Proclamare la Parola

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Finestra sulla liturgia

Proclamare la Parola

Una attenzione che deve accompagnare il lettore nell’azione liturgica è che tutti comprendano le parole annunciate. È necessario abbassare o alzare il microfono in direzione della bocca. Strumento importantissimo perché esso dona la possibilità a tutti di sentire bene. Il lettore prima di iniziare dovrebbe accertarsi che tutti siano seduti. Bastano quei 5 secondi che permettono all’assemblea di orientarsi verso l’ambone. È utile anche per te, caro amico lettore, perché sei chiamato ad immedesimarti in quello che leggi e per far questo serve

concentrazione. Accennavamo al fatto che non si legge la Parola di Dio, ma la si proclama; vi sarà una differenza e se la capissimo sempre più ne avremmo utilità noi e l’assemblea. La Sacrosanctum Concilium dice esplicitamente al numero 7 “Cristo è presente nella sua Parola, poiché è lui che parla quando nella chiesa si legge la sacra Scrittura”. Proclamare è un leggere con solennità quanto Dio vuole offrire al suo popolo in quella data circostanza. Non è leggere il giornale, neppure un comunicato del Presidente della Repubblica; è “annunciare” il Mistero di Dio che in Cristo Gesù si è fatto presente e oggi si realizza nel dono perenne dello Spirito alla comunità convocata. Se viene letto come se fossimo all’estrazione dei numeri della tombola (senza un respiro) o dando l’impressione che neppure noi abbiamo capito o credendo di annunciare il premio Nobel, non abbiamo reso un servizio alla comunità! Dovresti pure ricordare che il sacerdote che presiede ha quei testi per l’omelia: se vengono letti a una qualche maniera come farà a offrirli nella mensa della Parola? Chi si presenta per questo servizio deve pure avere un volto che esprime serenità e non lutto: la Parola di Dio è sempre parola di vita. Anche il contegno del corpo; l’abito, che non deve essere per necessità un gessato, ma non è neppure conveniente leggere con gli infradito. Proclamare significa rispettare le regole della grammatica e della punteggiatura: punti esclamativi, frasi interrogative, racconto storico o racconto sapienziale hanno necessità di una corretta lettura. A volte ci sono nomi o di persone o di città che non fanno parte della nostra cultura: domandare prima al sacerdote o a un catechista, lasciarsi aiutare è crescere da fratelli. Da ultimo, ritorno sui foglietti domenicali: essi sono nati perché all’inizio contenevano la parte in latino e vicino quella in lingua italiana, per il nostro Paese. Erano uno strumento per capire almeno qualcosa quando tutto era in latino e specie delle letture non si capiva pressoché nulla. Ora i foglietti dovrebbero avere più il compito di preparare alla liturgia della domenica, magari nell’incontro al Vangelo o per le preghiere dei fedeli. Non è corretto salire all’ambone con il foglietto in mano: li c’è già il libro della Parola e da lì io devo leggere. Poi è un dato di fatto anche che le parole stampate del lezionario sono molto più grandi del foglietto!                   (2. continua)       (don Nicola Nalin)

 

 

da NUOVA SCINTILLA 41 del 3 novembre 2013