Occhi compassionevoli che credono e vedono il bene

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Conclusione 150° suore dell’Addolorata - Domenica IV di quaresima A.
19-03-2023

I. Un anno fa, il 19 marzo, abbiamo aperto questo particolare anno giubilare ricordano i 150 anni della fondazione delle Serve di Maria Addolorata. «Memoria del passato, speranza per il futuro» lo slogan che ci ha accompagnato a vivere tanti appuntamenti ripercorrendo una lunga storia di carità, di educazione e di missionarietà.

Una famiglia religiosa a tutti noi particolarmente cara perché nata in questa città sotto la protezione dell’Addolorata che qui è apparsa mostrando suo figlio che ha donato la vita per noi; e sotto la protezione di San Giuseppe che in quegli anni papa Pio IX aveva dichiarato patrono della Chiesa universale.

La memoria del passato l’abbiamo celebrata e oggi vogliamo dire un grande grazie a tutti coloro che in diversi modi ci hanno aiutato a far memoria. Il Papa non smette di ricordarci l’importanza delle radici. Grazie, Madre Antonella, e grazie a tutte voi, care sorelle, per averci donato quest’anno di memoria, per averci ricordato un lato bello e fecondo di questa diocesi. Grazie al gruppo che vi ha accompagnato.

La speranza per il futuro è nelle mani di Dio, ma anche della nostra preghiera, del nostro impegno per continuare a servire la Chiesa e gli uomini e le donne di questo tempo.

Vedere tra noi suore che provengono dal Messico e dal Burundi ci testimonia che molto è stato seminato e ci commuove il pensiero che la Chiesa di Chioggia ha dato e oggi, che siamo pastoralmente affaticati, riceve il centuplo. Commuove il pensiero che una parrocchia in Burundi abbia il nome di questa città e di questo vogliamo dire un grande grazie alle nostre care sorelle.

II. Oggi, in questa tappa del nostro itinerario quaresimale, vorremmo mettere al centro gli occhi come parte della nostra esperienza di conversione. “Voi un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore” (Ef 5,8). Il Vangelo ci parla di occhi, di cecità, tenebre e luce.

Proviamo un certo fastidio nel confrontare lo stile di Gesù che si prende cura di questo cieco e le infinite disquisizioni degli scribi e dei farisei. Gesù non ha nulla da spartire con questo mondo complicato che discute perdendo di vista il cuore e la sostanza delle relazioni. Gesù è la compassione prima di ogni spiegazione.

Gesù ci regala una liturgia fatta di mani che toccano, del fango che richiama la nostra umile condizione, della saliva che ci parla di relazione intima, di un prendersi cura che ci rimanda alla figura del samaritano o di Gesù stesso che lava i piedi.

Scribi e farisei ci regalano parole, discussioni, ragionamenti su cosa sia giusto o sbagliato. Burocrati delle idee, analfabeti del cuore. A loro di quel cieco non interessa, anche perché se è in quella condizione sicuramente, pensano, se lo sarà meritato.

  1. Gli occhi del cristiano sono anzitutto occhi che guardano e cercano di vedere Dio, sono occhi che credono. La fede è sempre stata associata al buio: si crede a ciò che non si vede. Per i primi cristiani la fede era paragonata a una madre perché li aveva fatti venire alla luce.

“Sono venuto nel mondo come luce perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre” (Gv 12,46).

Cari cristiani e care serve di Maria Addolorata, abbiate occhi che non si lasciano accecare dalle tenebre, dalla paura, dal timore per il futuro; abbiate occhi credenti, fiduciosi, sereni perché il presente come anche il futuro sono nelle mani di Dio. Nella fede ripetiamo sempre: “Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra”.

Custodite la preghiera che ci regala occhi luminosi, ci fa vedere oltre ciò che la ragione comprende o il buon senso giudica. La preghiera ci regala luce, si radica sulla memoria ma nutre sempre la speranza. Solo occhi contemplativi possono sperare.

  1. Gli occhi del cristiano sono occhi che vedono il bene. Penso allo sguardo di Gesù che penetra nel cuore e vede ciò che nessuno vede. “Fissatolo, lo amò” racconta l’evangelo in riferimento al giovane ricco.

Occhi che vedono il bene nelle persone, occhi che vedono il positivo e non si lasciano accecare dal negativo. Occhi che non si fermano alla superficie ma sanno scrutare le persone per vedere oltre. Dio non guarda l’apparenza, ci ha ricordato la prima lettura, ma guarda il cuore.

Sono occhi che amano. Sono gli occhi del samaritano che vede, si fa vicino, cura le ferite. Così sono gli occhi di Gesù che vedono, capiscono e amano questo cieco. Sono gli occhi che guardano e agiscono, guardano e amano. “Fate le opere della luce finché dura il giorno” (Gv 9,4).

Cari cristiani e care serve di Maria Addolorata, siate cercatori instancabili del bene che c’è attorno a noi. Viene spontaneo vedere le fatiche, le situazioni difficili nelle quali viviamo e operiamo, l’esclusione di Dio nel nostro mondo occidentale. Cerchiamo instancabilmente semi di bene che ci sono anche se non fanno rumore e nemmeno amano il rumore.

  1. Gli occhi del cristiano guardano il mondo con occhi di compassione. Come non ricordare le parole del Papa a Lampedusa: «Chi di noi ha pianto per fatti come questo?», Chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini?

Questi occhi compassionevoli li sentiamo necessari guardando ai morti in mare della scorsa settimana, guardando le distruzioni in Ucraina.

Domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla crudeltà che c’è nel mondo, in noi, anche in coloro che prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada ai drammi come questo.

Il pensiero va alle missioni dove voi operate, care sorelle; ma va anche alla scuola che oggi più di ieri è terra di missione.

Cari cristiani e care serve di Maria Addolorata, non dimentichiamoci mai dei poveri, dei piccoli, degli emarginati, delle persone difficili che chiedono cura, attenzione, dedizione, passione.

  1. San Giuseppe era cieco perché pretendeva di vedere solo con i suoi occhi e vedeva solo confusamente, non capiva, voleva scappare da una situazione difficile e insopportabile.

Dio gli ha ridato la vista, gli ha aperto gli occhi. Giuseppe ha imparato a vedere quello che gli stava capitando con gli occhi di Dio. Un po’ alla volta le cose hanno preso forma e senso.

Il suo silenzio era il silenzio di chi non ha bisogno di parole, non si perde in discussioni, ma guarda, contempla Maria e il bambino, si fida di Dio.

La sua intraprendenza di uomo del lavoro ci presenta un Giuseppe educatore, ha introdotto Gesù nella vita, gli ha fatto scoprire tutto ciò che poi è diventato materia della predicazione di Gesù.

Giuseppe ha avuto occhi pieni di amore e di compassione. Si è preso cura di Maria e del bambino. Il viaggio verso Betlemme, il viaggio verso l’Egitto. Giuseppe operoso, concreto. I suoi sono stati occhi pieni d’amore.

Il Signore ci doni occhi nuovi, occhi credenti, occhi compassionevoli, occhi che sanno vedere il bene, occhi che amano perché possiamo vedere, essere figli della luce ed essere persone luminose.

Care sorelle, tutti noi se non siamo ciechi certamente siamo un po’ miopi o presbiti. La speranza per il futuro chiede occhi semplici, guariti dall’incontro con colui che ogni giorno ci fa venire alla luce.

+ Giampaolo vescovo