Eredità del movimento liturgico

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Finestra sulla liturgia

Eredità del movimento liturgico

Con questo ultimo intervento chiudiamo la rubrica “Finestra sulla Liturgia”. Suo obiettivo era di rivisitare orientamenti e norme del Sinodo diocesano del 1988 in materia liturgica. Abbiamo riscoperto insieme le ricchezze del pensiero teologico e delle indicazioni pastorali in esso contenute. Hanno una evidente attualità e sono in grado di verificare il vissuto liturgico delle nostre comunità.

Mi risulta che la rubrica sia stata seguita con una certa continuità, anche se le uniche reazioni hanno riguardato il capitolo del canto e della musica. Mi riferisco alle lettere giunte in redazione e pubblicate interamente la settimana scorsa. È sempre riduttivo leggere un’esperienza di fede come l’evento liturgico da un unico osservatorio, soprattutto se ampliato

da coinvolgimenti emotivi e gusti personali. Ancora più riduttivo, poi, interrogare passi scelti dei documenti magisteriali, qual è la Sacrosanctum Concilium, per avanzare ragioni di conferma delle proprie tesi.

La costituzione conciliare va letta nel suo insieme se si vuole comprenderne la natura e la forza rinnovatrice. Uno degli ultimi commenti che ho accostato è di Gilles Routhier (“Il Concilio Vaticano II. Ricezione ed ermeneutica”, Vita e Pensiero, 2007). Si tratta di un saggio molto interessante perché spiega il contenuto della Sacrosanctum Concilium a partire dallo spirito da cui è nato e si è sviluppato il Concilio. Non certo di natura dogmatica ma di discernimento ecclesiale, soprattutto nei confronti del movimento liturgico, sorto nei primi anni del secolo scorso e inteso a ridare alla liturgia il posto che le spetta sia tra le scienze teologiche – da cui invece, all’epoca, era esclusa – sia, soprattutto, nella vita della Chiesa e dei singoli fedeli.

Due sono, secondo Gilles, le preoccupazioni dei Padri conciliari: l’adattamento culturale e la partecipazione attiva dei fedeli. La costituzione sulla liturgia infatti va considerata nell’insieme del corpus conciliare e può essere compresa adeguatamente all’interno della teologia dell’universalità della Chiesa, della comunione del popolo di Dio e del dialogo con il mondo e le sue culture.

Ci troviamo oggi di fronte ad un vissuto ecclesiale che si alimenta nella liturgia, fonte della fede e della vita cristiana, grazie all’incontro con Cristo nella Parola e nel Pane che in essa avviene; lo stesso vissuto converge ad essa perché la vita quotidiana, la vita dell’uomo d’oggi, possa essere trasformata in lode, supplica, rendimento di grazie. A questo obiettivo deve condurre una equilibrata, obbediente e coraggiosa, regia liturgica. Se ne fa carico innanzitutto il presbitero, ma non senza un gruppo di fedeli, adeguatamente formati, che interpretano l’esperienza della comunità e della sua identità umana e culturale, sociale ed economica.

Credo si capisca come ogni singolo elemento, gesto o parola, mentre si mette a servizio del mistero che viene celebrato nella liturgia e di cui non siamo padroni ma stupiti destinatari, è chiamato a rendere quel mistero intelligibile e incontrabile dall’uomo d’oggi con la sua storia e la sua cultura.

Alla luce di queste riflessioni possiamo affermare che il movimento liturgico continua e l’esigenza dell’adattamento culturale e della partecipazione dei fedeli interpella costantemente l’ascolto, la riflessione e la ricerca. (don Francesco Zenna)

 

 

da NUOVA SCINTILLA 19 del 12 maggio 2013