Saper rendere ragione della fede

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Speciale INCONTRA Catechesi

Spunti dalla Lettera

“Traditio” e “Redditio” nella missione educativa del catechista

Saper rendere ragione della fede

ricca di spunti la Lettera dei Vescovi: “Annuncio e catechesiperlavitacristiana”,dicuiinquesto numero di Incontra vengono riportati alcuni paragrafi. Leggendola, colpisce tra gli altri un passaggio: “I catechisti, oltre a narrare e spiegare il messaggio cristiano (traditio), devono preoccuparsi di fornire a ciascuno gli strumenti espressivi, perché possano riesprimere con la vita e la parola ciò che hanno ricevuto (redditio). Una comunicazione che si esaurisse nel solo processo di trasmissione produrrebbe cristiani “infanti”, che “non parlano”, “muti e invisibili”, e alla fine perderebbe ogni rilevanza nella vita delle persone. Il cristiano è un testimone che, per rendere ragione della sua

fede, non può limitarsi a compiere le opere dell’amore, ma deve anche narrare ciò che Dio ha fatto e sta facendo nella sua vita, e così suscitare negli altri la speranzaeildesideriodiGesù”.Sitrattadiunostimolo nuovo di riflessione su quella che è la tradizionale e consolidata prassi catechistica.

Emerge che il catechista e tutta la comunità non devono aver a cuore solo l’urgenza di trasmettere una dottrina, ma soprattutto di generare dei cristiani capaci di rendere ragione della fede e della speranza su cui stanno costruendo la propria vita.

Ciò è richiesto dall’attuale contesto socio-culturale, che vede la compresenza di culture e religioni diverse che chiedono al cristiano di rivelare la sua identità, di dire e far conoscere ciò in cui crede con rispetto della posizioni altrui, ma contemporaneamente con la forza non di chi vuole convincere, ma di chi deve apparire convinto.

Tale obiettivo è perseguibile in un contesto di catechesi per giovani e adulti, su cui i vescovi chiedono di tornare a credere ed a investire. La testimonianza delle opere, in sé, potrebbe non bastare: occorre accompagnarla anche con la capacità di narrare il vangelo filtrato attraverso la

propria storia personale in un’esperienza che lo rende nonsolovero,perchéèstatotradottoinvita,maanche efficace, perché ha dato senso alla propria vita ed ha prodotto una forza di trasformazione ad immagine di Gesù.

È affascinante ascoltare testimoni che raccontano il vangelo attraverso i fatti della propria vita: chi educa sperimenta che l’attenzione in chi ti ascolta e ti guarda aumenta quando non esponi una dottrina, ma narri te stesso. È come se si creasse un misteriosa sintonia tra cuore e mente: e si rimane colpiti emotivamente dalla verità che con logica ragionevole ti viene fatta conoscere. Un ragazzo, un giovane, deve scorgere in ogni educatore un appassionato innamorato che coinvolge, cattura, trascina con la passione che trasmette e con la sincerità che emana da una convinzione profonda. Siprovaadesserecosì,purconinostrilimiti,inostri dubbi e i nostri fallimenti, accettando il rifiuto che, nonostante tutto, è compreso nel rischio della libertà di colui al quale ci rivolgiamo. Non è facile: per questo è fondamentale curare la propria spiritualità. La preghiera, la meditazione della Parola, la frequenza ai Sacramenti, la vita di comunità ed il sevizio ai poveri sono le vie preferenziali attraverso cui ci si fa incontro l’amore di Cristo Risorto, capace di alimentare la forza che accompagna la nostra vita di fede.

Infine, l’esperienza insegna che la testimonianza colpisce quando evita i toni del giudizio, facendosi comprensiva ed accogliente nei confronti delle fragilità altrui: è importante che sia percepita non come un giudizio di condanna, ma come buona notizia che salva, in qualunque situazione e da qualunque condizione, in pieno “stile evangelico”, ad immagine e somiglianza di Gesù.

f. m.

 

 

dal NUOVA SCINTILLA 11 del 18 marzo 2012