GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE

La gioia di essere con Gesù

Testimonianza delle Serve di Maria Addolorata di Chioggia

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Siamo arrivate in Burundi il 17 settembre 2008: Madre Antonella – adesso Priora Generale – Sr. M. Celeste Pérez Padilla, Sr. M. Rocío Peralta García e io, per vivere questa esperienza d’amore e misericordia tra i più poveri: nonostante i miei limiti, con una volontà libera e gioiosa di donare la vita per soccorrere e aiutare i fratelli in difficoltà. Non avevamo paura, coscienti che Dio ci accompagnava, e ora da 14 anni continuo la mia missione. Questa esperienza mi ha arricchito molto, mi ha fatto e fa maturare e crescere nel senso di appartenenza alla mia famiglia religiosa.

Mai avrei immaginato di vivere in questo paese sconosciuto; bisogna sentire la gioia di essere con Gesù, di confidare in Lui, di pregare senza stancarsi, per fiorire là dove Lui ti porta, disponibile ad imparare per portare speranza, gioia, amando e portando la vita là dove c’è la morte, senza aspettare risultati, che possono esserci oppure no.

Abbiamo una grande responsabilità di testimonianza, a partire dal dispensario medico, inaugurato il 5 agosto 2014, la scuola materna iniziata nel 2011, con i poveri che vivono accanto a noi, nei diversi settori d’apostolato in parrocchia, nel gruppo vocazionale e nel catechismo nelle scuole.

Mettersi al servizio dell’amore è un invito rivolto a tutti i battezzati, un invito gratuito di Dio che ci guarda con amore e aspetta una risposta cosciente, generosa e libera nell’accoglienza, nell’ascolto, dove siamo e dove Lui ci condurrà.

Sr M. Patricia Doria, messicana, missionaria in Burundi


Esperienza di sinodalità

Anch’io sono arrivata in Burundi il 17 settembre 2008, come risposta a una vocazione nella vocazione: trasmettere il nostro carisma e donare la vita con questi fratelli con i quali, senza averli conosciuti prima, oggi mi trovo a vivere condividendo la fede e la chiamata. Con la grazia di Dio ho potuto adattarmi a questo posto: persone, cultura e ritmo di vita. Per me questa è la missione: camminare insieme, più che fare, vivere la vicinanza nel servizio.

Presto servizio nel dispensario medico Maria “Maria Madre della vita” dal giorno della inaugurazione. E’ un servizio molto bello e necessario, essere accanto a coloro che soffrono la malattia fisica e spirituale: l’una porta all’altra.

Le opportunità di crescita come persona e come consacrata sono molte.

Vivere da vicino con chi soffre e vedere le persone riprendersi e stare bene, è una esperienza che non riesco a esprimere a parole.

Le difficoltà non mancano e non mancheranno nella vita consacrata, per tante esperienze di incertezza e di instabilità proprie del luogo. La comunità è formata da noi suore di nazionalità messicana e da suore native burundesi, e anche questo è un aspetto non scontato né facile, a motivo della diversità culturale. Ma l’esperienza mi porta a dire che la sinodalità è possibile.

Un suggerimento per la Chiesa italiana è di continuare a essere aperta e pronta a rispondere nel poco e nel molto; non solo a livello economico, ma nel dono di sé, come nel volontariato, servizio prezioso nelle missioni, dove uno dona non solo quello che sa professionalmente, ma anche la sua esperienza di vita.

Suor M. Rocio Peralta messicana, missionaria in Burundi


Madre Antonella: una lunga esperienza missionaria

Messico, Papua Nuova Guinea, Burundi, e ora in Italia

Sono riconoscente al Signore e alla mia Congregazione per i 22 anni vissuti in tre differenti missioni, che sono state un dono di grande opportunità e ricchezza. L’avere condiviso la fede in tre continenti America, Asia, Africa, così diversi per cultura e tradizione, mi ha fatto sperimentare la bellezza di una Chiesa estesa fino ai confini del mondo, dove il Vangelo si è incarnato e ha prodotto frutti.

Nel 1987, con mia sorpresa, perché ero ancora nei primi anni di vita religiosa, mi è stato chiesto di partire per il Messico. Ho accolto con gioia questa chiamata, forse con un po’ di senso di avventura tipico dell’entusiasmo giovanile, ma anche con grande disponibilità a mettermi in gioco.

Nei primi due anni ho vissuto nella comunità di formazione impegnata nell’animazione giovanile vocazionale. Poi in una parrocchia dove ho avuto l’opportunità di lavorare con un sacerdote di grande visione pastorale e impegnato fortemente nelle opere di carità e promozione umana, dal quale ho imparato tantissimo. Non era giovane, ma aveva una carica impressionante. La domenica celebrava fino a 4 Messe, l’ultima alle ore 20 in una chiesa gremita di fedeli e, nonostante la fatica della giornata, sapeva ancora infondere entusiasmo. Ci teneva all’animazione liturgica e poteva contare su un buon gruppo di laici, lettori, accoliti, ministri, cantori. Quello che ho imparato in quegli anni mi è servito nelle esperienze successive perché ho ricevuto una visione di pastorale corale, a tutto campo, sia nell’evangelizzazione come nel servizio della carità. Una parrocchia, diremmo ora, sinodale. Ora, ultra novantenne, quel sacerdote continua il servizio in una cappella succursale; ha fondato un gruppo di preghiera perché dice che ora quello che manca è la spiritualità.

E che dire della devozione mariana che ho respirato dal popolo messicano? Come è stato bello amare Maria coi miei fratelli messicani, pregarla, partecipare alle processioni, visitare il santuario a Città del Messico, assaporare i colori, i canti, i tanti segni devozionali che accompagnano questa predilezione che la Vergine ha avuto apparendo nelle sembianze di una donna indigena, segno di riconciliazione e di pace, simbolo di un popolo nuovo nato dall’incontro tra due popoli.

Dopo 6 anni in Messico sono stata inviata in Papua Nuova Guinea dove il vescovo Cesare Bonivento chiedeva una nostra comunità. Un cambio notevole, non solo dal punto di vista geografico. In Messico una Chiesa ben avviata con un laicato maturo e dinamico, qui una Chiesa giovane con poche risorse, con missionari tutti stranieri, con tribù che vivono in territori non ancora esplorati in mezzo alla foresta tropicale, raggiungibili con un piccolo aereo o con giornate di cammino. Qui ho vissuto nelle pieghe di una quotidianità semplice, fatta di condivisione della vita e della fede, in uno scenario naturalistico fantastico, nel verde della foresta e nell’azzurro dell’oceano. In questa remota isola la Chiesa è impegnata nella formazione dei laici e dei catechisti, che possono arrivare dove il sacerdote si reca ogni due o tre mesi.

Ritornata in Italia, dopo una pausa di 6 anni per un servizio alla Congregazione come segretaria e consigliera, mi è stato chiesto di iniziare la fondazione in Burundi. Il vescovo ci ha presentato la realtà di una collina, Bwoga, alla periferia della città di Gitega, succursale di una grande parrocchia con più di 20.000 abitanti, descrivendola come zona non facile, dimenticata dall’amministrazione comunale, dove c’era bisogno di una cura pastorale particolare, soprattutto di vicinanza alla gioventù.

Il primo approccio, non conoscendo la lingua kirundi, è stato il saluto, che nella cultura burundese ha un’importanza particolare perché accompagnato dall’augurio di pace: “amahoro”. Questo mi ha aiutato a entrare in relazione con le persone, privilegiando l’apostolato della strada per incontrare i bambini, sempre numerosi, le donne che camminavano frettolose per andare ai campi o al mercato. Quanto è importante questo semplice gesto, qui in Italia sempre più raro: cammini tra le calli, incroci qualcuno, lo saluti e a mala pena ti risponde. Quanto mi manca questo calore fraterno, umano, immediato.

La soddisfazione più grande è stata quella di accompagnare la comunità dei cristiani, vederli crescere, organizzarsi, volere fortemente la presenza di un sacerdote. Ora Bwoga-Chioggia, come è conosciuta la nostra missione, è diventata parrocchia.

Dopo dieci anni di missione in Burundi mi trovo in Italia come Priora Generale della Congregazione. E’ la mia nuova missione, un servizio non facile in questi tempi di poche vocazioni e di invecchiamento delle suore. Ho accettato con spirito missionario perché porto con me tutta la ricchezza dei 22 anni di missione. Posso anzi dire che mi sento più missionaria ora. Quando vedo le nostre chiese semi vuote, le nostre liturgie, penso al fervore dei fratelli che ho incrociato in Messico, in Papua e in Burundi e mi dico che ora la missione è qui.

Ovunque ho constatato quanto gli italiani sono apprezzati per la generosità, il sostegno alle missioni, la testimonianza di volontari – ne sono venuti tanti in questi anni anche nelle nostre missioni – ma questo non basta all’opera di evangelizzazione. Oggi siamo noi che abbiamo bisogno della freschezza di queste giovani Chiese.

Mi ritrovo nel cammino sinodale intrapreso da Papa Francesco e mi auguro che le nostre comunità in Italia e nella nostra diocesi diventino sempre più missionarie, aperte, capaci di umanità, che sanno riunirsi per celebrare e condividere la fede in semplicità incarnandola nella vita di tutti i giorni.

Comunità dove si condividono gioie e speranze alla luce del Vangelo.

Sr M. Antonella Zanini, Priora Generale