Sguardo Pastorale

IL POSTO

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Nel gruppo dei discepoli di Gesù spesso si fa strada la domanda “sul posto” che ognuno di loro occupava e che avrebbe occupato un giorno, quando il loro Maestro-Messia avrebbe costituito un nuovo Regno. Ricordiamo quando, per strada verso Gerusalemme, mentre Gesù annuncia la sua passione, loro discutevano su chi fosse il primo. Oppure la scena nella quale la madre di Giacomo e Giovanni chiede, per conto dei figli, che Gesù riservasse loro il posto alla destra e alla sinistra nel suo Regno.

Gesù alla logica umana preoccupata di occupare una sedia, sostituisce la logica evangelica occupata nel servire. Un paio di domeniche fa, però, abbiamo potuto ascoltarlo nel Vangelo che assicurava ai suoi discepoli: “vado a prepararvi un posto”. Gesù non parlava di un luogo fisico ma di quella relazione stabile e permanente con Lui e il Padre che si realizza grazie al dono dello Spirito Santo.

Dall’ascolto della Parola cogliamo allora che nella logica del Regno di Dio il nostro posto è e sarà il modo in cui ci riconosceremo grazie alla relazione con Lui e grazie alla relazione con gli altri. Possiamo dire che troveremo la nostra pace nel momento in cui ci vedremo in modo relativo all’Altro (Dio e il prossimo).

Nello scorso articolo consideravo cosa volesse dire ripensarsi come preti-parroci in relazione agli altri, nella logica di comunità cristiane sinodali dove ogni fedele vive il proprio battesimo e alcuni sanno prendersi la responsabilità di animare la vita cristiana. Accennavo che il posto del presbitero dovrà essere quello del “premerear” di Evangelii Gaudium.

Oggi condivido anche un punto di vista colto in un incontro triveneto dei vicari o delegati della pastorale: se è vero che il nuovo volto delle nostre comunità cristiane dipenderà dal ripensamento della figura del parroco, è vero anche che la prospettiva dovrà essere quella di ripensare il ministero ordinato in relazione agli altri ministeri e viceversa. La preoccupazione, cioè non deve essere quella di ridefinire dei compiti e un ruolo, potremmo dire anche “il posto” da occupare, ma la nostra occupazione prossima dovrà essere quella di riscoprire lo specifico di ogni ministero, nella Chiesa, in relazione agli altri e relativamente agli altri. Nessun ministero basta a se stesso o può sostituire gli altri e finché non li si pensa in relazione reciproca ci sarà sempre il timore che il ministero ordinato debba cedere qualcosa ai ministeri istituiti o di fatto. Contemporaneamente nutriremmo il sospetto che i ministeri istituiti sussistano per gentile concessione del ministro ordinato.

Non è forse il timore di non vedere più riconosciute delle proprie prerogative che amplifica il senso di disorientamento che già si prova di fronte ad un tempo nel quale l’esperienza di fede è vissuta in modo parziale e riduttivo?

Trovo che sia una idea forte, per il nostro ministero di presbiteri, quella di poterci “riconoscere”, di ritrovare il centro e lo specifico della nostra vocazione, e del nostro saperci vivere come preti, in relazione con gli altri fedeli che con noi condividono la grazia del battesimo e il desiderio di annunciare il Vangelo.

Don Simone Zocca

Delegato della Pastorale