Il ricordo di chi ha conosciuto e collaborato con Papa Benedetto XVI

Una riconoscente memoria

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Quanto è fissato sulla carta del nostro giornale mi offre la possibilità di ringraziare il Signore per il grande dono che mi ha fatto: quello di essere stato accanto a Papa Benedetto e di averlo servito durante tutto il tempo del Suo Pontificato.

Già avevo avuto la possibilità di leggere diversi scritti del card. Ratzinger, ammirandone al contempo la lucidità e la profondità del pensiero; mi pareva pertanto un sogno essere in quel luogo dove tutto cominciava a parlare di lui e dove si era appena concluso il periodo del grande pontificato di Giovanni Paolo II. Dalle carte dell’archivio ho visto emergere diversi documenti, ammirando la firma autografa di Giovanni Paolo II. Già questo inizio mi lasciava senza parole, grato della paternità di questo grande Pontefice per la Chiesa intera e per la mia vita. Ricordo le tracce dei primi discorsi di Papa Benedetto, i vari documenti che via via prendevano forma in Segreteria di Stato. Come non provare gratitudine per essermi trovato al centro del mondo e nel cuore della Chiesa, con un Pontificato che si apriva, carico di attese e speranze? La commozione e lo stupore furono indescrivibili quando iniziai a fare lo speaker per la lingua italiana alle Udienze Generali del mercoledì, in Piazza San Pietro e nell’Aula Paolo VI. Papa Benedetto arrivando, era sempre pronto al sorriso e disponibile per uno scambio di battute: non l’ho mai trovato distaccato e freddo, come cominciavano allora a dipingerlo polemicamente i vari giornali, Nelle diverse catechesi del mercoledì e in altri suoi interventi, diventava sempre più vivo lo stupore per come potesse parlare a braccio, senza alcuno scritto davanti agli occhi. In quelle occasioni parlava il suo cuore di padre e la sua viva intelligenza da maestro: in quelle occasioni, egli offriva il meglio di sé, della sua fede e della sua umile intelligenza. Impresse nella mia memoria e nel mio cuore, le varie omelie pronunciate nel corso del giovedì santo: puntando la riflessione su alcuni particolari della celebrazione liturgica, offriva a quanti lo ascoltavano il suo profondo pensiero.

Drammatica fu invece la mattinata in cui Papa Benedetto non poté recarsi all’Università La Sapienza di Roma per offrire il suo pensiero e poter dialogare con gli studenti: rimane in me nitidissimo il ricordo di quelle ore, pensando soprattutto allo stato d’animo di Benedetto, così mite e disponibile nel dialogo con tutti. Dialogo che gli venne negato a causa della ferma opposizione di un gruppo di studenti e di professori. Vista l’impossibilità dell’incontro, fu decisa la pubblicazione integrale del discorso. Con grande sorpresa il discorso risultò essere di una straordinaria bellezza e di una linearità senza precedenti: è ancora vivo in me oggi il rammarico che ad una delle menti più lucide e lungimiranti della Chiesa e del mondo non fu permesso di esprimersi.

L’ultimo ricordo che conservo e porterò nel cuore, è legato al saluto da Pontefice, che Benedetto volle accordare a tutti gli Officiali della Segreteria di Stato riunita nel Cortile di San Damaso, prima della sua partenza per Castel Gandolfo. Tornato in territorio vaticano, presso il Monastero “Mater Ecclesiae”, ho più volte rivisto Papa Benedetto, soprattutto in occasione delle magnifiche passeggiate che era solito fare nei Giardini Vaticani: lo salutavo in lontananza non volendo disturbarlo e rispettando il suo desiderio di riservatezza. Dal cielo ora, Papa Benedetto protegga la sua Chiesa, quella Universale, sparsa nel mondo intero, e quella più piccola, la nostra Chiesa clodiense, che a lui ho affidato nei giorni precedenti il Suo funerale, nella Basilica Vaticana.

mons. Paolo Vittorio Vianello