SPECIALE FAMIGLIE APERTE

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SPECIALE FAMIGLIE APERTE

-Cittadini accoglienti

-“Dal nostro punto di vista”

-Fragili perturbatori di normalità

-Giovani in Servizio Civile

 

 

Laboratorio C.N.C.A. Veneto a Ca’ Roman

Cittadini accoglienti

Percorsi AlterNattivi, ascolto e accoglienza per contaminare e contaminarci

Si è svolta dal 5 al 7 di settembre la 3ª edizione dell’evento promosso dal gruppo Reti Famiglie Aperte del C.N.C.A. (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza) del Veneto. Presso l’Oasi di Ca’ Roman, nella striscia di terra tra Venezia e Chioggia, tra la laguna e l’Adriatico, si sono ritrovate più di 200 persone, 60 famiglie, 60 bambini e ragazzi, operatori e famiglie affidatarie in rappresentanza di più di 15 realtà di reti di famiglie, cooperative sociali e associazioni, referenti dei servizi pubblici. “Percorsi AlterNattivi” il titolo della tre giorni, l’ennesima tappa all’interno di un percorso ben più articolato denominato “Laboratorio Cittadini Accoglienti”. L’evento di Ca’ Roman nasce con l’idea di individuare un luogo e un tempo di incontro, confronto attivo e condivisione dove mettere in circolo pensieri, idee e immaginare nuovi scenari. Un confronto tra persone, reti di cittadini, operatori che in comune mettono l’idea di non rassegnarsi a una cittadinanza passiva, ma che credono nell’accoglienza come scelta collettiva e modello di azione sociale. L’edizione 2014 è partita con un seminario organizzato dal CNCA del Veneto con l’Università di Padova sul tema dell’ascolto e della partecipazione dei ragazzi, il 5 settembre. “Dal nostro punto di vista” il titolo del convegno; protagonisti proprio loro, una ventina di ragazzi provenienti da varie parti d’Italia, preparati e capaci di raccontare le proprie storie e interloquire con una platea di operatori del pubblico, delle comunità e con le famiglie affidatarie. Dopo il convegno le reti di famiglie e i ragazzi stessi hanno continuato l’occasione di dialogo presso l’oasi veneziana. Con uno stile fortemente partecipativo e nella sobrietà che anche il luogo fisico ospitante suggerisce, sono stati avviati quattro laboratori su tematiche collegate, di cui uno dedicato proprio ai ragazzi dai 14 ai 18 anni. Ancora, l’ascolto come filo conduttore dei lavori nella tre giorni. Tutto questo condito anche da momenti di convivialità e allegria, nel bellissimo villaggio marino e nell’arenile dell’isola. In autogestione le famiglie delle reti si sono adoperate, ciascuno come poteva, per rendere piacevole la permanenza degli ospiti presenti, allietata anche, nella serata di sabato, dal Piccolo Teatro Città di Chioggia, che ha proposto le “Baruffe Chiozzotte” di Carlo Goldoni, proprio sul prato fronte laguna. Anche i più piccoli hanno potuto partecipare animati nel gioco da una ventina di giovani in servizio civile che hanno approfittato anche per un momento di formazione. Nel momento di chiusura, domenica mattina, famiglie, ragazzi e operatori si sono ritrovati per un momento di dialogo e ascolto collettivo. Un momento molto significativo dove nella massima libertà i ragazzi hanno potuto rivolgersi ai ‘grandi’, presentando le proprie richieste e consigli; e dove anche le famiglie accoglienti ponendo le proprie domande hanno messo a nudo le proprie fragilità e ricchezze. Ca’ Roman, un laboratorio a cielo aperto che non si esaurisce. Il “Laboratorio Cittadini Accoglienti” prosegue il suo percorso con le attività che via via verranno proposte in ambito regionale, promosse dal gruppo Reti Famiglie Aperte del CNCA del Veneto e aperte a tutti. Per quanti lo desiderano è possibile seguire le proposte anche nel sito web laboratoriocittadiniaccoglienti.blogspot.it, ove saranno pubblicati documenti e report prodotti. (Mattia De Bei, Coordinatore gruppo Reti Famiglie Aperte C.N.C.A. Veneto)

 

Il convegno e il laboratorio dei ragazzi

“Dal nostro punto di vista”

“Dal Nostro Punto di Vista” era il titolo del convegno che si è svolto a Padova, il 5 settembre e che ha dato il via a 3 giorni di incontri, di laboratori e di confronti tra reti di famiglie, operatori del settore, comunità di accoglienza, associazioni, volontari e soprattutto ragazzi e ragazze. Infatti il punto di vista che voleva portare in evidenza questo convengo era proprio quello di tanti “minori” allontanati dalle famiglie d’origine, che si trovano a vivere un’esperienza di comunità di accoglienza o di affido famigliare, ma che spesso non hanno parola. Oltre 150 partecipanti hanno potuto ascoltare le esperienze raccontate dai ragazzi e ragazze di 4 realtà diverse e coordinate dal prof. Valerio Belotti dell’Università di Padova: “Coinvolti di diritto” è un progetto che ha coinvolto tre Ulss Venete, “Quality4Children” il progetto raccontato da SOS Villaggi dei bambini, “Agevolando” dell’Emilia Romagna ha esposto il suo “Essere protagonisti per partecipare il futuro” e “La grande Casa” di Milano ha mostrato i risultati del suo “Ascolto collettivo nelle esperienze di accoglienza in comunità e in affido”. Oltre una decina di ragazze e ragazzi hanno parlato della loro esperienza di coinvolgimento in percorsi che avevano l’obiettivo di portare il loro punto di vista al “tavolo delle decisioni”. Decisioni che riguardano le loro vite, i loro destini e le loro famiglie ma che, molto spesso, li vede esclusi da qualsiasi coinvolgimento e partecipazione. In questo convegno i ragazzi e le ragazze hanno avuto il giusto spazio ed è stata senz’altro una bella occasione per dimostrare, nei fatti, l’importanza e la necessità affinché il loro punto di vista venga ascoltato e accolto. Hanno saputo affrontare con molta maturità e saggezza la condizione che li riguarda e hanno potuto porre domande, tra l’altro molto competenti, al Pubblico Tutore dei minori del Veneto, Aurea Dissegna, e al dirigente del settore Famiglia della Regione Vento, George Louis Del Re. È emerso, ad esempio, un elevato senso d’angoscia da parte di tutti quei ragazzi che sono alla soglia del compimento del 18 anno d’età e che, per questo, si trovano spesso soli e senza un adeguato progetto che permetta loro di raggiungere l’autonomia e l’indipendenza con tutta la serenità che i ragazzi invece richiedono. A tutti i partecipanti è parso evidente che il coinvolgimento diretto dei bambini e dei ragazzi nel loro percorso di cura e di tutela sia una condizione che migliora sostanzialmente non solo le decisioni ma soprattutto gli esiti e i percorsi che vengono stabiliti proprio per questi bambini e ragazzi.

Già dal pomeriggio del 5 settembre gran parte dei partecipanti al convegno, compresi i ragazzi e le ragazze, si sono spostati a Cà Roman dove ha preso il via una “tre giorni” di laboratori, incontri, confronti ma anche giochi e svaghi organizzata dal CNCA. Tra i vari laboratori organizzati, uno nello specifico ha voluto portare avanti il percorso di confronto tra ragazzi e ragazze di un’età compresa tra i 14 e i 18 anni. L’obiettivo era portare il loro punto di vista anche a Cà Roman, dove i partecipanti erano per gran parte, appunto, le famiglie affidatarie e gli operatori che operano nelle comunità di accoglienza. Il laboratorio, coordinato da Lisa Cerantola, collaboratrice dell’ufficio del Pubblico Tutore e dell’Università di Padova, e Raffaella Perini, volontaria dell’Associazione “Muraless”, ha visto la partecipazione di circa 30 ragazzi, alcuni dei quali avevano già fatto esperienze di ascolto collettivo e di partecipazione. Dall’attività proposta ai ragazzi sono emerse riflessioni molto importanti e profonde su come loro vivono la loro condizione ma anche sul fatto che l’ascolto sia elemento fondamentale anche nella loro vita quotidiana da parte di tutti gli adulti che iniziano a fare un percorso con e per loro. Hanno saputo esprimere osservazioni molto acute ma anche stati d’animo molto limpidi, essenziali ma profondi ed esigenti di risposte. Molto importante è stato il confronto che è nato tra i ragazzi in affido e i figli “naturali” di famiglie affidatarie: hanno potuto e saputo confrontarsi con molta onestà e sincerità ed è stata una bella esperienza per gli adulti che hanno potuto partecipare a questo laboratorio. Alla fine della tre giorni, domenica mattina, i ragazzi e le ragazze hanno potuto esporre una sintesi del lavoro fatto anche a tutti gli altri adulti presenti a Cà Roman, che hanno saputo ascoltarli e a loro volta confrontarsi sia con le loro riflessioni ma anche ponendo domande. Come spesso capita, se ci si mette nella condizione dell’ascolto, chi può indicarci meglio la strada se non colui o colei che è direttamente coinvolto in una determinata situazione? E che importa se questa persona ha più o meno di 18 anni? In fondo la maggiore età non è altro che una convenzione che ci si vuole dare. Viceversa, la competenza, la capacità di reazione e la volontà di risoluzione non hanno età, ma hanno cuore e mente.

La strada, il percorso è più semplice se si sa anche ascoltare.(Raffaella Perini – Associazione Muraless – Chioggia)

 

Lo sguardo delle famiglie accoglienti nell’isola di Ca’ Roman

Fragili perturbatori di normalità

Ca’ Roman, luogo meraviglioso, ma fragilissimo. Con la imminente lottizzazione che potrebbe distruggere un ecosistema naturale unico, con il deposito del MOSE che deturpa notevolmente il paesaggio, con la spiaggia diventata discarica a causa di quanto portato dalle onde del mare. In questo luogo si possono vedere persone volonterose che si caricano fardelli di plastiche per liberare la spiaggia e il mare da questi pericolosi materiali inquinanti. Persone che silenziosamente si accordano per passare e ripassare quotidianamente lungo la spiaggia, caricandosi di enormi mucchi di plastiche di vario genere. L’esperienza delle famiglie riunitesi a Ca’ Roman è stata forse questo: un movimento, più o meno imprevisto, che vuole essere nella quotidianità, un gesto di speranza per tutti quelli che camminano nelle spiagge delle loro vite. Il tema dell’ascolto è stato trasversale ai tre giorni: partendo da Padova, che ha riservato uno spazio importante alla parola portata dai giovani accolti nelle comunità e nelle famiglie affidatarie, si è arrivati a Ca’ Roman, dove ognuno ha vissuto in prima persona il tempo e lo spazio dell’ascolto reciproco. A Ca’ Roman le famiglie hanno potuto prendersi il tempo per raccontarsi, rispettando i tempi e le modalità che sono tipicamente loro: non tempi serrati e necessariamente rigidi, ma attenti alle esigenze di tutti e soprattutto dando priorità alle relazioni tra le persone. È stato un “raccontarsi” tra persone diverse, per provenienza, appartenenza, vissuto, ruolo: ciò ha sviluppato la disponibilità a cambiare il punto di vista e a sperimentarsi in qualcosa di nuovo. Nel laboratorio sulla Vicinanza Solidale si è scoperto che il confine tra la fragilità di chi è accompagnato e la fragilità di chi accompagna è molto labile. Difficoltà per la mancanza di lavoro, per le situazioni familiari, per disagi dovuti alla malattia, possono toccare tutti. E riconoscendo le reciproche fragilità, si sciolgono i confini, ci si incontra e si scopre il punto di forza della rete di solidarietà. Nel Laboratorio “Perturbatori di normalità” le famiglie hanno verificato la forza che possono avere anche i piccoli gesti di accoglienza vissuti nella quotidianità. Tuttavia il lavoro di gruppo è stato ben più ricco perché ha visto anche la partecipazione di figure professionali provenienti dai servizi pubblici e di operatori del privato sociale. Le diverse esperienze, i diversi punti di vista, hanno confermato la necessità di lavorare in rete, di ricercare le collaborazioni possibili, nella consapevolezza che nessuno può raggiungere la soluzione dei problemi da solo. Ca’ Roman è stato un laboratorio vivente di vicinanza reciproca. Dalla disponibilità delle persone che hanno lavorato in cucina per sfornare pasti in abbondanza per 200 persone, alla rinnovata generosità dei pescatori locali che hanno fornito 140 Kg di cozze freschissime, alla divertentissima rappresentazione teatrale delle “Baruffe chiozzotte”, alla ventina di ragazzi del Servizio Civile che hanno animato i bambini durante i lavori di gruppo degli adulti.

Ma la cosa che ha letteralmente spiazzato gli adulti è stata la partecipazione di un gruppo formato da ragazzi provenienti da comunità di accoglienza e da esperienze di affido familiare e da figli naturali delle famiglie presenti, che hanno parlato agli adulti delle loro necessità di essere ascoltati, di essere riconosciuti nelle loro difficoltà, di essere rispettati nel loro diritto di percorsi verso l’autonomia. Le famiglie si sono sentite “privilegiate” nell’aver potuto ascoltare questi contributi, hanno avuto la consapevolezza di aver vissuto una esperienza forte, bella e “toccante”, riconoscendo la necessità di contaminare ed esserne contaminati. Il clima particolare di Ca’ Roman ha permesso che succedesse ciò che forse in un contesto più istituzionale di incontro pubblico non sarebbe accaduto: il dialogo tra adulti e ragazzi, con domande e risposte reciproche, finalizzate a conoscersi meglio, a chiedere e concedere attenzione e ascolto nelle manifestazioni di preoccupazioni, sofferenze, tempi di recupero, di ciascuno. (Luciana Fontana, Rete Famiglie Aperte – Vicenza)

 

Animazione e formazione

Giovani in Servizio Civile

A Ca’ Roman quest’anno, come l’anno scorso, c’eravamo anche noi: i ragazzi del Servizio Civile. Per chi non lo sapesse siamo ragazzi e ragazze tra i 18 e i 28 anni che hanno deciso di impegnarsi in un anno di volontariato presso alcune associazioni e realtà sociali del Veneto. Ci è stato richiesto di fare animazione ai bambini delle famiglie presenti, durante i momenti di formazione dei genitori, e abbiamo a nostra volta partecipato a dei brevi incontri formativi relativi all’esperienza del Servizio Civile. Sono state delle giornate molto ricche e intense, non solo per le molte cose da fare, ma soprattutto per il contesto in cui eravamo inseriti. Ca’ Roman. Famiglie Accoglienti. Famiglie che hanno fatto una scelta. Quella di aprire la propria casa anche ad altri bambini o ragazzi, allargandola a chi, in quel momento, ha bisogno di un supporto, di un aiuto. Io la considero una scelta difficile, ma coraggiosa e necessaria, in un mondo dove ognuno è abituato a pensare per sé. Penso che i 3 giorni trascorsi a Ca’ Roman siano stati utili perché ci hanno ricordato che è possibile vivere non solo in funzione di se stessi. Noi siamo ancora giovani, abbiamo appena finito di studiare e, anche a causa del particolare periodo storico che stiamo vivendo, non abbiamo un’idea chiara di cosa faremo in futuro, ma un giorno anche noi ci sistemeremo, cominceremo a mettere radici in qualche parte del mondo e, chissà, forse ad alcuni di noi tornerà in mente l’esperienza delle famiglie accoglienti. Io personalmente mi sto domandando come migliorare l’ambiente in cui vivo, come rendere la mia esistenza più ricca di significato. Questa può essere una risposta e ringrazio tutti coloro che mi hanno permesso di conoscerla. Poi non so se intraprenderò anch’io questa strada, forse sì o forse no, ma ha poca importanza, perché tutti in realtà andiamo verso un unico obiettivo: quello di aumentare le relazioni, gli scambi, i legami, condividendo la nostra vita insieme agli altri. (Giulia Golia, volontaria in Servizio Civile)

 

da NUOVA SCINTILLA 35 del 21 settembre 2014