Sguardo Pastorale

Attesa: l’oggi del cristiano

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Eccoci allo sprint finale di questo Tempo di Grazia. Fra una settimana celebreremo solennemente il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio che si rinnova per noi. Sullo sfondo tematico dell’Attesa di Colui che viene siamo stati provocati da concetti forti: vigilanza (siate pronti, svegliatevi!), conversione (preparate la via del Signore!), stupore e gioia (sei tu colui che deve venire?), fede (non temere!).

Sul palco della storia della salvezza, in ascolto della Parola di Dio, si sono alternate delle persone con le loro vite e storie: Giovanni il Battista, Maria, Giuseppe. Quanto accadde a loro e quello che hanno rappresentato è preceduto da una lunga schiera di profeti della speranza. Quello che accomuna tutti loro è la disposizione all’attesa: attendere con perseverante fiducia è stata la chiave della loro spiritualità e della concretezza della loro fede.

La ciclicità del tempo liturgico ci porta a vivere “nuovamente”, di volta in volta, i misteri della nostra fede cristiana; ogni volta che iniziamo un tempo forte ci sentiamo proiettati verso la celebrazione della Solennità, culmine della preparazione. Poi alla gioia della Festa, spesso subentra un allentamento della tensione che ci fa perdere il passo. Succede così anche nella iniziazione cristiana: dopo la ricezione dei sacramenti, molti scompaiono. Succede così nell’andamento abituale della nostra vita di fede: quante volte ci accorgiamo che confessiamo gli stessi peccati o quante volte alla celebrazione eucaristica non fa seguito una vita un po’ più coerente al vangelo.

A cosa è dovuto questo? Gli uomini e le donne di Dio, che hanno preparato la via del Signore, ce lo dicono: ci manca la disposizione all’attesa.

Attendere, infatti, non è solo aspettare che qualcosa succeda o che qualcuno arrivi: questo è uno dei significati ma è quello che meno attaglia alla vita cristiana, perché rimanda ad un atteggiamento passivo e successivamente lascia spazio all’accidia.

Attendere è vivere protesi verso la realizzazione di quanto Dio promette e credere che compia le sue anche attraverso di noi, che ci ha chiamati suoi figli.

Vivere protesi verso la realizzazione delle promesse di Dio ci permette di andare oltre le nostre immaginazioni, intese come costruzioni mentali. Infatti, quando succede che Dio non ci risponda come ce lo saremmo aspettato, subentra con forza la negatività della disillusione. La fede non può essere centrata su una nostra aspettativa ma sulla certezza che Dio parla e realizza. A noi gli occhi per vedere. Credere che Dio compia le sue promesse anche attraverso di noi, ci permette di “vederci” dentro questa storia di salvezza e di sentirci al nostro posto, nonostante le nostre fragilità e il peccato. Se ci pensiamo bene questo è l’unico modo per accorgerci che questo è il tempo che abbiamo ed è un tempo compiuto nella logica della Grazia, per cui non c’è un tempo migliore che verrà se non avremo colto quanto oggi siamo chiamati a vivere: oggi Dio compie la sua Parola.

Don Simone Zocca
Delegato della Pastorale