Preparate la strada del Signore

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PAROLA DI DIO / II Domenica di Avvento (del vescovo Adriano)

Preparate la strada del Signore

Letture: Is 40,1-5.9-11; 2Pt 3,8-14; Mc 1, 1-8

Is 40,1-5.9-11: Consolate, consolate il mio popolo.

Gli eventi della storia sono solo frutto di calcoli e azioni umane o negli eventi storici è possibile scoprire un progetto più grande che sorpassa tali calcoli? L’autore anonimo di questa pagina del libro di Isaia, cui diamo il nome di DeuteroIsaia (Is 40-55), è informato dei successi di Ciro, re dei Medi e dei Persiani. L’impero babilonese è ancora territorialmente integro, ma c’è qualche segno di debolezza interna. I giudei deportati sono ostaggi di questo potere imperiale. C’è qualche speranza per loro? Improvvisa, una voce profetica si fa portatrice della Parola del Signore: “Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua schiavitù, è scontata la sua iniquità…”.

Starebbe per finire la lontananza forzata dalla propria terra! Allo sguardo della gente ciò non sembra possibile. Babilonia è ancora forte. Ma per il profeta la storia ha per protagonista Dio che già in passato ha fatto sentire al suo piccolo popolo la sua presenza liberatrice da una potenza altrettanto grande, l’antico impero Egiziano: Israele non deve dimenticarlo. Se si è mostrato liberatore allora, nell’antico Esodo, forse che non può farlo ancora oggi? Non ha egli promesso di essere il salvatore del suo popolo? Forse la sua parola viene meno? “…la parola del nostro Dio dura sempre”! (v.8b, omesso dalla scelta liturgica). Il profeta è portatore del “vangelo della liberazione” (letteralmente ‘liete notizie’) ad un popolo rassegnato che non sa intravedere una speranza di liberazione. Bisogna guardare al futuro con la memoria rivolta a quel passato di salvezza che non si può dimenticare: i loro padri, in situazione di schiavitù, non furono liberati? Ecco, ciò sta per accadere anche per loro. “Nel deserto preparate la via del Signore… ogni valle sia colmata, ogni monte e colle siano abbassati… Allora si rivelerà la gloria del Signore e ogni uomo la vedrà”. Il versetto può essere tradotto: «si raddrizzi ciò che è deviato, si appiani ciò che è scabroso». Così la leggerà Giovanni Battista invitando a conversione per poter accogliere Gesù, il liberatore per eccellenza dell’uomo dal peccato e dalla morte. Nel linguaggio di Isaia colli e monti sono intesi come metafore dell’alterigia e dell’or­goglio umano, delle pretese e della superbia umane: “Ci sarà un giorno del Signore … Sarà piegato l’orgoglio dell’uomo sarà abbassata l’alterigia umana” (Is.2,11-18). Come nell’antico esodo, il Signore ora aprirà una ‘strada’ nel deserto, spianando monti e colli e riempiendo valli. A chi è disposto a dare credito a Dio, Dio ‘rivelerà la sua gloria’, facendosi in Gesù Cristo, pastore, guida e liberatore. “Come un pastore egli… porta gli agnellini sul petto e conduce pian piano le pecore madri”. Per l’azione di Dio e la conversione dell’uomo un nuovo inizio è possibile: Dio torna a mettersi alla testa, alla guida del suo popolo, e ritorna a parlargli al suo cuore, ma l’uomo è pronto a raddrizzare ciò che è deviato e ad appianare ciò che è scabroso?

Salmo 84. “Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza”.      

Il salmo 84 è strettamente legato a quanto abbiamo ascoltato dal profeta Isaia, e ne è la risposta. Esso canta il ringraziamento nei vv.2-4, perché l’esilio è finito, perché il Signore ha perdonato il suo popolo. Ma poiché le promesse tardano a realizzarsi, il salmo diventa una supplica (5-8) perché Dio manifesti la sua azione di salvezza. La liturgia odierna propone solo la conclusione (vv.9-14): è un oracolo che assicura il popolo che Dio tornerà a guidare il suo popolo. E’ il verbo ‘tornare’ che domina questo salmo: Dio ritorna dalla sua ira, torna a donare vita, fa ritornare i deportati, dà pace a chi ritorna a lui. Il frutto del ritorno di Dio è la pace che farà nascere la giustizia. L’Avvento ricorda che tutta la vita va vissuta nella ferma speranza che il Signore è venuto e tornerà per salvarci.

2Pt 3,8-14. “Nell’attesa di questi eventi cercate d’essere senza macchia e irreprensibili davanti a Dio, in pace”.

Il tempo dell’attesa è attiva attesa del Salvatore. L’autore della lettera, uno degli ultimi scritti del Nuovo Testamento, risponde all’insicurezza che creava in molti la prospettiva dell’allontanarsi dell’imminente ritorno del Signore glorioso, tanto atteso e coltivato nella chiesa primitiva. Il tempo di attesa non è attendere qualcuno in ritardo, ma è opportunità salvifica. Lo scorrere del tempo, visto “davanti al Signore” è relativizzato: “un giorno come mille anni, mille anni come un giorno”. Esso è da vivere come pazienza e magnanimità di Dio. “Il Signore non ritarda a venire…ma usa pazienza”. Perché usa pazienza-magnanimità? “…usa pazienza-magnanimità verso di voi, non volendo che alcuno perisca ma che tutti pervengano alla conversione”. Bella questa prospettiva: attendere insieme la conversione di tutti perché tutti possano essere salvati. L’attesa dunque non deve essere vissuta come illusione, né deve rallentare l’impegno dei credenti; non devono venire meno nell’impegno per essere trovati “senza macchia e irreprensibili davanti a Dio” alla sua venuta.

Mc 1,1-8. “Preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”.

L’evangelo di Marco fa risuonare la proclamazione della fede apostolica per i cristiani della seconda generazione e per i lettori d’ogni tempo, raccontando le origini di quella fede che si fonda e si alimenta nel gioioso annuncio della salvezza (Vangelo) che in Gesù di Nazaret (di Gesù) Dio ci ha inviato (Cristo/Messia), poiché in Lui, Dio stesso (Figlio di Dio) si è fatto presente alla storia umana. Egli vuole portarci a conoscere Gesù e la sua missione, condotti dalla Parola stessa del Signore, annunciata dal profeta. Tutta questa vicenda ha avuto inizio nella regione del fiume Giordano, lungo la quale Giovanni Battista svolgeva la sua predicazione itinerante. Egli operava nei luoghi legati al profeta Elia, come si vede nei racconti paralleli degli altri tre evangelisti. Anche la descrizione del modo di vestire di Giovanni Battista lo avvicina al profeta Elia. Ma chi era e cosa aveva fatto questo profeta? Elia era intervenuto soprattutto per riportare il popolo al suo Signore e ad una vita conforme alla sua volontà espressa nell’Alleanza del Sinai. Ora il Battista, predicatore itinerante, invitava ad un ‘battesimo di penitenza’. Alcuni gruppi di giudei vivevano un’atmosfera d’avvento, cioè d’attesa della venuta del Regno di Dio. Attraverso il battesimo, immersione nell’acqua del Giordano, Giovanni li invitava a dichiarare la loro disponibilità a ritornare all’autentica fede nel Dio dell’Alleanza e a cambiare stile di vita, per poter ottenere il perdono dei peccati, atteso come dono del Regno di Dio. Ma come e per mezzo di chi sarebbe venuto questo Regno di Dio? Giovanni si dichiarava inviato a preparare la venuta di Colui che avrebbe realizzato il Regno di Dio. Stava infatti per venire un personaggio, unico, capace di portare all’umanità un dono assolutamente nuovo. Sue caratteristiche sarebbero state la forza straordinaria per vincere il male, la dignità infinitamente grande, più grande del Battista, e il dono dello Spirito di Dio che libera dal peccato e salva. Già il Battista era noto per la forza della sua predicazione che denunciava e combatteva il peccato, ma colui che doveva venire sarebbe stato più forte di lui; egli era considerato già un grande profeta, ma di fronte a colui che doveva venire egli si sentiva meno di uno schiavo; infine la sua azione avrebbe sorpassato di gran lunga quella del Battista che si limitava a porre dei segni di purificazione attraverso l’immersione rituale o battesimo, quale invito/adesione alla conversione. La conversione predicata dal Battista doveva esprimere quindi la disponibilità ad accogliere Dio Padre che in Gesù stava per visitare il suo popolo e per fargli vivere, nel dono del suo Spirito, l’amore e la giustizia. Il Battista, insieme al profeta Isaia e a Maria, è una delle tre grandi figure dell’Avvento: la loro parola e la loro azione orientano ad accogliere Gesù e il suo messaggio in vista della salvezza. (+ Adriano Tessarollo)

 

da NUOVA SCINTILLA 46 del 7 dicembre 2014