La fatica di capirsi: tra economia e umanità

Vescovo-Adriano-Tessarollo
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05-08-2018

Di che cosa ha bisogno l’uomo? Di lavorare per produrre, per progredire? Ma produrre cosa? Ma progredire verso dove? A vantaggio di chi? Per quale uomo? La cosiddetta scienza economica e sociologica quale previsioni fa, e in base a quali criteri e indirizzi? Ricordo che negli anni ’70/’90 del secolo scorso, quindi circa 50/30 anni fa, c’era un allarme per troppe nascite, per cui se ne consigliava il controllo e la diminuzione con vari metodi, pre e post concezionali, con l’aborto propalato, da chi si presentava paladino, come strumento di controllo della natalità e come segno di libertà della donna (qualcuna ha il coraggio di essere ancora in circolo).

Oggi gli stessi propugnano il concepimento a tutti i costi, l’eliminazione dei feti che non risultano perfetti, il diritto all’utero in affitto e proclamano che dobbiamo ricorrere all’importazione di risorse umane dall’estero perché altrimenti il nostro Stato, la nostra economia e la nostra società non possono sopravvivere. Ma il problema della fame e della sete nel mondo si risolve con un’economia che investe, per dirla col profeta Isaia, “in ciò che non nutre e non disseta”? C’è da rallegrarsi perché crescono i consumi! Ma consumi di che cosa? È necessario che si lavori come schiavi, sempre di corsa, senza relazioni familiari, con bambini lasciati agli asili nido e ai nonni, che vedono i genitori sì e no qualche ora al giorno, perché mamma e papà devono correre per prendere i soldi per pagare l’asilo nido.

E i nostri vecchi genitori e nonni? Dobbiamo affidarli alla badante perché i figli e nipoti devono correre a lavorare per pagare la badante che assista i genitori o i nonni. E così via. Spendiamo milioni e milioni (qualcuno anche per Ronaldo e company) per tantissime cose totalmente inutili e inquinanti sia dal punto di vista ecologico che psicologico. Non abbiamo più tempo per le relazioni e per la vita spirituale. Abbiamo inventato, e ne inventiamo sempre più, burocrazie che rendono impossibile ogni spazio di umana creatività, affannati come siamo a far quadrare i conti.

Siamo cresciuti molto nel nostro benessere ma, con tutto ciò, siamo davvero cresciuti in umanità, dignità e felicità? E quanti sono quelli che sono esclusi dal benessere che spetterebbe ad ognuno? Abbiamo bisogno di far girare i prodotti necessari alla vita da un continente all’altro, non perché lo scambio torni sempre a vantaggio di tutti, ma spesso perché torni a vantaggio di pochi. È equità commerciale questa? La finanza è in mano di pochi e il cibo manca a molti, costretti a ricercarlo altrove, lontani dalla loro terra, al prezzo di esodi, di rischi mortali, di ulteriori sfruttamenti. Certo, diamoci da fare ad aiutare chi è in fuga, ma la soluzione del problema sta altrove e bisogna avere il coraggio di chiedere che sia affrontata.

+ Adriano Tessarollo