Cari giovani… è tempo di semina

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Discorso all'incontro di Sottomarina a tutti i giovani della Diocesi
23-10-2022

Si è svolto domenica 23 ottobre il primo appuntamento organizzato dalla pastorale giovanile per il lancio della prossima giornata mondiale della gioventù (agosto 2023). Non erano molti i giovani presenti, con una prevalenza di giovanissimi. Il Vescovo Giampaolo ha consegnato un messaggio chiedendo al nostro Settimanale di pubblicarlo nella speranza che arrivi a tutte le parrocchie e permetta di iniziare quella nuova semina che egli auspica per la nostra diocesi.

Di seguito il testo del messaggio.

Cari giovani…

Cari giovani, per me questo è un incontro importante. La Giornata mondiale della gioventù è un dono, un’opportunità che ci viene offerta. Ma nel mio cuore c’è la speranza che sia soprattutto l’occasione per una ripartenza della pastorale giovanile nella nostra diocesi.

Per questo ho scelto la parabola del seminatore: vorrei che questo fosse tempo di semina e la semina è un momento carico di speranza anche se il contadino sa che ci vuole tempo, pazienza, cura del seme che va nutrito e protetto dalle intemperie.

La parabola di Gesù, tuttavia, ci chiede di reimpostare la questione: questo tempo, ogni tempo, è occasione per accogliere il seme che Dio semina nella terra del nostro cuore; è Lui il primo seminatore. Questo è tempo di prenderci cura della terra che siamo noi per accogliere quel seme e lasciare che renda nuova e bella la nostra vita.

Allora sono due le facce di questa parabola e del cammino che ci apprestiamo ad avviare: noi per primi siamo chiamati ad accogliere il seme del Vangelo; noi siamo chiamati a diventare a nostra volta dei buoni seminatori verso altri giovani.

Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose in parabole. E disse: “Ecco, il seminatore uscì a seminare. E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un’altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c’era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. Un’altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. Chi ha orecchi intenda” (Mt 13,1-9)

  1. Ecco il seminatore

“Ecco”. È l’invito a guardare, stupirsi di fronte a Gesù che anche oggi riprende a seminare. Vogliamo avere occhi pieni di fiducia perché Dio opera e agisce nella nostra vita.

Il seminatore uscì a seminare”. Esce sempre di nuovo, instancabile, esce ogni mattina, esce ad ogni stagione opportuna e non opportuna. Esce qui a Chioggia in questo tempo che ci prepara alla giornata mondiale dei giovani.

Questo seminatore appare ingenuo, superficiale, poco preoccupato di seminare bene. È facile seminare lungo la strada dove la gente passa, ce n’è tanta, si può avere subito successo. È facile seminare fra i sassi puntando sulle reazioni immediate, sulle emozioni, sugli effetti speciali. Questo seminatore sembra anche indifferente al suo lavoro: «Io semino e poi che si arrangino».

Gesù è un seminatore strano; non studia il terreno, non attende la stagione giusta, spreca, spera anche contro il buon senso. Ma c’è anche l’altra faccia di questo seminatore strano ed è la sua fiducia. Non ha preparato prima il terreno, non si concentra sul terreno buono per non sprecare quel buon seme. ha solo tanta fiducia. La fede ti porta a credere nell’impossibile. Il testo dice che il criterio dell’efficienza e del risultato non interessa a questo seminatore.

  1. La nostra terra

Cosa semina Gesù e cosa è chiesto a noi di seminare? Il Vangelo, cioè la buona notizia che Dio ci ha creati, ci ama, si è fatto uno di noi in Gesù, ha vissuto tutto quello che anche noi viviamo, ha donato la vita per amore, è morto ma soprattutto è risorto.

La buona notizia è che la vita cristiana non è qualcosa di altri tempi, ma oggi più che mai ha la forza di dare senso alla nostra vita di giovani che studiano, lavorano, soffrono fisicamente o spiritualmente, sono in ansia per la situazione economica e temono per il futuro, si amano, si sposano, donano la vita a dei figli. Gesù semina la Parola, che non è un libro, ma un organismo vivente che continua ad agire quando noi l’ascoltiamo e vogliamo viverla.

La domanda di fondo è se io credo a tutto questo. L’abbiamo ricevuto fin da bambini ma potrebbe essere una tradizione, come chi è in montagna è ovvio che impari a sciare o chi vive al mare è ovvio che impari a nuotare. È normale ricevere i sacramenti, ma appare altrettanto normale che poi tutto finisca.

Il testo si concentra poi sulla condizione del terreno. Nulla avviene magicamente. Il seme è buono, ma il terreno non sempre lo è. Ci sono delle difficoltà e delle resistenze. E la Parola fa i conti con un terreno difficile.

La prima difficoltà è la superficialità e il rumore. «Una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono». La strada è il luogo dove tutti passano, una via piena di negozi e di vetrine. Viviamo come in un grande centro commerciale con mille proposte luccicanti, promettenti, attraenti. Gli uomini sono scaltri, sanno come vendere e come comprarci.

La Parola in questo caso è una delle tante proposte e tra le tante si confonde. Le tante parole e immagini che ci colpiscono smorzano la forza, l’autorità, la preziosità della Parola che è più delicata, rispettosa, umile, non si impone. Altre parole più attraenti, luccicanti, fanno mettere subito in disparte questa che invece è difficile ed esigente. Penso alla preghiera: è più facile navigare in internet, collegarsi col mondo, partecipare a un concerto, che partecipare al nostro “Shemà” e sostare in silenzio davanti a un Dio che non vedo e che a volte è anche faticoso sentire.

Di fronte alla superficialità e al rumore ci viene chiesto un po’ di ordine interiore, un po’ di pulizia, dei sì e dei no e soprattutto la scoperta del silenzio che ci permette di andare in profondità.

Ecco la prima consegna per questo cammino: riconosciamo se in noi ci sono aspetti di superficialità che ci rendono una strada dove tutti passano, dicono, propongono, mi vendono qualcosa. Facciamo nostro un sano spirito critico. Cerchiamo momenti di silenzio e anche con un po’ di sana solitudine e intimità con noi stessi e con il Signore.

La seconda difficoltà è l’esteriorità e la ricerca di gratificazione. «Un’altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c’era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò».

Il terreno sassoso è quello di chi vorrebbe vedere i frutti di una pianta senza aver curato con pazienza la crescita di quella pianta. “Subito germogliò ma poi bruciò”. Sono le persone che si entusiasmano, si impegnano tanto ma poi spariscono in un attimo. Non hanno radici, dice Gesù, sono incostanti e di fronte alle prime fatiche scappano.

Tutti cerchiamo gratificazioni, qualcosa che ci scaldi il cuore, ma l’entusiasmo per sua natura è passeggero e non ha ancora attraversato la prova della durata. Il terreno sassoso è quello di chi cerca i momenti forti, ma si stanca e annoia di fronte alla quotidianità.

All’esteriorità e alla gratificazione opporrei il valore del lavoro quotidiano. I frutti ci sono solo se coltivo bene una pianta. È la capacità di stare anche quando è difficile. Al cuore e alle emozioni aggiungerei l’intelligenza, la volontà, la fedeltà.

Ecco la seconda consegna per questo cammino: passare dal “va dove ti porta il cuore” al “va dove ti porta l’amore”, che è anche impegno, continuità, scelta, fedeltà.

La terza difficoltà sono i compromessi legati alla vita quotidiana ben sintetizzate nell’avere, nel potere e nel piacere. «Un’altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono».

Non è facile togliere le spine ma se si aspetta che tutte le spine siano eliminate non si semina mai. Spesso sono sincero, ben disposto, anche entusiasta, ma cerco di farci stare tutto, di conciliare le esigenze del vangelo con tutto il resto. Di solito i compromessi della vita trovano buone giustificazioni: «È giusto quello che dice Gesù ma dobbiamo anche tener conto di altro. Bisognerebbe… ma c’è altro da fare, sono stanco, farò domani».

Ecco la terza consegna per questo cammino: cerchiamo i compromessi che soffocano la crescita della mia vita cristiana, diamo loro un nome e diventino terreno sul quale lavorare.

Ma c’è anche il terreno buono. «Un’altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta». C’è qualcosa di esagerato in questa affermazione. Il “cento per uno” è irreale, ma con questa affermazione Gesù ci dice che tutto è un miracolo, che a Dio e alla Parola tutto è possibile. Ma Gesù non pretende il cento per uno, ognuno dà quello che può.

Mi piace pensare che abbiamo fatto dei passi, se siamo qui abbiamo fatto delle scelte, ci poniamo delle domande, siamo in cammino. Se siamo qui qualche buon frutto c’è già.

Ecco la quarta consegna per il nostro cammino: riconosco i passi fatti e cerco di dare loro un nome. Non parto da zero ma lavoro perché la mia vita sia feconda.

  1. È tempo di semina

Dio non trapianta alberi ma getta semi; Dio accetta la logica della nascita, della crescita, delle tappe. A noi piacerebbe vedere subito i frutti, cambiare subito la testa delle persone, vedere subito dei risultati. La vita cristiana è una semente. Ci è stata donata nel giorno del battesimo. Un dono che per molti rimane tale, per altri cresce perché viene coltivato, curato e difeso.

Essere cristiani significa essere testimone di qualcosa che sta dando senso e valore alla mia vita. Ma se questo senso non c’è, prima o poi troveremo qualcosa di più interessante da fare e da vivere, e nel centro commerciale in cui abitiamo è abbastanza facile trovare cose più attraenti.

È un tempo di seminagione. Dio è pronto a uscire ancora nel campo della mia e nostra vita per seminare. Che terreno troverà?

La pastorale giovanile è un cantiere aperto e la creatività di chi vi opera non manca. Io ringrazio coloro che lavorano nella pastorale giovanile, ringrazio le parrocchie che si aprono agli appuntamenti diocesani della pastorale giovanile, ringrazio le comunità dei salesiani e dei canossiani e la comunità missionaria. Stasera non siamo molti, rappresentate solo alcune realtà e parrocchie della diocesi, ma è un inizio e speriamo che tutti colgano la preziosità di questa opportunità.

Dobbiamo lavorare insieme perché il vangelo tocchi anche la vita dei giovani. Per la nostra diocesi io credo che al di là di tutte le iniziative che possiamo immaginare, dobbiamo essere realisti: i giovani bisogna cercarli uno a uno, bussare alla loro porta, invitarli, farceli amici. I veri animatori della pastorale giovanile sono proprio i giovani verso altri giovani.

Voi siete qui stasera e mi piace pensare a voi come a un buon terreno su cui lavoriamo, ma anche come buoni seminatori che in questo tempo semineranno senza il timore di sprecare il seme, di fallire, di avere poche gratificazioni.

Vorrei raccomandarvi per questo tempo “Shemà” che è cura della nostra terra. Per noi è necessario fermarci e lasciare che la Parola ci nutra, ci sostenga, ci indichi la strada. L’Eucaristia domenicale, la preghiera. E poi “insieme” perché questo ci aiuta, ci dà forza, ci dà coraggio. Gli appuntamenti diocesani della pastorale giovanile non rubano nulla alla parrocchia ma se fanno bene alle parrocchie grandi, sono l’unica possibilità per tante parrocchie piccole.

Cari giovani, buon cammino, questo è tempo di semina.

+ Giampaolo Dianin

Vescovo di Chioggia