Sguardo Pastorale

Il punto e la prospettiva

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La nostra riflessione sinodale ci sta interrogando come Chiesa in Italia su come possiamo uscire per incontrare chi si è allontanato, come possiamo vivere relazioni più autentiche che rendano le nostre parrocchie delle comunità accoglienti, come possiamo garantire l’annuncio del Vangelo in questo tempo. Ci è evidente che soffriamo di un certo svantaggio nella comunicazione perché il linguaggio liturgico non è quello comune, perché i tempi della preghiera e quelli celebrativi non possono corrispondere con quelli cui siamo abituati nella quotidianità. Riconosciamo che fatichiamo a rimanere al passo con i tempi. A questo si aggiungono i nostri limiti e le nostre fragilità umane che penalizzano la bellezza della testimonianza di una vita vissuta alla luce del Vangelo.

Quello che noto è che ci stiamo muovendo ancora nel cercare la formula giusta secondo la quale riconfigurarci con l’aspettativa che si tratterà, in fondo, di imparare a guidare una macchina nuova. Ma non sarà così. Per rimanere nell’immagine: non stiamo cambiando solo l’auto ma la concezione stessa che abbiamo di trasporto. Papa Francesco ci ricorda sempre che non è un’epoca di cambiamenti ma un cambiamento d’epoca.

Credo sia importante che teniamo presente questo nella nostra riflessione, nel nostro discernimento e nelle scelte che faremo, non tanto per darci a sperimentazioni fantasiose ma avere la consapevolezza che essere missionari, essere Chiesa in missione, ci chiede di muoverci con dei punti di riferimento saldi rispetto all’annuncio e alla testimonianza del Vangelo ma con la capacità di ripensarci sempre.

Sarà sicuramente interessante applicarci in questo modo nel pensare la pastorale e le nostre comunità cristiane. Sarà come un fare continuamente il punto della situazione nella prospettiva del cammino. Sarà un continuare a rilanciare il “chi siamo” sul “chi vogliamo essere”.

Pensiamo alla riflessione che stiamo portando avanti in diocesi. Siamo guidati da due idee chiare: rimettere al centro la comunità cristiana, cioè l’esperienza della vita cristiana nella sua autenticità ed essenzialità; e poi, il far maturare la sinodalità nella corresponsabilità della vita di questa comunità cristiana: il sogno, o la prospettiva, di parrocchie nelle quali ogni battezzato e qualcuno in particolare (con l’istituzione di equipe pastorali parrocchiali) si rende responsabile della vitalità della missione della Chiesa. Queste due idee sono state colte dal cammino sinodale del primo anno, quindi sono state evidenziate dal nostro confronto. In questo periodo stiamo cercando di capire cosa concretamente questo significhi e come può essere realizzato.

I punti fermi sono: centralità dell’ascolto della Parola e formazione alla vita cristiana, la celebrazione del giorno del Signore, l’attenzione ai poveri, la cura degli ammalati, una testimonianza credibile nelle relazioni fraterne. Ma in quali spazi e con quali tempi? Lo spazio e il tempo sono le due categorie che non possono essere vissute come prima. Diversi sono gli spazi abitati dalle persone ed è cambiata la concezione del tempo. Se riusciremo a capire come muoverci e a valorizzare il tempo sullo spazio, perché il tempo è superiore allo spazio, allora la nostra non sarà una rincorsa a realizzare una parrocchia all’ultima versione, ma la Chiesa che vive questo tempo.

Don Simone Zocca

Delegato della Pastorale