Il libro della Genesi

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Alla scoperta della Bibbia (7) – di Gastone Boscolo

Il libro della Genesi

La Genesi, il primo libro della Bibbia, nelle sacre scritture ebraiche (Tanak) porta il titolo di Bereshit (= in principio); nella Bibbia greca (la Settanta) e nella Volgata latina viene invece chiamato Genesis (= generazione). In italiano si usa indifferentemente «il» Genesi o «la» Genesi, nel primo caso ci si riferisce al «libro», nel secondo all’«azione» in esso descritta. Il libro della Genesi è frutto della progressiva fusione di tradizioni diverse: la sua composizione inizia nel IX sec. e finisce nel V sec. a.C. L’importanza teologica del libro consiste nella presentazione di Dio come creatore dell’universo e Signore della storia. Il libro si divide in due grandi parti: 1. Il racconto delle origini o preistoria biblica (cc. 1-11); 2. La storia patriarcale (cc. 12-50). La storia patriarcale si suddivide a sua volta in due parti: 1. Storia dei patriarchi (cc. 12-36); 2. Storia di Giuseppe (cc. 37-50).

 

Questo libro rielabora antichissime tradizioni di Israele e dei popoli vicini relative alle origini del mondo, dell’umanità e di Israele. Mediante il ricorso a precisi eventi e personaggi si mostra come Dio chiami gli uomini alla salvezza, come gli uomini rifiutino questa offerta salvifica e affondino sempre di più nel male. Dio però non abbandona l’uomo e con la scelta di Abramo prende nuovamente contatto con gli uomini (Gen 12,3).

I primi undici capitoli parlano della creazione dell’universo e dell’uomo, dell’origine del peccato e delle sue conseguenze, della malvagità crescente fino al disastro cosmico rappresentato dal diluvio, che però non segna la fine dell’umanità, ma un nuovo inizio. A partire da Noè la terra viene di nuovo popolata, ma l’attenzione si restringe sempre più, concentrandosi su un solo uomo, Abramo, padre del popolo di Israele e benedizione per tutta l’umanità.

La storia dei patriarchi (cc. 12-36) presenta due cicli narrativi. Nel «ciclo di Abramo» (Gen 12,1-25,18) il tema dominante è quello della «promessa»: a) il superamento della sterilità di Sara in vista di un erede; b) la garanzia di un popolo numeroso; c) il dono della terra. Nel «ciclo di Giacobbe» (Gen 25,19-37,1) la figura e le vicende di questo patriarca occupano un posto preminente rispetto al padre Isacco e al fratello Esaù, al quale carpisce con un inganno il diritto di primogenitura. Per sfuggire all’ira del fratello, Giacobbe emigra in Aram, vi trova fortuna e una famiglia numerosa con la quale ritorna in Canaan e si rappacifica con il fratello. La storia di Giuseppe (cc. 37,2-50,26) è un vero e proprio romanzo storico, il cui protagonista domina la scena dall’inizio alla fine. Viene narrata la storia del «fratello minore» che supera in gloria e potere tutti gli altri fratelli, ma è pure la vicenda di un «umile pastore» di un clan sperduto nel deserto, che riesce ad arrivare al vertice dell’apparato statale egiziano, il più ricco e famoso dell’antichità. Il racconto mette inoltre in scena la presenza provvidenziale di un «saggio» che salva il re e il suo popolo da una disgrazia. Propone infine la vita esemplare di un uomo «timorato di Dio», alieno dal male, che percorre la propria via accompagnato dal suo Dio, trasformando in bene anche ciò che era stato pensato come male.

I racconti delle origini non sono il resoconto storico di quanto è avvenuto all’alba dell’umanità, ma affermazioni di fede sull’origine del mondo e dell’umanità e sul loro rapporto con Dio (cc. 1-11). Le vicende relative ai patriarchi (cc. 12-50) non sono storicamente verificabili nei particolari, tuttavia la ricerca archeologica in Palestina e nell’Antico vicino Oriente ha dimostrato che le descrizioni bibliche che li riguardano non possono essere ritenute invenzioni, o essere messe da parte come prive di fondamento storico. Il tipo di vita dei patriarchi descritto dalla Genesi va storicamente d’accordo con quanto conosciamo del modo di vivere seminomade nel Bronzo medio (2000-1550 a.C.) e di cui abbiamo esempi nelle tavolette rinvenute nelle città stato di Mari, Ebla e Nuzi. Ad esempio: l’uso di avere una schiava come concubina (Abramo ed Agar); l’uso di adottare il figlio avuto dalla schiava (come fa Abramo con Ismaele); la legge del levirato, per cui si era tenuti a sposare la moglie del fratello morto senza figli.

Il libro della Genesi non è né un manuale di scienze naturali né un manuale di storia, ma una riflessione teologica sulla condizione e sul destino del mondo e dell’uomo, una interpretazione teologica della storia. Lo scrittore sacro (= agiografo) intende presentare la volontà salvifica di Dio nei confronti degli uomini e la loro reazione di fronte a questa offerta di salvezza. (7. segue)                                              (Gastone Boscolo)

 

 

 

da NUOVA SCINTILLA 4 del 26 gennaio 2014