“… Sono io la luce del mondo”

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PAROLA DI DIO / Domenica IV di Quaresima (del vescovo Adriano)

“… Sono io la luce del mondo”

Letture: 1 Sam 16,1.4.6-7.10-13; Ef 5,8-14; Gv 9,1-41

Il cieco nato dalla visione della luce materiale passa a quella soprannaturale della fede, che gli permette di accogliere la vera Luce che è Cristo.

Il battezzato è un ‘illuminato’. Da chi è illuminato e su che cosa è illuminato? Il racconto del 6° ‘segno-miracolo’ del vangelo di Giovanni (nel vangelo di Giovanni troviamo narrati solo sette ‘segni’ o miracoli di Gesù) mostra che il percorso del cristiano è giungere alla fede come un giungere alla luce, giungere a ‘vedere’. Ogni uomo è un essere bisognoso di luce, di vedere oltre. Il non vedere del cieco non è imputabile a colpa, ma per ‘vedere’ è importante avere il desiderio di vedere e la disponibilità a ‘compiere’ ciò che il Signore propone. Così è per ogni cristiano. La nostra debolezza, come la

cecità di quell’uomo, è occasione perché si manifestino “le opere di Dio”. È Gesù che compie negli uomini le opere di Dio. Egli è inviato per questo: per far loro conoscere Dio: “Finché sono nel mondo io sono la luce del mondo”. Giovanni sottolinea che Gesù opera di sabato, ordina all’uomo di agire di sabato, e il risultato è la guarigione della cecità dell’uomo. Il sabato è per l’uomo! Ma qual è la cecità da cui quest’uomo è liberato per opera di Gesù? Gesù agisce su di lui con alcuni gesti e parole: sputò, fece del fango, spalmò gli occhi e disse…. Il cieco non chiede nulla sulla persona di colui che fa e dice tali cose, si fida e si lascia curare dai suoi gesti e dalla sua parola. Dopo che è guarito però gli è richiesto di dare la sua testimonianza circa il suo guaritore: “… quell’uomo di nome Gesù, … è un profeta, … ha il timore di Dio e compie la sua volontà, … se questi non fosse da Dio, … Signore io credo. E lo adorò”. Una sequenza di affermazioni dove si vede il crescendo del cieco che riesce a ‘vedere/riconoscere’ l’identità di colui grazie al quale ora ci vede. Dall’altra parte avviene il contrario: ci si interroga circa Gesù e il suo operato, nasce il dissenso, e si giunge al buio più totale su di lui. Si va verso la colpevole incapacità di riconoscere la sua opera e la sua persona: “Se foste ciechi, non avreste colpa; invece voi dite: ‘Noi vediamo’. Il vostro peccato rimane”. Ciò che mancava era la disponibilità e il desiderio di “vedere/riconoscere”: “…I giudei avevano stabilito che se uno avesse riconosciuto Gesù come Messia, fosse espulso dalla Sinagoga “. La chiusura e il pregiudizio impediscono loro di riconoscere le opere di Dio e di giungere alla fede in Gesù Messia e Signore. (+ Adriano Tessarollo)

 

da NUOVA SCINTILLA 13 del 30 marzo 2014