Sguardo pastorale. Sinodo

Praticare una spiritualità sinodale

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Continua la sintesi “rielaborata” del documento “Per una spiritualità della sinodalità” della Commissione di Spiritualità della Segreteria del Sinodo della Chiesa universale. Il secondo capitolo, “Praticare una spiritualità sinodale – Sviluppare un habitus sinodale”, permette di cogliere le caratteristiche di un modo, di uno stile, di un habitus (cioè l’attitudine interiore che caratterizza i comportamenti esteriori), da mantenere come singoli e come Chiesa.

La prima caratteristica è la contemplazione. Una spiritualità sinodale attinge dalla contemplazione del mistero di Dio e di come esso si rivela nella storia. La contemplazione è uno sguardo fisso sul mistero, ma aperto a ciò che Dio opera e rivela. Cerca l’incontro con il Dio della vita che continua ad agire nel “tempo e oltre il tempo”. È contemplazione di ciò che Dio ha già compiuto nella storia degli uomini, è focalizzazione sui beni spirituali e sacramentali che la Chiesa custodisce, è apertura gratuita alla missione nel mondo.

Questo sguardo al futuro non è aspettativa di un tempo idealizzato, ma una duplice consapevolezza: un impegno personale e perseverante nella testimonianza del Vangelo e un’apertura a quanto di inatteso ancora la Grazia di Dio può presentarci.
La seconda caratteristica è l’ascolto: protesi verso ciò che Dio ha da autocomunicare; attenti a ciò si muove nel mondo e a ciò che affligge l’umanità. La consapevolezza di ciò che si porta nel cuore per poter capire ciò che si sta ascoltando dell’altro. Abbiamo affermato già, nella nostra riflessione sulla sinodalità, che l’ascolto apre all’incontro con l’altro e con la sua storia, valorizzando la persona nella sua unicità. L’ascolto è un dono di riconoscimento dell’altro, ma diventa anche espressione concreta di un impegno etico a camminare con lui.

Il terzo elemento è il discernimento. Dice uno stile pellegrinante del credente e della comunità ecclesiale. La Chiesa è affidataria della missione del Cristo per il mondo ed ha la responsabilità di annunciare e testimoniare il Regno dei Cieli in autenticità e fedeltà, quindi «per essere sicura che si tratta della strada su cui Dio la sta conducendo, la Chiesa è sempre attivamente impegnata nel discernimento». Il discernimento è “un atto teologico”, direi anche teologico-pratico, proprio perché è «il dono della sapienza per vedere tutte le cose in relazione a Dio e per riconoscere (in esse) il desiderio di Dio per il bene umano». Il discernimento si realizza sempre nel contesto della preghiera perché il nostro spirito ascolti la voce dello Spirito.

La preghiera che Gesù ci ha insegnato, il Padre Nostro, è alla portata di tutti per chiedere il dono del discernimento, per gli elementi in essa contenuti: l’orientamento a Dio della propria vita, la consapevolezza che amare Dio significa cercare la sua volontà, scoprire che Dio ha uno scopo per l’umanità intera, la consapevolezza che dobbiamo cambiare le nostre relazioni e le nostre responsabilità.

Don Simone Zocca
Delegato della Pastorale