Liturgia della Parola

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Finestra sulla liturgia

Liturgia della Parola

Con la colletta si concludono i riti di inizio e si apre l’esperienza dell’incontro con Cristo nella Parola. Quando si parla di questo momento liturgico si usa sempre la lettera maiuscola: Parola. È chiara la consapevolezza che questa Parola è Cristo, “giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura” (SC, 7). Da questa consapevolezza prende le mosse tutto il simbolismo che accompagna la ritualità della Liturgia della Parola. Il centro diventa l’ambone. In “Principi e Norme per l’uso del Messale Romano” si sottolinea l’importanza di un luogo adatto per la proclamazione della Parola: «L’importanza della Parola di Dio esige che vi sia nella chiesa un luogo adatto dal quale essa venga annunciata, e verso il quale, durante la Liturgia della Parola, spontaneamente si rivolga l’attenzione dei fedeli» (n. 272). L’ambone deve essere fisso, o quantomeno di una

certa imponenza, e non mobile o provvisorio. Deve essere poi disposto in modo tale che i ministri possano essere comodamente visti e ascoltati dai fedeli. Dall’ambone si proclamano le letture, il Salmo responsoriale (almeno il ritornello va cantato) e il Vangelo. Vi si può tenere l’omelia (può venire proposta anche dalla sede) e la preghiera universale (o preghiera dei fedeli). Non conviene quindi che all’ambone salgano il commentatore, il cantore o l’animatore del coro; per essi va predisposto un semplice microfono. Altrettanto importanti risultano il Lezionario e l’Evangeliario. Il primo raccoglie tutti i brani biblici che sono stati scelti e ordinati per la celebrazione della Messa, e viene utilizzato, almeno nelle celebrazioni più solenni, dal Lettore e dal Salmista; l’Evangeliario invece, introdotto solennemente con la processione introitale e posto sull’altare, viene prelevato dal Diacono e utilizzato per la proclamazione del brano evangelico. La sua maggiore dignità viene evidenziata anche dall’incensazione iniziale e dal bacio finale. Per entrambi la valenza simbolica può venire bene espressa anche dalla loro ostensione nel momento in cui viene esclamato “Parola di Dio!” e “Parola del Signore!”, che sono vere e proprie espressioni di fede, di lode e di ringraziamento e non semplici annotazioni (così come si riducono ad essere quando si premette il verbo essere: “È parola di Dio!”). Anche l’omelia del presidente ha lo spessore di un rito: il suo linguaggio, la sua forma, i suoi contenuti devono corrispondere adeguatamente all’azione liturgica ed essa non deve mai porsi come elemento estraneo o aggiunto (proprio per questo non ha senso iniziarla e terminarla, come fanno alcuni, con il saluto “Sia lodato Gesù Cristo” perché i saluti sono già compresi nei testi liturgici nelle modalità e nei tempi più adeguati). Di essa il nostro Sinodo dice: “Né troppo lunga né troppo breve, essa deve recuperare la sua funzione di attualizzazione della Parola di Dio per la comunità concreta cui è rivolta e di introduzione al mistero che si sta celebrando, sia in rapporto all’Anno liturgico che in rapporto alla specificità della convocazione” (art. 158).

La recita del Credo e la proclamazione della Preghiera universale costituiscono una risposta della comunità alla Parola ascoltata. Essa è orientata a suscitare l’atto di fede, per cui è auspicabile che lo si sottolinei nella conclusione dell’omelia e lo si pronunci con entusiasmo. L’atto di fede pone la comunità cristiana in atteggiamento di fiducia nell’amore del Signore, per cui si sviluppa una preghiera di intercessione capace di interpretare le suppliche presenti nel cuore e nella mente di ciascuno. Esistono degli Orazionali, ma devono essere utilizzati come modelli di sviluppo della preghiera perché soddisfi le caratteristiche proprie del rito, dall’ordine dei contenuti alla struttura dialogica. Tuttavia è importante che essa possa nascere dall’esperienza esistenziale e di fede del popolo di Dio, per cui, senza cadere nel rischio dell’improvvisazione, è bene nasca dalla raccolta delle intenzioni espresse dai fedeli stessi, magari nell’arco della settimana, dopo l’incontro di approfondimento della Parola che si tiene in quasi tutte le comunità. (don Francesco Zenna)

 

 

da NUOVA SCINTILLA 8 del 24 febbraio 2013