Riflettendo sul Vangelo - Quinta Domenica del Tempo Ordinario, Anno C

La Vocazione: un compito per tutti

Vangelo di Luca 5,1-11

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Inizio la riflessione sul brano del Vangelo di Luca di questa domenica, dando uno sguardo anche alle altre due letture che la liturgia ci propone perché presentano tutte e tre dei racconti di vocazione.

Ad Isaia Dio si rivela e gli chiede disponibilità al suo servizio; il giovane profeta dà l’assenso alla chiamata, rendendosi pronto alla missione che Dio gli indica: “Eccomi, manda me”. Paolo, nella lettera ai Corinzi, descrive la sua missione, nella quale presenta la vicenda di Gesù morto e risorto, una missione che ha ricevuto, “ultimo fra tutti”, da Cristo che gli è apparso. E aggiunge: “Per grazia di Dio sono quello che sono…”. Luca, infine, narra la chiamata dei primi apostoli: Pietro, che lavora sulla barca con il fratello Andrea, e gli altri due fratelli, Giovanni e Giacomo, soci dei primi due nel non facile lavoro di pescatori.

La vicenda di questi protagonisti ci dice che ci sono dei momenti nella vita in cui Dio si rivela anche a noi, ci chiama a seguirlo, non in modo spettacolare ma nei modi più diversi. Sta a noi riconoscere la sua voce, discernere i segni della sua volontà. È nell’ ascolto della sua Parola, nella contemplazione, nella preghiera, che ci rendiamo pronti e disponibili ad accogliere la sua chiamata, che non è riservata a pochi eletti – a volte, infatti, pensiamo che la vocazione sia riservata ai soli sacerdoti, ai religiosi e alle religiose – invece è rivolta a tutti in forza del battesimo ricevuto. Dio ci chiama per affidarci un compito, per coinvolgerci nel suo progetto di salvezza. La risposta a volte è immediata, gioiosa, altre volte è titubante, perplessa, ma alla fine, è importante dire il nostro “eccomi”.

La bella notizia di oggi è un messaggio semplice e immediato: Gesù chiama. La vita del cristiano è vocazione per la missione. Dio vuole salvare gli uomini servendosi di altri uomini che collaborino con la sua opera. Vale per Isaia, come per gli Apostoli e per Paolo, ma anche per tutti noi cristiani. Non si è cristiani soltanto perché facciamo qualche opera buona o perché cerchiamo di evitare il peccato. Si è cristiani perché si cammina al seguito di Gesù per portare la luce della fede nel mondo, per chiamare altri uomini e donne a mettersi al servizio del regno di Dio. Ogni cristiano è chiamato e mandato: come Isaia, “per” Dio; come gli apostoli, per diventare “pescatore di uomini”; come S. Paolo, a “faticare per il Vangelo”.

Quando diciamo “sì” o “eccomi” alla chiamata del Signore, la nostra libertà si intreccia con l’iniziativa dello Spirito Santo donatoci nel Battesimo per essere fedeli.

Di fronte alla presa di coscienza della nostra vocazione, viene spontanea una domanda: Vale proprio la pena seguire il Signore? Vale la pena mettersi in ascolto della chiamata di Dio, per scoprire il progetto da Lui riservato per ciascuno di noi? Vale la pena essere fedeli alla nostra vocazione?  Di fronte al Signore che fa irruzione nella nostra vita, che ci sceglie, ci chiama, ci invia per una missione, c’è la tentazione di tirarci indietro, consapevoli della nostra pochezza, dei nostri limiti, dei nostri peccati, ma è anche vero che questa constatazione non ci impedisce di rispondere come Isaia: “Eccomi, manda me”, o di ripetere il gesto dei discepoli, che lasciarono tutto e seguirono Gesù.

Se seguiamo l’itinerario di Isaia, di Paolo e di Pietro e gli altri Apostoli, diventiamo degni proprio in quanto peccatori. Peccatori perdonati e ogni giorno guariti e amati dalla grazia di Dio, noi possiamo annunciare e testimoniare con la vita la forza e la tenerezza di quella Parola che continuamente perdona, risana, guarisce, diventando anche noi, per un’attrazione misteriosa, pescatori di uomini, fino a coinvolgere tante persone che ci vivono accanto.

Don Danilo Marin