Speciale papa Benedetto

Facebooktwitterpinterestmail

Speciale papa Benedetto

Come bambini nelle braccia di Dio

Le parole del cuore

“Ciò che vale non si vede”

 

 

 

 

 

 

Come bambini nelle braccia di Dio

IL COMMIATO DI BENEDETTO XVI. “Siamo nell’Anno della fede – ha detto il Papa- che ho voluto per rafforzare proprio la nostra fede in Dio in un contesto che sembra metterlo sempre più in secondo piano” 

Circondato da un grande affetto, palpabile e coloratissimo, Benedetto XVI ha parlato mercoledì mattina 27febbraio 2013 per l’ultima volta dal sagrato della basilica di S. Pietro di fronte a oltre 150mila persone e alle telecamere di decine di emittenti internazionali.

Ecco la cronaca dell’evento da un testimone oculare.

E’ stato questo lo “spettacolo” odierno dal Vaticano, “centro del mondo” per il sistema della comunicazione che guarda ormai con un interesse quasi spasmodico all’uscita di scena di Benedetto XVI e all’imminente conclave che sceglierà il suo successore. E il Papa non ha deluso i presenti e i milioni di persone collegate con radio e tv in tutto il mondo. Ha aperto il suo discorso collocando l’evento odierno nel 50° del Concilio, da lui proclamato “Anno della Fede”. “Siamo nell’Anno della fede – ha detto – che ho voluto per rafforzare proprio la nostra fede in Dio in un contesto che sembra metterlo sempre più in secondo piano. Vorrei invitare tutti a rinnovare la ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come bambini nelle braccia di Dio, certi che quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci permette di camminare ogni giorno anche nella fatica”.

Il Papa non è solo nella guida della “barca di Pietro” – “In questo momento il mio animo si allarga per abbracciare tutta la Chiesa sparsa nel mondo” ha detto, assicurando di voler raccogliere “tutto e tutti nella preghiera per affidarli al Signore”. Un discorso, quello odierno di Benedetto XVI, segnato dalle parole “speranza”, “fiducia”, “gioia”, tipiche di tutti i suoi interventi sia di natura magisteriale sia pastorale. Parlando della Chiesa come “barca di Pietro”, ha subito ricordato i “tanti giorni di sole e di brezza leggera”, ma anche i “momenti in cui le acque erano agitate e il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa e il Signore sembrava dormire”. Facendo quasi un accenno diretto alle recenti voci e accuse riguardo ai suoi collaboratori in Vaticano, Benedetto XVI ha poi affermato: “Un Papa non è solo nella guida della barca di Pietro, anche se è sua la prima responsabilità; e io non mi sono mai sentito solo nel portare la gioia e il peso del ministero petrino; il Signore mi ha messo accanto tante persone che, con generosità e amore a Dio e alla Chiesa, mi hanno aiutato e mi sono state vicine”. Ha quindi subito precisato a chi si riferisse: “Anzitutto voi, cari Fratelli Cardinali: la vostra saggezza, i vostri consigli, la vostra amicizia sono stati per me preziosi; i miei Collaboratori, ad iniziare dal mio Segretario di Stato che mi ha accompagnato con fedeltà in questi anni; la Segreteria di Stato e l’intera Curia Romana, come pure tutti coloro che, nei vari settori, prestano il loro servizio alla Santa Sede: sono tanti volti che non emergono – ha affermato -, rimangono nell’ombra, ma proprio nel silenzio, nella dedizione quotidiana, con spirito di fede e umiltà sono stati per me un sostegno sicuro e affidabile”.

Pregare per la scelta del successore – Nella parte centrale del suo messaggio, Benedetto XVI ha fatto riferimento ai “segni commoventi di attenzione, di amicizia e di preghiera” ricevuti da “tantissime persone” che gli hanno espresso “affetto che nasce dall’essere insieme con Cristo Gesù, nella Chiesa”. Un discorso, quest’ultimo del Papa, nel quale ha ribadito ripetutamente il suo amore per la Chiesa che – ha ricordato – “non è un’organizzazione, non un’associazione” ma “un corpo vivo, una comunione di fratelli e sorelle”. “Sperimentare la Chiesa in questo modo e poter quasi toccare con le mani la forza della sua verità e del suo amore”: questo il sentimento prevalente che Benedetto XVI ha evidenziato con forza e anche con commozione. Sentimenti che sono emersi quando ha poi fatto cenno alla sua decisione di rinunciare, “nella piena consapevolezza della sua gravità” – ha affermato – “avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi”. Una scelta difficile ma con la certezza “che il Papa ha veramente fratelli e sorelle, figli e figlie in tutto il mondo, e che si sente al sicuro nell’abbraccio della loro comunione”. Sicurezza che ha poi espresso anche riguardo alla scelta del suo successore, affidata ai cardinali per i quali ha chiesto ai fedeli “di pregare” in quanto “chiamati ad un compito così rilevante”.

“Resto nel recinto di San Pietro” – Il Papa non ha evitato gli aspetti più “riservati” legati alla sua recente clamorosa decisione. A proposito dei motivi personali, ha affermato che “in questi ultimi mesi ho sentito come le mie forze erano diminuite e ho chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi… per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa”. Così, dopo aver assunto la decisione, Benedetto XVI ha ricordato un elemento fondamentale che attiene alla persona del Papa: “Il ‘sempre’ è anche un ‘per sempre’ – non c’è più un ritornare nel privato”. “Non ritorno alla vita privata – ha detto – non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso”. Ha anche detto: “Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro”. In conclusione ha voluto ancora una volta rincuorare tutti i credenti: “Cari amici! Dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre anche e soprattutto nei momenti difficili. Non perdiamo mai questa visione di fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo”. Le sue ultime parole sono state: “Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la gioiosa certezza che il Signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il suo amore. Grazie!”. (Luigi Crimella)

 

 

Le parole del cuore

Benedetto ha aperto, in piazza S. Pietro, una pagina del suo diario dell’anima

Sono le parole del cuore a traghettare Benedetto XVI tra le rive scoscese e ardue della fede e della ragione nel giorno del saluto più intimo e più pubblico.

Il Papa teologo, il Papa tedesco, il Papa di Ratisbona e Gerusalemme, di Colonia e di Erfurt, della Westmister Hall e del Collegio des Bernardin, del Reichstag e di Ground Zero, di Sidney e di Madrid, ha aperto il suo cuore come una pagina del diario dell’anima, secondo la migliore tradizione dei mistici cristiani. Che non possono dimenticare le date più importanti della propria vita (il 19 aprile del 2005), ma hanno profonda consapevolezza che sono altre le domande e le certezze che accompagnano l’uomo che affida tutto se stesso a Dio.

“Signore, che cosa mi chiedi?”. La domanda che ha guidato Benedetto nel suo cammino e che solennemente ha voluto sillabare in piazza San Pietro, risuona e vibra nelle coscienze di tutti i cristiani. E’ la domanda più esigente per Pietro e Giovanni, ma anche per ogni singolo credente in ogni angolo del mondo, senza distinzioni di condizione sociale, di orizzonte culturale, di convinzione politica, di dimensione antropologica. Una domanda a cui ciascun credente deve trovare risposta, ma nella certezza che “la Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua e non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto”.

Ma nel diario dell’anima c’è anche la pagina della fede “bambina” che si abbandona nelle braccia di Dio. E’ bello oggi, sperimentare con Benedetto l’accoccolarci nelle braccia del nostro Dio con quella preghiera che dovremmo tornare a recitare al mattino con la fiducia dei bambini nei confronti del Padre. “Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio d’avermi creato, fatto cristiano…”. Parole strappate alla contemplazione e restituite a un cristianesimo esigente, “adulto” ci ha detto il Concilio, che non rinuncia alla sfida dell’evangelizzazione e della missione. E perciò stesso destinato all’incomprensione e sempre più spesso al martirio. Ma sarà sempre quell’amore certo di Dio a illuminare il cuore limpido del credente, a cui viene chiesto di andare incontro alla storia senza paura. Benedetto ha abbracciato “tutta la Chiesa sparsa nel mondo”, ha allargato “il cuore al mondo intero”: Poi ha toccato con mano la Chiesa, “non un’organizzazione, non un’associazione per fini religiosi o umanitari, ma un corpo vivo, una comunione di fratelli e sorelle nel Corpo di Gesù Cristo che ci unisce tutti”. Questa certezza l’abbiamo letta nello sguardo grato e commosso del Papa che ci accompagnerà nei giorni a venire.

E’ difficile trovare le parole giuste per ringraziare un Papa. Da umili cronisti forse basta un semplice “grazie”. Da credenti, osiamo: “Santo Padre, non sarà mai solo. Mai. E dalla sua finestra, ci benedica ancora”.

 

 

Intervista al sociologo Franco Ferrarotti

“Ciò che vale non si vede”

Il sociologo Franco Ferrarotti: “È questa la lezione di Benedetto XVI”. “C’è nella folla di oggi un estremo bisogno di valori finali e di trascendenza Questo è un mondo che muore perché è mosso da uno spasimo di successo che in fondo non risolve alcun problema se non la piccola vanità di anime minime”.

“Una folla sterminata, meravigliosa, stranamente festante”. “Non un addio né un arrivederci. Ma una compresenza diversa e profonda”. “Abbiamo assistito a un fatto al tempo stesso straordinario e paradossale anche per la mentalità laica e non credente. Abbiamo assistito allo splendore della sconfitta apparente, la virtù della rinuncia.

Un messaggio dirompente”.

Sono emozioni a caldo quelle che il sociologo Franco Ferrarotti esprime, “da laico e agnostico”, al Sir subito dopo aver seguito in tv l’ultima udienza di papa Benedetto XVI.

Maria Chiara Biagioni lo ha intervistato.

Come si spiega questa partecipazione?

“Tutto il mondo si è reso conto che questo Papa, con la sua decisione, ha dato corpo a un fenomeno di portata storica. Credo anche che non possa lasciare indifferenti. A che cosa abbiamo assistito? Abbiamo assistito a un fatto al tempo stesso straordinario e paradossale anche per la mentalità laica e non credente. Abbiamo assistito allo splendore della sconfitta apparente, la virtù della rinuncia. Un messaggio dirompente per i nostri uomini e le nostre donne di potere: il Papa ha mostrato che cosa è il potere come servizio. Non un potere solitario di colui che comanda, ma un’autorità autorevole che fa crescere. Il potere schiaccia, l’autorità fa crescere.

Quale ricaduta ha questo messaggio al mondo di oggi?

“Mi riempie di ammirazione e mi tocca personalmente: più nessuno oggi si vuole dimettere, tutti sono abbarbicati al potere anche quando non hanno nulla da dare e da dire. Si ricerca la visibilità a tutti costi: è straordinario invece che un uomo che è anche vicario di Dio, decida di nascondersi al mondo. Che cosa vuol dire, qual è il messaggio? Che ci sono realtà che non si esauriscono nello spettacolo, che ci sono valori finali e strumentali che non si esauriscono nella chiacchiera o nella presenza. Ci sono delle assenze più importanti di molte presenze”.

Come vede il futuro della Chiesa?

“Sono certo di un fatto: che il risultato di questo Conclave sarà il risultato migliore che la Chiesa come istituzione, nelle circostanze determinate, potrà dare. Forse in pochi hanno capito che l’elezione del Papa è certamente frutto di una democrazia, ma integrata e compensata dalla conoscenza e dall’esperienza”.

 

 
   
   

 

 

da NUOVA SCINTILLA 9 del 3 marzo 2013