papa. Con chi parla? È un saluto agli ammalati, ospitati in aula Paolo VI per l’inclemenza del tempo. Sembra un parroco che si scusa di doverli lasciare. “Ma dopo l’udienza all’aperto, ritorno”, dice. Eccolo arrivare in piazza, la attraversa nei vari settori fermandosi qua e là. Poi racconta del suo viaggio in Turchia. Infine, nuovamente si ferma a salutare singole persone. La sera lo rincontriamo alla cena in Casa S. Marta, seduto al suo tavolo; lo vediamo alzarsi a prendere personalmente il cibo dalla tavolata delle pietanze… (don Angelo)

 

da NUOVA SCINTILLA 47 del 14 dicembre 2014