Sguardo pastorale

Tempo di pienezza e di opportunità

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Ho ancora in orecchio la Parola esigente, e umanamente sconcertante, di Gesù: “Amate i vostri nemici”, di domenica scorsa, e siamo alle porte della Quaresima, tempo forte per la nostra conversione. La Buona Notizia del Regno di Dio non attende tempo per chiedere la conversione del nostro cuore: d’altra parte cosa resta da attendere, per noi, dopo aver ascoltato Cristo? Le folle andavano a lui per avere del pane, poi qualcuno ha capito che bastavano le briciole di quel pane di vita che salvava e liberava dalle catene del male e della morte, e tornavano a casa sazi di speranza. Per quanto esigente ci sembri la sua Parola, lui non impone nulla ma dona solamente: diversamente rischieremmo di sentirci schiacciati da qualcosa che è più grande di noi e che solo per grazia possiamo fare nostro.

Come Chiesa e credenti abbiamo «la possibilità di rendere questo tempo “un tempo pieno”, cioè pronto all’incontro personale con Gesù», afferma la Presidenza della CEI nel suo messaggio per questa quaresima. Siamo chiamati ad una triplice conversione: all’ascolto, alla realtà, alla spiritualità.

Conversione all’ascolto non intende dire solamente “dare la parola all’altro”, ma prima ancora significa predisporsi al cambiamento che porterà nella nostra vita ciò che avremo ascoltato. La conversione all’ascolto, dunque, chiede la rinuncia della supponenza e dell’autoreferenzialità per rimanere sensibili al soffio dello Spirito, per cui possiamo cogliere un primo stimolo: «Questa prima conversione implica un atteggiamento di apertura nei confronti della voce di Dio, che ci raggiunge attraverso la Scrittura, i fratelli e gli eventi della vita. Quali ostacoli incontra ancora l’ascolto libero e sincero da parte della Chiesa? Come possiamo migliorare nella Chiesa il modo di ascoltare?».

Conversione alla realtà per rimanere continuamente ancorati al tempo che viviamo come il tempo dato da vivere: potremmo lasciarci scoraggiare dalle disillusioni con cui dobbiamo fare i conti a motivo della pandemia, potremmo essere tentati dall’intraprendere delle scorciatoie per tanti motivi anche ragionevoli, ma «la fede non è una bacchetta magica».  Questo tempo che viviamo, come spesso ci richiama il Papa, ci chiede di intraprendere dei processi, quindi dei percorsi lunghi per quali serve pazienza: solo con la pazienza di Cristo possiamo riappropriarci del tempo «restando aderenti alla realtà». Per cui dobbiamo lasciarci interrogare dalla realtà per scorgere le novità di questo tempo e chiederci anche: «Di quanta pazienza è capace il cuore dei credenti nel costruire soluzioni per la vita delle persone e della società?».

Conversione alla spiritualità, infine, è la conversione del nostro sguardo per «scorgere l’azione dello Spirito, che rende ogni epoca un “tempo opportuno”». In questo ci può aiutare il Cammino sinodale che abbiamo iniziato come Chiese in Italia, che sta facendo maturare «un modo nuovo di ascoltare la realtà per giudicarla in modo spirituale e produrre scelte evangeliche». Essere spirituali o meglio ancora essere simili all’uomo celeste, Cristo, contrapposto all’uomo terreste, come ci ricorda l’apostolo Paolo nella prima lettera ai Corinti, non significa essere alienati dalla storia: anzi radicati in essa per cambiarla. Siamo abbastanza liberi di cuore per riconoscere che anche nel nostro tempo ci sono opportunità di amore? E «quale lettura spirituale possiamo fare della nostra epoca, per progredire spiritualmente come singoli e come comunità credente?».

Don Simone Zocca

Delegato per la Pastorale