Sguardo Pastorale

Ministero di accoglienza e ospitalità

DUE GIORNI DEL CLERO (IV) - Dall’antico ministero dell’ostiariato

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Dalla riflessione di don Andrea Toniolo, alla due giorni del clero, emergeva, infine, l’importanza di un quarto ministero: quello dell’accoglienza e dell’ospitalità.

Le misure sanitarie disposte per la ripresa delle celebrazioni in chiesa ci avevano chiesto di individuare delle persone che svolgessero il compito dell’accoglienza delle persone che desideravano entrare per vivere le celebrazioni che si svolgevano. Un servizio che ora non è più richiesto ma che è stato apprezzato, a parte qualche resistenza da parte di alcuni fedeli poco malleabili. Nella riflessione sinodale che stiamo portando avanti, grazie alla provocazione innescata su come poter avvicinare coloro che sono distanti o rimangono esterni alle nostre comunità parrocchiali, in più occasioni è stato affermato l’importanza di mantenere un servizio di accoglienza che faccia percepire il calore umano delle relazioni.

Un tempo, prima della riforma degli ordini minori, attuata da Paolo VI, era contemplata la figura dell’ostiario, colui che apriva e chiudeva la chiesa, la custodiva, suonava le campane, accoglieva chi poteva entrare e impediva l’ingresso a chi non poteva. Alcuni di questi compiti sono passati alla figura del sagrestano, lì dove oggi è possibile averla.

Il ministero dell’accoglienza e dell’ospitalità avrebbe uno sguardo più ampio e potrebbe diversificarsi a seconda di quanto lo intendiamo caricare questo servizio di ecclesialità, quanto cioè lo intendiamo come un ministero che aiuti la parrocchia a diventare una comunità missionaria. Non abbiamo certo bisogno di “butta fuori” dalle chiese, anzi proprio il contrario, ma nemmeno di “impiccioni” molesti. Per quanto possa essere concepito come un ministero di fatto e quindi non istituito (la diocesi di Campobasso-Boiano ha reintrodotto un servizio di fatto nelle parrocchie legato alla carità e all’accoglienza, soprattutto di chi è più lontano), non tutti hanno le qualità per interpretare l’ospitalità di una comunità. Non bastano quindi le buone intenzioni o mettere in pratica una buona intuizione ma persone capaci di relazionalità e discrezione sia se svolgeranno il loro servizio alla porta della chiesa per creare un clima di familiarità teso ad una buona disposizione alla celebrazione, sia se svolgeranno un compito più “in uscita” come lo pensano alcuni teologi nella logica della missione.

Don Andrea Toniolo, infatti, nella sua riflessione ci ricordava quello che il teologo Christoph Theobald suggerisce delineando un ministero dell’ospitalità e dell’accoglienza secondo due caratterizzazioni: la prima, è quella di una persona che si pone in dialogo con quanti sono sulla soglia della chiesa, cioè i non frequentanti i quelli che si sono allontanati; la seconda, è quella di chi visita le persone nei luoghi di vita e nelle famiglie. Si verrebbero così a delineare due nuove figure dai compiti molto più impegnativi e per i quali sarebbe necessaria una formazione discreta e direi anche specifica.

Ci si apre così ad uno sviluppo missionario di ministero antico ma quanto mai attuale.

Don Simone Zocca

Delegato della Pastorale