Il bilancio della diocesi quale segno di trasparenza

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Torreglia. Aggiornamento del Clero. Vademecum per sacerdoti e parrocchie

Il bilancio della diocesi quale segno di trasparenza

Aggiornamento del clero, formazione permanente: un dovere per chiunque eserciti una responsabilità, soprattutto nel contesto attuale estremamente rapido quanto ai cambiamenti, culturali e non solo. Un dovere grave per quanto attiene ai presbiteri, collocati sulla frontiera del contatto diretto con la vita del popolo di Dio e al tempo stesso, voglia o non voglia, volto incontrabile ‘della istituzione chiesa’, sotto pressione e sotto i riflettori di una critica costante, non sempre non malevola. Nella nostra diocesi, siamo già al secondo appuntamento che si svolge in forma residenziale: i preti per un tempo né ridotto a una mezza giornata né troppo esoso in termini di distanza dalle comunità, lasciano l’esercizio del loro ministero per gustare uno stare insieme più tranquillo che indubbiamente favorisce la messa a punto dei problemi, offre la possibilità di un ascolto più attento alle proposte di intervenenti esterni e, nello scambio libero dei pareri, favorisce la presa di decisione e il consiglio.

 

Ancora a Torreglia, la scorsa settimana, quindi. A tema questa volta, con scelta precisa del vescovo, il rapporto del prete con le cose di questo mondo, se si preferisce tutto quel mondo insidioso che chiamiamo amministrazione, sia in termini personali che attinenti al servizio pastorale che il sacerdote svolge. Infatti, come ha affermato nelle premesse del suo intervento don Adolfo Zambon, responsabile del servizio giuridico della CEI, “il nostro è un servizio, un ministero, non un lavoro. Ma non è pensabile un ministero disincarnato. Anzi, l’impegno concreto nelle ‘cose da fare’ dentro le diverse attività è solidarietà con la gente”, anche e tanto più – verrebbe da aggiungere – in un tempo di crisi come l’attuale. Don Adolfo ha riassunto in tre le attenzioni che il sacerdote è chiamato ad avere su questi fronti: l’educazione alla legalità, alla giustizia e al rispetto delle leggi; la capacità di ‘distinguere bene’ di ‘che beni’ si tratta, evitando superficialità e commistioni indebite; la povertà evangelica, come colonna portante che attraversa l’agire e la spiritualità del presbitero.

Conseguenza ovvia di queste lineari premesse è stato il passaggio successivo, che in ottica di trasparenza e di condivisione ha visto i responsabili amministrativi della diocesi presentare il bilancio della diocesi, con tutte le singole voci. Una descrizione a tratti impegnativa per persone con una formazione economica non specialistica. Dove il rendere e il chiedere conto per capire meglio sono diventati esercizio di condivisione per l’intero presbiterio. Dove le grandi cifre dei totali annuali si sono accompagnate successivamente con quelle concrete del “costo di gestione” della pastorale diocesana e con le indicazioni sui versanti dell’attualità quotidiana del prete. Il vademecum proposto, discusso appassionatamente e concluso alla fine della due-giorni anche con alcune votazioni, i cui risultati sono stati affidati al vescovo perché, se lo ritiene, faccia le opportune deliberazioni, diventa riferimento sia per la gestione della vita personale del prete che per il servizio agli enti di cui i preti sono legali rappresentanti.

Un ultimo fronte della due-giorni ha fatto prendere rinnovata attenzione al tema del sostentamento del clero. I preti in quanto di fatto al momento ‘al riparo’ da problemi economici, sono stati informati della situazione relativa alle fonti del loro sostentamento. Mons. Giovanni Soligo, direttore dell’Istituto Centrale del Sostentamento Clero, ha riprecisato la questione dell’Otto per mille, anche in relazione alle polemiche artificiose degli ultimi mesi. È stato ribadito che l’Otto per mille doveva servire in partenza per la Chiesa, le sue attività e la sua carità, non per il sostentamento del clero; di fatto invece quasi il 90% del sostentamento clero viene da questa fonte. Che però, si è chiesto il presidente nazionale “Quanto durerà?” Forse un mea culpa noi preti, abbiamo dovuto riconoscerlo, con le attenuanti generiche delle tante ‘giornate’ o incombenze di cui si viene richiesti: non sempre abbiamo fatto il necessario per far conoscere correttamente le forme di sostegno economico alla Chiesa. A differenza di quelle dirette alla realtà di cui siamo a servizio, quelle ‘non immediate’ non trovano adeguata attenzione in noi preti e rilancio per i fedeli. Il buon padre di famiglia, immagine risuonata più volte nella due-giorni, sarà bene che impari a farlo, per non trovarsi preso in contropiede quando le situazioni contingenti dovessero mutare, magari a livello legislativo e ci si trovasse un po’ alle strette. Una maggiore sensibilizzazione nei preti stessi, a partire dal fatto che quanto ci viene dato è frutto della carità dei credenti ed è per l’esercizio del ministero.

A chiusura della due-giorni, anche come risultato delle riflessioni ascoltate e condivise, prima di guidare il pellegrinaggio diocesano al Santo, mons. Vescovo ha tracciato in pillole tre punti di non ritorno per tutti i suoi preti. Il primo è un migliore e più tranquillo rapporto con la Curia diocesana, che si traduca in aiuto e supporto concreto, anche reciproco. Il secondo: ribadire – non solo Codice di Diritto canonico alla mano – la necessità di un Consiglio per gli Affari Economici in ogni parrocchia. Il terzo, la cura del bilancio parrocchiale che sbocchi regolarmente in un rendiconto annuale fedele alla vita di ciascuna comunità. (dAnt)

 

 

da NUOVA SCINTILLA 24 del 17 giugno 2012