Sguardo pastorale

Quali strade abbiamo davanti?

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In questo cambiamento d’epoca, come lo chiama Papa Francesco, in cui la Chiesa deve trovare la sua forma più genuina per annunciare il Vangelo, quali sono le strade che ci stanno davanti a riguardo della realtà delle nostre parrocchie?

Dopo un primo lavoro di analisi sul volto della nostra realtà diocesana, alla due giorni di formazione don Andrea Toniolo, del clero di Padova e professore di teologia pastorale presso la facoltà Teologica Triveneta, ci ha accompagnato con una riflessione di approfondimento proprio a partire da questa domanda. Il nodo da sciogliere è se sceglieremo di ricostruirele nostre comunità parrocchiali o se sceglieremo di ristrutturarle.

In Evangelii Gaudium n. 28, Papa Francesco afferma con forza: “La parrocchia non è una struttura caduca; proprio perché ha una grande plasticità, può assumere forme molto diverse che richiedono la docilità e la creatività missionaria del pastore e della comunità. Sebbene certamente non sia l’unica istituzione evangelizzatrice, se è capace di riformarsi e adattarsi costantemente, continuerà ad essere «la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie»”. La questione in gioco non è l’esistenza delle parrocchie in futuro ma la capacità delle nostre comunità di convertirsi in maniera missionaria.  Riguardo a questo, un elemento chiave del cambiamento culturale di questo nostro tempo è quello della mondialità: il cattolicesimo è in maggior parte fuori di Europa, quindi il cattolicesimo europeo è solo un volto della Chiesa e del cristianesimo. La presenza di altri, provenienti da altre culture, può essere una ricchezza anche per noi.

La parrocchia non è allora una struttura finita e, diceva don Andrea, possiamo individuare tre elementi di fatica che ci spingono ad intravvedere i motivi di un rinnovamento: la tensione tra l’ecclesiologia conciliare e la forma giuridica della parrocchia (cioè la forma giuridica può adattarsi pur mantenendo la missione specifica); il cambiamento del ruolo del prete, in riferimento al rapporto con i fedeli laici e alla conduzione del governo delle parrocchie; la mentalità della civiltà parrocchiale: facciamo fatica ad abbandonare l’idea di possedere un territorio.

La crisi di questo tempo non è unica nel suo genere, perché la storia ci ha consegnato continuamente tempi di crisi. La crisi può diventare anche una occasione importante per riscoprire l’essenziale. Cosa tenere come essenziale? Don Andrea ci indicava alcune strade percorribili sulle quali spenderci ora nella nostra conversione pastorale: innanzitutto, l’ascolto del territorio geografico ed esistenziale, l’ascolto della vita delle persone, per intercettare gli spazi di vita; coltivare le relazioni: la parrocchia è chiamata ad essere segno del Vangelo e le relazioni curate sono importanti; la strada dell’essenzialità: dobbiamo fare alcune scelte in base al territorio, alle forze, alle risorse economiche; la strada delle collaborazioni pastorali: oggi non è più possibile fare pastorale senza mettere in atto delle collaborazioni; la conversione nella responsabilità (leadership) della conduzione (governance) delle nostre parrocchie: non è pensabile che sia solo clericale; infine, la strada della ministerialità: la priorità che oggi abbiamo è investire sulla formazione teologica e pastorale delle persone, affinché possano essere coltivate alcune ministerialità nelle nostre chiese.

Don Simone Zocca

Delegato della pastorale