Sguardo pastorale

Cantieri di ascolto

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Ritorno sul testo della lettera del vescovo Giampaolo per questo secondo anno del cammino sinodale per soffermarmi su un aspetto che sarà fondamentale per il nostro cammino e il nostro futuro discernimento: l’ascolto e la conversazione.

Un secondo anno di ascolto non per ridirci le stesse cose ma per focalizzarci sulle questioni prioritarie che dovranno segnare il passo sia di una conversione pastorale ma anche di una riappropriazione delle dinamiche più genuine e autentiche che devono caratterizzare una comunità cristiana.

Quattro sono i cantieri su cui ci concentreremo ma, mi verrebbe da dire che potremmo esplicitarne anche un quinto: quello dell’ascolto e della conversazione. Nella lettera pastorale il vescovo ci spiega bene il metodo della conversazione spirituale affinché possiamo ascoltarci e dialogare sui temi e ambiti che ci sono indicati. Lo abbiamo sperimentato, in parte, anche in alcuni incontri di formazione del clero arricchendo il nostro confronto. Dicendo che sottotraccia c’è il quinto cantiere del dialogo e della conversazione non mi riferisco ad un metodo ma ad un vero e proprio processo umano e pastorale.

Da una parte è importante imparare a parlarsi e a condividere le idee in vista di una analisi, di un giudizio e di una scelta. Per questo il metodo della conversazione spirituale è strutturato in alcune fasi: l’ascolto della Parola del Signore che diventa preghiera del cuore e giusta disposizione al dialogo; l’ascolto dell’altro che chiede a tutti i partecipanti di mettersi in gioco e di esporsi; la condivisione del proprio vissuto nell’esperienza e nei sentimenti che l’hanno accompagnata; l’individuazione e condivisione di ciò che del racconto dell’altro ci ha colpito, per superare i nostri punti di vista individuali e scegliere le priorità che emergono.

Dall’altra, è importante innescare un processo, cioè appunto adottare il dialogo e l’ascolto come tempo di grazia che ci porta ad una reciproca conversione. Una conversione che è un convergere verso scelte condivise ma anche un cambiare noi stessi per mettere al centro non più l’io ma il noi. Penso a come dovrebbero essere gestite le divergenze e i conflitti che inevitabilmente sorgono in un gruppo di persone che lavora assieme o devono coordinare dei servizi in ambito ecclesiale. A volte non è solo questione di avere pareri diversi o di accentuare una questione piuttosto che un’altra, ma di differenze di fondo, per cui è necessario non perdere di vista l’obiettivo generale, o particolare, che si vuole raggiungere perché indicato o da un discernimento comunitario o dalla guida della comunità. Bisogna sapersi spogliare di se stessi per vivere un compito, una mansione, un servizio, come ministero nella Chiesa e in nome della Chiesa. È fondamentale limitare al minimo l’influenza che le posizioni individuali possono avere sul buon esito dei nostri sforzi pastorali, sapendo che ci è stato affidato un dono e la conseguente responsabilità di renderlo fecondo non per noi stessi ma per il Vangelo.

Don Simone Zocca

Delegato della pastorale