Sguardo Pastorale

Le nostre giornate e la chiamata alla santità

Facebooktwitterpinterestmail

Sollecitato dalla riflessione propostaci nel ritiro spirituale del clero la scorsa settimana, riprendo qualche provocazione nel tentativo di introdurci assieme nel cammino di questa quaresima.

Il brano evangelico di riferimento che don Nicola Tonello, sacerdote padovano, ci ha commentato è Mc 1, 28-39: ci descrive una giornata tipo di Gesù che, a Cafarnao, viene subissato dalla richiesta di molte guarigioni di malati fin dopo il tramonto, ma non rinuncia a alla fedeltà del rapporto con il Padre nella preghiera e non si gongola nel successo della sua opera spronando i suoi discepoli nel continuare l’annuncio altrove, anche nei villaggi vicini.

La domanda centrale è: come viviamo le nostre giornate, in cosa si affanna la nostra quotidianità? Perché c’è sempre un duplice modo di viverla: “scandita dal ritmo delle cose o segnata dalla volontà di Dio”. La quotidianità non è mai banale e in essa siamo chiamati a realizzare la nostra santità. Dobbiamo dunque fare i conti con ciò che ci occupa perché non sia un peso che subiamo ma sia la strada nella quale ci offriamo nella fedeltà.

Proprio la fedeltà di Gesù al Padre, la fedeltà ad un rapporto quotidiano, radicato nella preghiera, prima ancora di affrontare qualsiasi impegno, gli permette di vivere le due coordinate fondamentali della vita umana, quella dello spazio e quella del tempo, con una intensità pari a nessuno. Gesù è immerso nell’umanità, nel dolore degli uomini, ma vive il tempo nella comunione con il Padre. Lo spazio abitato da molte esigenze non lo soffoca e non lo estranea da ciò che è essenziale.

Il concetto di “fedeltà”, inoltre, ci porta sempre a pensare ad una staticità della vita, e di conseguenza ad un orizzonte noioso nel quale tutto è vissuto, invece essa “chiede costantemente di adattarci, di cambiare, di mettere radici sinceramente, profondamente, nella disponibilità ad andare sempre oltre”, ci ricordava don Nicola, come Gesù stesso ha saputo fare per rimanere fedele alla sua missione, alla volontà del Padre: le sue radici sono rimaste nel Padre e questo l’ha portato ovunque. Potremmo dire che non c’è niente di più dinamico della fedeltà perché ci chiede sempre di adattarci a condizioni nuove rimanendo ancorati a ciò che abbiamo scelto.

Gli spazi, i luoghi, che viviamo li conosciamo ma vale la pena che ci fermiamo a pensare su cosa abita questi spazi e con quale approccio scegliamo di vivere la quotidianità: ci stiamo spendendo per realizzare la nostra vocazione alla santità? Che cosa dobbiamo ridimensionare per non inseguire solo le urgenze e investire su ciò che è importante e decisivo? Come essere liberi per affrontare tutto e rimanere noi stessi?

Gesù alimenta la propria interiorità con un importante tempo dedicato alla preghiera, che apriva o chiudeva la sua giornata; riesce a rimanere immerso nel mistero del dolore umano e a salvare l’uomo dal male perché contemporaneamente è immerso nel mistero del Regno di Dio, lascia cioè che il Padre agisca con lui. “Entriamo allora in questa quaresima chiedendo la sapienza del discernimento per distinguere ciò che è importante nelle cose urgenti e ciò che è deciso nelle cose importanti”.

Don Simone Zocca

Delegato della Pastorale