Valori e vantaggi

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In dialogo con il monaco di città

Valori e vantaggi

Conclusa la confessione natalizia, siamo alla Vigilia e il tempo che concedo alle persone non supera i dieci minuti essendoci fuori la fila, dopo aver fatto gli auguri a Mario Frizziero insegnante di lettere, gli chiedo di continuare una riflessione (scritta!) che con lui ho potuto soltanto abbozzare e cioè la fortuna di essere nati dentro una cultura dei valori e trovarci oggi a vivere dentro quella dei vantaggi. Ci salutiamo ma soltanto qualche giorno dopo mi manda un sms chiedendomi se ho una mail e poco dopo mi invia quanto segue che volentieri condivido con i lettori del nostro giornale. Ringrazio di cuore Mario …e alla prossima, quando dialogherò con…

don Cesare – monaco di città

 

Mi chiedi una riflessione su valori e vantaggi: due parole chiave che potrebbero sintetizzare due modi di essere e di affrontare la vita. Non so se caratterizzino i comportamenti di persone che appartengono a generazioni diverse, forse la scelta è di ogni generazione, forse esprimono l’orientamento di stili di vita che sono sempre contemporanei. Ma vorrei dire ancora di più: forse il nodo della questione è che probabilmente non sono termini antitetici, forse quello che non si sa più è il vantaggio di una vita improntata ai valori. E questo non si può sapere teoricamente, per riconoscerlo è indispensabile averne esperienza. A tale proposito mi ha sempre colpito un passo del Deuteronomio (6, 20-25). Dice così: “Quando in avvenire tuo figlio ti domanderà: Che significano queste istruzioni, queste leggi e queste norme che il Signore nostro vi ha dato? Tu risponderai a tuo figlio: Eravamo schiavi del faraone in Egitto e il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente. Il Signore operò sotto i nostri occhi segni e prodigi grandi e terribili contro l’Egitto, contro il faraone e contro tutta la sua casa. Ci fece uscire di là per condurci nel paese che aveva giurato ai nostri padri di darci. Allora il Signore ci ordinò di mettere in pratica tutte queste leggi, temendo il Signore nostro Dio così da essere sempre felici ed essere conservati in vita, come appunto siamo oggi. La giustizia consisterà per noi nel mettere in pratica tutti questi comandi, davanti al Signore Dio nostro, come ci ha ordinato”. Mi colpisce il fatto che il figlio chiede perché vede fare. Chiede non astrattamente, ma perché è coinvolto in gesti, in azioni concrete. Il padre, poi, non risponde con affermazioni di principio. Racconta un’esperienza che giustifica la ragionevolezza di quei gesti, di quelle azioni, potremmo dire, di quei valori. Che non valgono per sé, ma in relazione a una storia, e sono ordinati alla felicità (che è il nostro sommo vantaggio). A questo punto vorrei raccontarti un fatto, accadutomi durante la Messa di Natale. Come canto di inizio è proposto “Astro del ciel”. Dietro di me sento alcuni ragazzini che seguono il canto. Mi colpiscono le loro voci, sono contento di sentirli cantare alle mie spalle. Mi giro per dirglielo, ma non è una buona idea, l’apprezzamento li intimorisce. All’offertorio passa l’uomo con il cestino. Non so se è perché in tasca non ho trovato spiccioli o perché a Natale siamo più generosi, sta di fatto che allungo un “soldo di carta” come dicevano i miei figli. Tintinnano le monetine, uno degli angeli alle mie spalle sbotta: “Un biglietto da * euro! Chi è stato? Deve essere ricco!”. Sorrido. La madre o la donna che è in compagnia con lui risponde: “Non importa chi è stato”. E protegge così il mio anonimato. Mi sorprendo a pensare: ma non è ricco chi ha, è ricco chi dà. Dio aveva tutto. Ma la sua ricchezza non l’ha trattenuta. L’ha donata. Non è questo il Natale?

Arriva il momento della pace: mi volto e scambio una stretta di mano con i tre angioletti. Chiedo i loro nomi. Dico a quello che era in compagnia di sua madre: alla fine della Messa devo dirti una cosa. Dopo il canto finale mi faccio ripetere i loro nomi. Ritorno alle parole che avevo sentito pronunciare alle mie spalle durante la raccolta delle offerte. La donna mi indica il responsabile della frase, un ragazzino dagli occhi svegli: è intelligente, ha osservato, ha riflettuto e ha emesso il suo giudizio. Mi rivolgo però alla coppia madre-figlio: ho bisogno di affidare quello che dirò a qualcuno che possa riprenderlo. “Non è ricco chi ha, è ricco chi dà. Ora non puoi capire, ma tua madre te lo saprà spiegare. Vero, signora? Lei che è disposta a dare tutto per questo figlio. È quello che diamo che ci fa ricchi”. Non so, ma mi pare che questo fatto c’entri con il nostro problema. Buone Feste.                         (Mario)

 

 

da NUOVA SCINTILLA 1 del 5 gennaio 2014