Comprendere la Bibbia - 105

La formazione dei vangeli

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I vangeli si presentano come una serie di unità letterarie isolabili, sono sostanzialmente formati da brani più o meno estesi: una parola di Gesù, una parabola, un miracolo, una scena della vita di Gesù. Ognuna di queste unità letterarie ha una sua autonomia. Per capirla non serve né il testo che precede né quello che segue. A differenza di un libro di storia o di un romanzo, il vangelo si può aprire a qualsiasi pagina e capire il brano senza dover necessariamente conoscere ciò che lo precede. Questo perché, in origine, i brani sono stati trasmessi indipendentemente l’uno dall’altro, e l’evangelista li ha inseriti nella sua opera a sua discrezione. Lo stesso detto di Gesù all’interno dello stesso vangelo o passando da un vangelo all’altro può essere collocato in contesti diversi, così l’espressione: Chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato si trova in una esortazione sulla vera grandezza in Matteo (23,12), a conclusione della parabola dell’ultimo posto in Luca (14,11), alla fine della parabola del fariseo e del pubblicano, sempre in Luca (18,14).

La stessa cosa vale per la localizzazione dei fatti. Interi episodi, perduta la collocazione originale nella vita e nel ministero di Gesù, vengono inseriti dall’evangelista là dove lo ritiene più opportuno per esigenze narrative o teologiche. Nel Quarto vangelo, per esempio, Gesù inizia la sua missione con la cacciata dei venditori dal tempio (Gv 2,13ss); lo stesso episodio i primi tre vangeli lo pongono dopo l’entrata solenne a Gerusalemme durante l’ultima settimana della vita di Gesù (Mc 11,15ss). Marco colloca la visita di Gesù a Nazareth verso la fine del periodo galilaico del ministero di Gesù (6,1ss), mentre in Luca dà inizio a questo periodo (4,14ss).

Anche quelli che chiamiamo «discorsi» in realtà sono raccolte di parole di Gesù, ma non si sa più dove e quando furono pronunciate. Ad esempio, il «discorso della montagna» di Mt 5-7 inizia con le parole: Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: Beati… (Mt 5,1-2), e viene concluso da: Quando Gesù fu sceso dal monte… (Mt 8,1). Questi tre capitoli, però, non sono un vero e proprio discorso pronunciato da Gesù in un luogo determinato, ma detti di Gesù raccolti intorno al tema delle esigenze che devono caratterizzare la vita del discepolo. L’inizio e la fine del «discorso» non danno un’informazione storica, ma sono solo l’introduzione e conclusione letteraria che delimita l’insieme. In altri termini, la montagna non è da localizzare geograficamente, ma ha un valore simbolico, richiama al lettore il monte Sinai dove Dio rivelò a Mosè la Legge. Così, la «montagna» di Mt 5,1 indica che Gesù dà al nuovo popolo di Dio la legge della nuova alleanza. Quando poi l’evangelista scrive: Quando Gesù fu sceso dal monte, molta folla lo seguiva. Ed ecco un lebbroso… (Mt 8,1s), non significa che Gesù abbia guarito questo lebbroso ai piedi della montagna dopo aver pronunciato il discorso. La formulazione serve solo da transizione letteraria tra il «discorso della montagna» e il raggruppamento di dieci miracoli di Mt 8-9. La guarigione del lebbroso è certamente un fatto storico, ma non sappiamo quando e dove fu compiuta.

Sapere che ci troviamo di fronte a raccolte di detti e fatti di Gesù risolve alcuni problemi che i vangeli, se confrontati tra loro, presentano. Tornando all’esempio di prima, non esiste nessuna contraddizione tra quanto scrive Matteo e quanto scrive Luca nell’introduzione al discorso: Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna … e disse: Beati … (Mt 5,1); Poi Gesù scese con i dodici dalla montagna … e disse: Beati … (Lc 6,17). In entrambe i casi si tratta solo di un’introduzione redazionale a una raccolta di detti di Gesù e non di una notizia storica. Ogni evangelista inquadra il «discorso» secondo il proprio punto di vista. Inutile quindi cercare un compromesso e voler collocare il discorso su un «altopiano», a metà strada tra la montagna (Mt) e la pianura (Lc)!

Il fatto che la tradizione cristiana antica e gli evangelisti abbiano raccolto per genere o per tema le parole e i fatti di Gesù diviene una prova in più che l’intenzione primaria della Chiesa, nel trasmettere questo materiale, non era di ordine biografico. Il motivo fondamentale era la loro utilità per la vita della comunità cristiana. Il vangelo non ci avvicina solo a Gesù di Nazareth risorto e presente nella Chiesa, ci rivela anche qualche cosa della vita, dei bisogni e degli interessi della Chiesa primitiva.

Gastone Boscolo