Il linguaggio dei riti

Facebooktwitterpinterestmail

Finestra sulla liturgia

Il linguaggio dei riti

“Ogni momento della celebrazione racchiude in sé una ricchezza rituale che va sottolineata…” (art. 157). È l’affermazione con cui il Sinodo apre una serie di indicazioni sullo sviluppo di alcuni riti, in particolare quelli “normalmente poco evidenziati e a cui non viene dato il debito spazio” (ib), ma che riguarda tutto il linguaggio rituale della celebrazione liturgica, quella eucaristica in particolare. Una debita preparazione da parte del gruppo liturgico, l’arte di presiedere del presbitero, un servizio coordinato tra lettori, cantori, commentatore e altri ministri, possono rendere la celebrazione più eloquente di molti inutili interventi di parola con i quali distraiamo

l’assemblea più che favorirla nella partecipazione viva e responsabile. La processione introitale da parte di più ministri, compresi i lettori, con l’intronizzazione dell’evangeliario e il bacio dell’altare, accompagnata da un canto solenne di accoglienza partecipato da tutta l’assemblea, esprime senza bisogno di spiegazioni verbali la gioia di trovarsi insieme per l’ascolto della Parola e la partecipazione alla mensa del Corpo e del Sangue di Cristo; l’altare, l’ambone e la sede cui si accede a partire dalla navata diventano immediatamente per tutti i presenti i punti di riferimento dell’azione che si sta per compiere; il segno di croce e il saluto coronano la plasticità di un rito che da solo costituisce le persone convenute in assemblea liturgica. L’atto penitenziale si inserisce opportunamente a questo punto come riconoscimento della misericordia di Dio e lode per la riconciliazione ottenuta; gli schemi offerti dal messale sono emblematici anche per formulazioni eventualmente spontanee, in quanto non indulgono a elenchi più o meno lamentosi dei nostri peccati, ma confessano la salvezza in Cristo Gesù; sarà ancora una volta il canto, in particolare del Kyrie eleison, a sottolinearne la natura gioiosa e riconoscente. Sulla ritualità della Liturgia della Parola e di quella Eucaristica avremo modo di sostare in seguito. Richiamiamo invece il significato della presentazione dei doni, utilizzata molto spesso per rendere protagonisti i ragazzi invitati a portare all’altare le cose più stravaganti, anche se legate alla loro vita e al cammino di fede che stanno compiendo. Il pane e il vino sono l’elemento centrale di questo rito, “frutto della terra, della vite e del lavoro dell’uomo” come recita la preghiera successiva del sacerdote, per cui è ammissibile aggiungere tutto ciò che rafforza questo concetto, soprattutto ciò che viene donato per la vita della comunità e la carità verso i più poveri. Anche la raccolta delle offerte fa parte di questo rito; è bene sia unica e condotta da più persone in modo che si concluda con la loro presentazione unitamente al pane e al vino. Il rito sarà accompagnato da un canto adatto che sarebbe bene si concludesse in tempo utile per poter seguire le formule liturgiche proclamate dal sacerdote, molto più eloquenti di tante didascalie. Anche il mistero della Comunione eucaristica viene illuminato dai riti che la precedono, la celebrano e la seguono. Le mani alzate nella recita del Padre nostro, le mani che si intrecciano con quelle dei fratelli nello scambio della pace, sono le mani che si tendono per accogliere il Verbo fatto carne e, sollecite, si adopereranno a rendere concreta la testimonianza dell’amore. L’uscire dal proprio posto per incedere processionalmente verso l’altare esprime la prontezza con cui, come popolo in cammino verso la terra promessa, accogliamo il Cibo che ci alimenta e ci dà forza. A questi gesti dell’assemblea corrispondono quelli del celebrante che prega per la pace, spezza il pane e lo distribuisce, invita all’atto di fede nella presenza reale di Cristo e invia con la benedizione del Signore sulle strade del mondo. Anche questi riti di comunione possono essere accompagnati dal canto e prevedono un congruo spazio di silenzio per l’interiorizzazione del mistero. Il linguaggio dei riti ha una sua peculiare eloquenza e ne va quindi favorita in tutti i modi la ricezione.                           (don Francesco Zenna)

 

 

da NUOVA SCINTILLA 7 del 17 febbraio 2013