Seminario di Padova

Quattro tessere dal Seminario di Padova

Facebooktwitterpinterestmail

Una delle immagini che a don Giampaolo piace usare nelle omelie è quella delle tessere. Se siano di un mosaico, di un puzzle, del domino o di quelle che si tengono nel portafoglio, non abbiamo mai osato chiederglielo. Anche perché ogni volta erano diverse, per numero e per specie. Ciò che conta, però, è che con queste riusciva a restituire a noi seminaristi tanti buoni spunti sulla Parola di Dio; al punto che, se qualcuno avesse avuto la costanza di segnarsele, ora avrebbe a disposizione un formidabile archivio. Purtroppo – don Giampaolo direbbe per fortuna – a nessuno è mai venuta questa brillante idea.

Cosa meglio di quattro tessere, a partire da alcuni luoghi del Seminario, per raccontare questi anni? Il quadro sarà incompleto, così potrete chiedere a lui il resto: tornerà di certo con piacere a ricordare gli anni passati all’ombra del Barbarigo.

L’ufficio. Il luogo dei colloqui, almeno tre all’anno, molti di più in tempo di discernimento. Al termine si può sempre pescare da una fornitissima cesta di cioccolatini, motivo per cui alcuni seminaristi chiedono più frequentemente un incontro. Non si fa in tempo ad accomodarsi che il rettore già inizia a prendere appunti su suoi ordinatissimi quaderni. Immancabilmente arriva la sua nota: «L’ultima volta ci eravamo detti…». E poi le domande sulla comunità, la parrocchia, la vita spirituale, gli studi, il percorso psicologico: niente è escluso, ma di tutto si può sempre serenamente parlare.

La cappellina dell’Annunciazione. Il luogo della preghiera. Al mattino don Giampaolo è tra i primi ad arrivare. Gli piace alzarsi presto per dedicare un tempo disteso alla preghiera personale. Il sonno lo recupera dopo pranzo: nelle sue stanze si fa sempre buio fino alle tre del pomeriggio. In cappellina ci si ritrova anche la domenica per la compieta, preceduta dalla presentazione del programma che attende la comunità nei giorni che seguono. «È una settimana tranquilla» vale per il 90% delle volte, ma soprattutto per le settimane piene di cose da fare.

L’Agorà. Il luogo della gratuità. Non che al bar del Seminario sia tutto gratis, anzi; don Giampaolo è il primo consumatore di caffè e se ogni anno il bilancio è in attivo – si tratta evidentemente di un unicum nell’ampio ventaglio delle attività del Seminario – buona parte del merito è sua. In Agorà si passa dopo i pasti a fare due parole, sfogliare il giornale commentando le notizie, in genere aspettando qualche sua battuta. Spesso, dopo cena, c’è anche lo spazio per confrontarsi sulle questioni più serie, per chi ha tempo e voglia.

Borca. Il luogo degli inizi. Il Seminario comincia sempre con alcuni giorni sul monte. Nel tempo molto è cambiato, ma non gli incontri d’introduzione ai vari ambiti dell’anno formativo: troppa la soddisfazione del rettore nell’aprire nuovi “cantieri” e consegnare decine di foglietti di diversi colori, con quel soave clic degli anelli delle cartelline che gli regalava sempre un sorriso. Perché la vita è fatta anche di piccole gioie e don Giampaolo in questi anni ha avuto la grazia, e la sapienza, di trovare le sue. II Signore non mancherà di donarne anche lì dove l’ha posto come vescovo. Grazie di tutto don Giampaolo, e buon cammino!

 

don Davide Ciucevich, diacono del Seminario di Padova

 

+ FOTO SPECIFICA