La misura della gioia

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I giorni

La misura della gioia

Il primo mese di Papa Francesco è stato una grazia che ha fatto il giro del mondo. L’onda benefica della sua prorompente testimonianza continua a scorrere, traboccando da giornali, tv e tutti i possibili canali del mondo interattivo. Nel frattempo, c’è chi si è dimostrato solerte a prendere le misure al nuovo Papa e a lanciargli suggerimenti di programmi e riforme, immaginando una Chiesa fatta a propria immagine e somiglianza. Tuttavia è più conveniente rovesciare il gioco: piuttosto che essere noi a suggerire al Papa come fare il suo mestiere, meglio è disporci a imparare da lui come fare i cristiani. Sembra che tanti si siano messi in strada, come le persone che, a detta di alcuni parroci, sono tornate a confessarsi a Pasqua: più numerose, consapevoli e

fiduciose. È un aspetto di una più generale inversione di tendenza. Da un cristianesimo ripiegato su di sé, intimidito e piuttosto sfiduciato, a un cristianesimo disinibito e apertamente proclamato. Papa Francesco richiama l’iniziativa di Dio e la sua pazienza di Padre, e ci spinge a domandare e accogliere la sua misericordia. Un amore che ci precede, più che una legge da eseguire; un dono, più che un dovere; una speranza, più che un impegno gravoso. Il richiamo alla gioia cristiana rimbalza da papa Benedetto a papa Francesco, salendo dal profondo dei Vangeli attraverso la perfetta letizia dei ‘Fioretti’ e lungo i filari della storia della santità cristiana. Ai semplici fedeli e ai sacerdoti viene ripetuto il richiamo a uscire fuori, a incontrare le persone lì dove vivono e soffrono e amano: come un prolungarsi dell’incarnazione e dell’immersione di Gesù tra la folla. Si allarga il cerchio delle persone che non si limitano ad ammirare il Papa esaltandone le caratteristiche più aperte e popolari, ma si lasciano sorprendere con la novità stessa del cristianesimo che egli manifesta; ne imitano il servizio e l’accoglienza, lo spirito di fede e di carità.

Ci si imbatte in preti che smussano gli spigoli del loro carattere e si fanno più pazienti: con i poveri che ‘importunano’ a tutte le ore, con i ragazzi vivaci e distratti e con i genitori che occhieggiano saltuariamente il perimetro della zona parrocchiale. Potrà forse mutare anche il tenore delle omelie, rendendole meno tese all’esortazione e alla denuncia e più dirette nell’annuncio e capaci di fascino.

Potrà schiarirsi il clima delle comunità, rese meno moralistiche e pretenziose e più disposte all’accoglienza libera e serena. Il cristianesimo rinasce dalla gioia e dalla speranza, dall’incontro e dall’attrattiva. È una vita bella, più interessante e più vera. (don Angelo)

 

 

 

da NUOVA SCINTILLA 16 del 21 aprile 2013