Cattedrale di Padova - Domenica 16 gennaio 2022

Ordinazione Episcopale di S.E.Mons. Giampaolo Dianin

Cronaca del rito di ordinazione episcopale di mons. Giampaolo Dianin, nuovo vescovo di Chioggia

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Cronaca del rito

Domenica 16 gennaio in Cattedrale a Padova si è celebrata la solenne eucaristia con l’ordinazione episcopale di mons. Giampaolo Dianin, nominato vescovo di Chioggia, lo scorso 3 novembre 2021.

La celebrazione con il rito di ordinazione è stata presieduta dal vescovo di Padova Mons. Claudio Cipolla, assieme ai coconsacranti vescovi emeriti di Padova, Mons. Antonio Mattiazzo, e di Chioggia, Mons. Adriano Tessarollo.

Hanno concelebrato inoltre il patriarca di Venezia e metropolita della Provincia ecclesiastica di Venezia, mons. Francesco Moraglia insieme ad altri 13 vescovi.

Oltre ai vescovi hanno concelebrato i vicari generali delle Diocesi di Padova di Chioggia e di Verona; i rettori dei seminari del triveneto, i cancellieri delle Diocesi di Padova e di Chioggia; i vicari episcopali di Padova, il presidente del Capitolo della Cattedrale di Padova, gli arcipreti delle Cattedrali di Padova e di Chioggia e ancora numerosi altri sacerdoti della Diocesi di Padova e una delegazione di presbiteri e diaconi e fedeli di Chioggia.

Tra le autorità: il sindaco di Padova, Sergio Giordani, l’assessore Valentino Turetta del Comune di Teolo (paese d’origine di mons. Dianin), i sindaci dei comuni presenti nel territorio della Diocesi di Chioggia: Adria, Chioggia, Cavarzere, Porto Tolle, Porto Viro, Rosolina.

Rito di ordinazione

Il rito di ordinazione ha visto la presentazione del vescovo eletto mons. Giampaolo Dianin da parte di mons. Francesco Zenna, vicario generale della diocesi di Chioggia e don Nicola Tonello, direttore spirituale del Seminario di Padova. Il cancelliere della Diocesi di Chioggia, don Simone Zocca ha successivamente letto la Lettera apostolica con cui papa Francesco il 3 novembre scorso ha nominato Dianin vescovo di Chioggia.

Dopo l’omelia del vescovo Claudio Cipolla, mons. Giampaolo Dianin ha confermato i suoi impegni di fedeltà al ministero apostolico, alla predicazione del Vangelo, all’obbedienza al Papa; di custodia e cura del popolo di Dio e dei presbiteri a lui affidati; di accoglienza e misericordia verso i poveri; di osservanza della preghiera e dell’esercizio del ministero sacerdotale.

Il rito ha visto poi l’imposizione delle mani sul capo dell’eletto da parte del vescovo Claudio Cipolla e a seguire di tutti i vescovi concelebranti, quindi l’imposizione del Vangelo sul capo del nuovo vescovo, l’unzione con il crisma, la consegna del Vangelo, dell’anello, della mitria e del pastorale. E quindi il neovescovo è stato invitato a sedersi “primo” fra tutti i vescovi concelebranti.

Al termine della celebrazione eucaristica il vescovo Giampaolo Dianin ha percorso la navata per la benedizione dei fedeli.

Prima della conclusione hanno preso la parola il patriarca di Venezia e metropolita della Provincia ecclesiastica di Venezia mons. Francesco Moraglia e subito dopo lo stesso mons. Dianin.


LA LETTERA APOSTOLICA

FRANCESCO VESCOVO SERVO DEI SERVI DI DIO

al diletto Figlio

GIAMPAOLO DIANIN

del clero della Diocesi di Padova

e in essa fino ad oggi Rettore del Seminario e Docente,

eletto Vescovo di Chioggia,

salute e Apostolica Benedizione.

Lasciamoci fecondare dalla rugiada della fede in Cristo, la cui virtù opera oltre le forze umane, ed è conoscenza alla quale l’intelletto acconsente, necessaria per la salvezza dell’anima, e lasciamoci inondare dalla sua luce, perché si formi in noi l’immagine di Dio e possiamo così contemplarla secondo le nostre forze (cfr. s. Cirillo di Gerusalemme, Catechesi 5, 11).

Posto questo fondamento alla vita interiore e come sprone della stessa sollecitudine pastorale, volgiamo l’animo con amore paterno ai bisogni spirituali del gregge di Chioggia, che per ora è privo del suo Vescovo dopo la rinuncia del Venerabile Fratello Adriano Tessarollo e che attende per guidare la vita della Diocesi il suo nuovo Pastore.

Rivolgiamo dunque il pensiero a te, diletto Figlio: distinto per qualità umane e sacerdotali, stimato professore di Teologia morale, sembri a Noi idoneo a esercitare questo ufficio in modo adeguato.

Pertanto, udito il consiglio della Congregazione per i Vescovi, con la pienezza della Nostra autorità apostolica, in forza di questa Lettera ti nominiamo VESCOVO DI CHIOGGIA, assegnandoti i diritti che ti spettano e imponendoti i relativi doveri.

Ti concediamo di ricevere l’ordinazione episcopale, nell’osservanza delle norme liturgiche, da un Vescovo della Chiesa cattolica, dopo aver emesso la professione di fede e il giuramento di fedeltà a Noi e ai Nostri Successori, secondo i sacri canoni.

Vogliamo che questa Nostra decisione sia portata a conoscenza del clero e del popolo di questa comunità ecclesiale, e li esortiamo ad accoglierti come un padre da amare e un maestro da ascoltare, compiendo con cuore sincero la volontà di Cristo nella vita di ogni giorno.

Possa tu dunque pascere questo gregge, diletto Figlio, con quella pienezza d’amore che non fa alcun male al prossimo (cfr Rm 13, 10), affinché sotto la tua guida saggia, rivestito del Signore Gesù Cristo e adempiendo il precetto della misericordia, della compassione e della giustizia, doni con larghezza ai poveri e sia, nelle tenebre, luce per i giusti (cfr Sal 112, 1.4).

Dato a Roma, in Laterano, il giorno 3 del mese di novembre, nell’anno del Signore 2021, nono del Nostro Pontificato.

FRANCISCUS PP.


OMELIA DEL VESCOVO CONSACRANTE MONS. CIPOLLA

Omelia del vescovo di Padova, S. E. mons. Claudio Cipolla

Domenica 16 gennaio 2022

Carissimo Giampaolo, voglio dirti innanzitutto questo: non sei solo oggi in questa esperienza di consegna al Signore Gesù! Ancora una volta, e in forma ancora più coinvolgente, ti consegni al Signore Gesù e non sei solo.

Nel tuo “Eccomi” c’è la Chiesa di Padova, madre della tua fede e sorella e figlia del tuo ministero. È rappresentata dai Seminaristi – molti di loro oggi sono preti – e dal Seminario, al quale tu hai dedicato tanto di te stesso come docente di morale e rettore; è rappresentata dai confratelli presbiteri, dai diaconi, e in particolare dalle famiglie e dagli sposi che hai servito perché abbiano consapevolezza della loro vocazione; dalla tua famiglia e dalle comunità di Teolo e Mestrino; ci sono anche giovani, uomini e donne di vita consacrata, le comunità cristiane sparse sul territorio.

Sono presenti per accompagnare il tuo “Eccomi” i vescovi del Triveneto, con il Patriarca Francesco, il nostro caro vescovo Antonio, il Vescovo Adriano, altri confratelli vescovi, tuoi amici, e gli Abati di Santa Giustina e di Praglia.

La nostra presenza e vicinanza umana, insieme alla nostra preghiera, sono quanto noi possiamo offrirti: amicizia, stima, trasparenza, fiducia… è il nostro contributo perché i tuoi carismi possano effondere il loro profumo e rallegrare il cuore di tanti.

Non potevano mancare oggi i cristiani di Chioggia, con il vescovo Adriano che li ha accompagnati in questi ultimi anni. Per loro infatti il Santo Padre ha domandato la tua disponibilità. Per loro hai detto “Eccomi” a questa chiamata straordinaria.

Le Chiese di Padova e Chioggia sono con te, ti vogliono bene e vedono in questa scelta una circostanza da leggere con occhi nuovi: come i servitori di Cana, le nostre Chiese hanno riempito di acqua gli otri.

Secondo l’indicazione della madre di Gesù, stiamo facendo quello che, tramite il vescovo di Roma, ci è chiesto da Gesù. Facciamo quello che lui dice!

Sappiamo che si tratta di partecipare, oggi, ad un miracolo: trasformiamo non acqua in vino, ma un uomo, già presbitero, già diacono, già cristiano in vescovo, segno visibile di unità e di comunione, segno di Cristo che serve, guida, presiede la sua Chiesa, segno dello sposo che ama la sua sposa “sicut et Christus dilexit ecclesiam”.

Noi facciamo quello che possiamo (questo mi dice il numero sei delle giare, questo mi dice l’acqua), ma siamo consapevoli che quella festa di nozze non si conclude a Cana e che quello fu solo l’inizio dei segni.

Anche oggi, o Signore, manifesta la tua gloria e fa’ che tutti noi, tuoi discepoli, crediamo in te.

Ad indicare che c’è del nuovo, che non si tratta del vino di prima ma di un vino più buono, concorrono i riti che vivremo tra poco: i nostri silenzi che ci raccolgono in ascolto, in preghiera, e che portano i nostri occhi a percepire i segni; le invocazioni dei santi, soprattutto dei santi protettori di Padova e di Chioggia, san Felice e Fortunato suoi patroni; la presenza della reliquia del cuore di san Gregorio custodita in Seminario e il suo corpo custodito in questa Basilica Cattedrale. Il vino nuovo e più buono è la nostra appartenenza alla nuova creazione, al mondo nuovo evocato dal “terzo giorno” in cui si colloca questo evento. Il segno di Gesù compiuto a Cana ci riporta direttamente alla Risurrezione di Gesù di cui noi siamo figli. Dalla Risurrezione prendono senso non solo le nostre celebrazioni ma tutta la vita nuova dei figli di Dio. Cieli e terre nuovi, e uomini e donne nuovi: come il vino, come il nostro servizio. Questa bontà e questa novità creano oggi il vescovo di Chioggia che, come ci suggerisce la donna dell’Apocalisse, proviene dal Cielo, da Dio.

Sei vescovo della Chiesa santa, universale, legata agli stessi apostoli di Gesù, una: a te è affidato di annunciare il Vangelo, la grande novità del vino più buono, ad un territorio con i suoi tre fiumi e alla sua gente, gente di mare, gente di lavoro, gente del XXI secolo: tra questi fiumi e tra questa gente da secoli ormai vive una comunità di credenti in Gesù.

Per essere il loro vescovo puoi trovare ispirazione dalla donna-madre di Gesù, immagine della comunità dei credenti.

Dante stesso cita le nozze di Cana:

In opposizione agli invidiosi presenta la donna-madre di Gesù attenta agli altri:

«La prima voce che passò volando

“Vinum non habent” altamente disse

e dietro a noi l’andò reiterando» (Purgatorio XIII 28-29)

evidenziando l’attenzione della donna ai problemi, alle mancanze e sofferenze, ai bisogni e ai desideri della gente, anche trascurando i propri. Dante si trovava tra gli invidiosi che guardano a se stessi e soffrono per ciò che non hanno. La donna, la Chiesa appunto, guarda invece agli altri e alle loro sofferenze.

Un tratto a cui guardare: anche un vescovo, come la Madre di Gesù, cerca il bene degli altri, non il proprio, e soffre preoccupato per le possibili privazioni e la mancanza di gioia dei suoi amici. In questo sguardo verso gli altri la donna associa tutti i discepoli di Gesù perché siano modellati sul cuore della Madre.

La donna vede la mancanza di vino, vede il presentarsi della stanchezza, vede l’ombra della tristezza e trova il coraggio e il dovere di coinvolgere Gesù, anche se i commensali e il capo dei servi non si accorgono di nulla. C’è uno spazio di attività nascosto e riservato. È quanto vive e avviene nel cuore della madre di Gesù: la partecipazione alla festa – alla festa della vita e dell’amore- favorisce la sua attenzione alle cose della vita. Ha occhi e cuore per vedere e per accorgersi che c’è preoccupazione attorno; nasce nel silenzio, nella riservatezza la decisione di parlarne a Gesù e di coinvolgerlo. Ci sono spazi nascosti, privati, interiori anche per i vescovi: una vita silenziosa, riservata e misteriosa che porta alla preghiera e che fa di noi coloro che desiderano obbedire a Gesù: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Non in tanti sapranno che abbiamo lavorato; non importa, ciò che importa è che ci sia vino buono e ci sia gioia.

Scompare la donna (queste sono le ultime parole della madre di Gesù nel Vangelo di Giovanni); cambia il contesto, da Cana a Padova, a Chioggia; cambiano i tempi e le culture: solo il Signore, sposo dei tempi nuovi, resta e riempie le giare della gioia dei tempi nuovi!

La Chiesa, la santa madre Chiesa, si rivolge a Gesù. Essa infatti desidera servire la gioia e sa che è Gesù il protagonista!

Interpellato dalla Madre, dalla Chiesa, Gesù vede gli otri, li fa riempire di acqua. Gesù vede Giampaolo e per lui compie uno dei suoi segni.

…Noi ti lodiamo, o Signore, confermando la nostra fiducia e la nostra fede in te. Facendo tutto quello che tu dici, rendi i nostri cuori capaci di vedere la tua gloria: l’amore del Padre che dona il suo Figlio per la nostra gioia.

+ Claudio Cipolla


SALUTO DEL PATRIARCA FRANCESCO MORAGLIA

Ordinazione episcopale del Vescovo eletto di Chioggia mons. Giampaolo Dianin

Saluto del Patriarca di Venezia e Presidente della Conferenza Episcopale Triveneto Francesco Moraglia

Caro Vescovo Giampaolo,

è con grande gioia che noi Vescovi del Triveneto e della Metropolia di Venezia viviamo questo momento che segna in modo indelebile la tua vita e anche quella delle nostre Chiese. Sei qui oggi con la tua storia, quella della tua famiglia e delle comunità a cui hai dato molto e dalle quali molto hai certamente ricevuto.

Un pensiero grato va al Vescovo Claudio e alla Chiesa che è in Padova, la Chiesa del tuo battesimo e del tuo sacerdozio; desidero anche menzionare la Chiesa che è in Chioggia e il Vescovo Adriano a cui, fra pochi giorni, subentrerai come nuovo pastore, ossia come un fratello tra fratelli, chiamato ad essere padre e compagno di strada che si lascia guidare dalla Sapienza del Vangelo a partire dalle concrete e quotidiane fragilità degli uomini.

Come Vescovo sarai chiamato a promuovere la comunione, non a partire da te stesso e dai tuoi gusti personali, ma da Lui, il Signore Gesù, che è la via perché è la verità e, quindi, Colui che dona la vita (cfr. Gv 14,6).

Caro Vescovo Giampaolo – come abbiamo ascoltato nel Vangelo – l’indicazione data da Maria, a Cana di Galilea, a chi serviva al banchetto nuziale, ti guidi e sia la tua bussola: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv 2,5). Sì, fedeltà alla Parola di Gesù e alla Sua persona sono le risorse e le garanzie del Vescovo e della sua Chiesa; risorse e garanzie che pagano sempre, te ne accorgerai presto.

L’inizio del tuo episcopato cade in un tempo difficile. La pandemia perdura e non chiede “permessi” di sorta a nessuno. Contagia i corpi, affatica gli spiriti, logora le volontà, mette alla prova persone e comunità e, soprattutto, i più deboli: bambini, giovani, anziani, famiglie. Molti, in questi mesi, si sono interrogati come mai prima.

Vivere questo tempo come “opportunità” e “grazia” non è uno slogan ma il cammino sapienziale delle nostre Chiese chiamate a vivere in spirito sinodale una speranza affidabile che deve caratterizzare ogni giorno.

Papa Francesco sottolinea che solo lo Spirito Santo garantisce l’autentico percorso sinodale, differenziando la Chiesa dalle altre assemblee umane – partiti politici, manifestazioni sociali -. È vero: solo dove è lo Spirito, lì è la Chiesa.

Olivier Clément – teologo ortodosso – a proposito della Chiesa dice: “Corpo di Uno della Santa Trinità… è in seno all’umanità l’elargizione dell’amore trinitario… Unità assoluta che coincide con la diversità assoluta” (Oliver Clément, La Chiesa ortodossa, Queriniana Brescia 1989, pag. 56 e ss.).

L’invito è, quindi, a vivere l’unità nella differenza, la diversità nella comunione. Pluriformità, allora, è il termine più opportuno che tiene insieme le diverse esigenze della fede, della spiritualità, delle scelte pastorali.

Ancora Papa Francesco dice: “…siamo chiamati: all’unità, alla comunione, alla fraternità che nasce dal sentirci abbracciati dall’unico amore di Dio. Tutti, senza distinzioni, e noi Pastori in particolare, come scriveva San Cipriano: «Dobbiamo mantenere e rivendicare con fermezza quest’unità, soprattutto noi Vescovi che presiediamo nella Chiesa, per dar prova che anche lo stesso episcopato è uno solo e indiviso» (De Ecclesiae Catholicae Unitate, 5). Nell’unico Popolo di Dio, perciò, camminiamo insieme, per fare l’esperienza di una Chiesa che riceve e vive il dono dell’unità e si apre alla voce dello Spirito” (Papa Francesco, Discorso nel momento di riflessione all’inizio del cammino sinodale, 9 ottobre 2021).

L’impegno, nel cammino sinodale, è perseguire l’unità nel Signore Gesù, “Uno della Santissima Trinità”, in cui ciascuno partecipa l’unità nella differenza.

Caro Vescovo Giampaolo, il nostro augurio – come Vescovi del Triveneto – è che tu possa avvertire l’affetto della tua Chiesa e di chi, con te, condivide la grazia e la responsabilità dell’episcopato.

La Beata Maria Vergine della Navicella vegli su di te e sulla Chiesa di Dio che è in Chioggia. Affidarsi a Lei è la risposta al disegno salvifico di Cristo e l’impegno ad approfondire i contenuti della consacrazione battesimale che ci costituisce popolo di Dio.

Chi ci aiuterà a trasformare la vita in un dono, in un continuo “sì” alla volontà del Signore, ad aprire il cuore a Cristo, a lasciare penetrare il mistero della Redenzione nella nostra vita e in quella della nostra gente? Maria, la prima discepola, Madre della Chiesa, ossia di tutti: pastori e fedeli.

Caro Vescovo Giampaolo, Dio ti benedica!


IL GRAZIE DEL NUOVO VESCOVO DI CHIOGGIA

Ordinazione Episcopale

Ringraziamenti finali di S. E. Mons. Giampaolo Dianin

«Piego le ginocchia davanti al Padre dal quale ha origine ogni paternità in cielo e sulla ter-ra» (Ef 3,14) perché oggi mi chiama a una nuova paternità come pastore della Chiesa.

Fisso lo sguardo sul Figlio, autore e perfezionatore della fede, e come Pietro, consapevole della mia fragilità, gli ripeto: «Tu conosci tutto, tu sai che ti voglio bene» (Gv 21,17), e accol-go il suo comando: «Pasci le mie pecore».

Invoco lo Spirito, datore di ogni dono, e come Salomone chiedo un cuore docile, il dono del discernimento e la saggezza nel governare (1Re 3,8-14).

Elevo a Dio una preghiera per papa Francesco come lui chiede sempre a tutti noi e lo rin-grazio per la fiducia che ha voluto accordarmi.

Ho abbracciato nel segno della pace i confratelli Vescovi della nostra Regione ecclesiastica e li ringrazio della loro calda accoglienza fin dal nostro primo incontro, lo scorso 16 novembre. Al Patriarca Francesco, che ringrazio per le sue parole e per i segni di vicinanza che ha avuto per me, consegno la piena disponibilità a fare tutta la mia parte per il bene delle nostre Chiese.

Un grazie particolare al Vescovo Antonio, rientrato dalla Terra Santa, per questa celebrazio-ne; la gran parte del mio ministero l’ho vissuta come suo collaboratore. Grazie della fiducia e del cammino fatto insieme.

Mi unisco al grazie di tutta la Chiesa di Chioggia al Vescovo Adriano. «Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunciato la Parola di Dio», scrive l’autore della lettera agli Ebrei (Eb 13,7). Tu sai, caro confratello Adriano, che Chioggia rimane la tua casa; ti aspettiamo nei momenti forti dell’anno liturgico, quando preti e comunità ti inviteranno; e se ci sarà biso-gno, e ce ne sarà, anche per aiutare qualche parrocchia o qualche prete.

Tra i Vescovi presenti c’è anche Mons. Alberto Silvani, che solo qualche giorno fa ha termi-nato il suo ministero come Vescovo di Volterra. Grazie per l’amicizia e la fiducia che ha ac-cordato al nostro Seminario affidandoci la formazione dei suoi giovani seminaristi.

Mi perdoneranno i presbiteri, i diaconi, i fratelli e le sorelle di Chioggia se oggi il mio cuore batte forte per la Chiesa di Padova che mi accingo a lasciare. Sono certo che mi concedete questo.

Ma vorrei subito dirvi che salgo volentieri sulla barca della nostra Chiesa per prendere il lar-go e gettare con voi le reti, in obbedienza alla Parola del Signore e sapendo che Lui è con noi sulla barca.

Vi assicuro che vengo tra voi col sorriso, porto con me la gioia del vangelo e la passione per le persone. Porto con me sogni, non progetti, questi li costruiremo insieme. Vengo in punta di piedi dentro una storia di salvezza iniziata molti secoli fa e disponibile a scrivere con voi una pagina spero bella e ordinata, come piace a me.

«Tutto è grazia». In questi giorni di ritiro a Villa immacolata, ho contemplato commosso quanto il Signore ha operato nella mia vita. «Tutto è stato grazia».

Grazia è stata la mia famiglia: mio papà Tiziano, oggi in cielo, e mia mamma Vittoria, mio fratello Gabriele e la sua famiglia: Monica, Alberto e Francesco. E con loro Agostino, Cristina, Emilia e Riccardo. La grande famiglia cresciuta attorno ai 15 fratelli e sorelle di mia mamma e agli 8 fratelli e sorelle di mio papà.

Grazia è stato il mio piccolo paese di origine, Teolo, e le comunità dove ho esercitato il mio ministero: Caltana, Lozzo Atestino, Mestrino.

Non nascondo l’affetto e il legame profondo che mi lega in particolare alla comunità di Me-strino che frequento da 36 anni. Noi preti diocesani, anche quando facciamo altro, siamo gente di parrocchia e per me Mestrino è stato il luogo del riposo, di tanti legami profondi e familiari, di incontri e attività formative. Un dono prezioso che ha accompagnato tutto il mio ministero. Grazie don Sergio, don Federico e il diacono Giorgio.

Grazia sono state tante persone che il Signore mi ha donato di accompagnare nel cammino di fede. Grazia sono stati anche i fratelli con cui ci sono state fatiche, tensioni e fratture do-vute anche ai miei limiti.

Ai miei compagni di classe preti che mi conoscono meglio di altri: grazie perché abbiamo imparato a volerci bene per come siamo senza mai perderci di vista. Grazia è stato per tutti noi il nostro compagno di classe d. Pierluigi Barzon, che pochi mesi fa abbiamo accompa-gnato all’incontro col Padre.

Alla Facoltà Teologica del Triveneto, dove ho avuto l’onore di insegnare per 30 anni, dal 1991 ad oggi, auguro di continuare ad essere presenza viva e feconda per le nostre Chiese. Grazie al Preside don Andrea Toniolo e al suo predecessore don Roberto Tommasi e a tutti i docenti, studenti e la piccola famiglia del personale della Facoltà e della Biblioteca antica e moderna.

«Tutto è grazia». Tra i docenti non posso non ricordare i confratelli che vivono in Seminario con cui abbiamo condiviso la passione per l’intellectus fidei; in particolare i miei maestri di Teologia morale: il prof. Trentin e il prof. Doni. Con don Paolo abbiamo condiviso anche tan-te pagine della vita pastorale della Diocesi; grazie don Paolo per essermi stato padre e fra-tello.

«Tutto è grazia» e per me sono state un dono tante coppie di sposi, le famiglie, i genitori, i fidanzati incontrati in questi anni. La loro vita ha nutrito e fecondato la mia; i tanti incontri e le tante pagine scritte in questi anni contengono anche i loro volti e le loro storie e così il segno di Cana mi ha accompagnato e ha sostenuto e arricchito il mio ministero.

Servire il matrimonio e la famiglia credo sia stata per me una vocazione nella vocazione. Por-to nel cuore oggi soprattutto l’amore ferito, i legami spezzati, i separati, gli sposi che non possono avere figli, le persone vedove, i giovani che fanno fatica a scegliere il per sempre del matrimonio.

«Tutto è grazia». Per otto anni sono stato assistente unitario dell’Azione Cattolica e ho im-parato e gustato la corresponsabilità tra preti e laici. Sono stati anni appassionanti col desi-derio di rinnovare l’associazione sotto la presidenza nazionale di Paola Bignardi e grazie ai cari amici e presidenti diocesani Stefano Bertin, Luca Dalla libera, Chiara Benciolini e alle Presidenze con cui ho lavorato. Possa l’Azione Cattolica continuare a essere un “laboratorio del Concilio” senza temere di ripensarsi nei nuovi scenari pastorali, sociali e civili.

«La messe è molta, ma gli operai sono pochi». Per 13 anni il Seminario e la formazione dei futuri preti sono stati l’impegno centrale e per me l’occasione per riscoprire e rifondare il mio stesso ministero di prete. Oso far mia l’espressione di San Gregorio Barbarigo perché sento che il Seminario è anche il mio “cor cordis”, la mia casa, la mia famiglia.

Grazie a tutti i giovani preti che ho avuto il dono di accompagnare nel loro cammino di di-scernimento vocazionale e ai seminaristi di oggi. Ho davanti i volti e le storie di ciascuno. In questa Cattedrale ci sono anche le loro famiglie con le quali è nata una paternità e materni-tà condivisa: grazie anche a voi.

Grazie alle diverse équipe di educatori con cui abbiamo lavorato e vissuto un’intensa frater-nità che ha fatto tanto bene al Seminario. Benedici e sostieni Signore gli educatori di oggi: don Nicola, don Giovanni, don Fabio, don Davide, don Alessio, don Antonio, don Silvano, don Giuseppe, Silvia.

Il Signore benedica anche le care suore salesie del Seminario, tutto il personale e in partico-lare Marisa, Barbara, Federica, Edi, Anna, Marco, Giovanna, Debora, Orsola e Roberta.

Non sono mancate in questi anni fatiche e prove per il calo delle vocazioni, per l’aspetto economico, per la responsabilità verso la vita e i passaggi dei seminaristi. In tanti momenti ho fatto mie le parole del Salmo: «Ho creduto anche quando dicevo “sono troppo infelice”» e ogni volta ho rinnovato il mio sì a Dio con le parole di questo salmo: «Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato? Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signo-re, adempirò i miei voti davanti a tutto il suo popolo, perché io sono tuo servo, figlio della tua ancella» (Sal 116). Il Seminario è stata per me l’occasione per gustare la gioia di essere prete.

In questi giorni a Villa Immacolata mi sono passati davanti i volti di tante persone che oggi abitano la Gerusalemme del cielo. Permettetemi di ricordarne solo alcuni che hanno segnato il mio cammino: il Vescovo Girolamo e il Vescovo Filippo che mi ha ordinato prete; il Vesco-vo Alfredo Magarotto, anche lui Vescovo di Chioggia. Don Luigi Rossi sulle cui ginocchia è cresciuta fin da bambino la mia vocazione; don Guerino Gastaldello e i miei parroci don An-tonio Peruzzo, don Antonio Fasolo, don Giovanni Viero, don Angelo Zardo, don Liberale Guarise e don Albino Zanon. Sarebbe lunghissimo l’elenco degli educatori e professori che hanno segnato la storia del nostro Seminario; porto con me la sapienza di don Giuseppe Zanon, la radicalità evangelica di don Sandro Panizzolo e l’amicizia di don Sandro Minarello.

Grazia sono stati anche tanti fratelli e sorelle nella fede e nel dono gratuito dell’amicizia; ri-cordo in particolare il mio maestro all’Università Gregoriana Klaus Demmer, i giovani Mauro Ferretto e Chiara Cappellaro, l’amico Giuseppe Bonollo. Invoco su di me anche l’intercessione del caro d. Pierangelo Laurenti.

Questi fratelli e sorelle e tanti altri fanno parte delle mie litanie dei santi.

«Tutto è grazia». Un grazie a tutte le autorità presenti oggi: i sindaci di Padova, di Chioggia e dei comuni della Diocesi di Chioggia. Le altre autorità civili e militari.

Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno lavorato tanto per preparare questa celebrazione: don Mattia, don Vito, don Alessio, don Gianandrea; il coro della Cattedrale e il Maestro Randon.

Grazie a tutti voi che siete venuti qui oggi sfidando la comprensibile paura del Covid e gra-zie a coloro che ci stanno seguendo da casa perché fermati dal Covid. In questa Cattedrale c’è gran parte di quella che io chiamo la mia “comunità degli affetti”, balsamo della vita. Grazie a tutti voi.

Caro Vescovo Claudio, cara Chiesa di Padova, nel momento in cui il Signore mi chiama al-trove, ricevete l’abbraccio del mio affetto e della mia gratitudine. È stato un dono e un onore servire questa Chiesa.

L’ho girata in lungo e in largo, ho conosciuto le sue bellezze e le sue rughe, eppure non ho mai smesso di amarla. «L’amore – scrive un autore a me caro – dà a chi ama la capacità di vedere oltre l’incanto, senza che l’incanto scompaia». E l’incanto per questa Chiesa non è mai venuto meno.

Questo incanto della e nella fede è l’augurio e la preghiera che rivolgo al Padre per te, caro Vescovo Claudio, che ringrazio per questi anni, per la particolare vicinanza in questi ultimi mesi e per questa celebrazione.

Buon santo viaggio a voi confratelli preti, ai diaconi, ai consacrati e alle consacrate, agli ope-ratori pastorali, e a tutti coloro che saranno chiamati a far parte nei prossimi mesi dell’assemblea sinodale.

Grazie agli amici della segreteria del Sinodo: don Leopoldo, Roberta, Giovanna, don Roberto, Maristella, suor Lia, don Daniele. Possa il Sinodo, radicato nella lunga storia di sinodalità vissuta in questi anni, aprire pagine nuove per questa Chiesa. L’entusiasmo che ha coinvolto noi della segreteria, possa contagiare tutta la Chiesa di Padova, scogliere dubbi e timori e regalarci una nuova Pentecoste.

Il Signore che ha iniziato la sua opera la porti a compimento per la mia vita, per la Chiesa di Padova, per il Seminario e per la mia nuova Chiesa di Chioggia a cui con tutto me stesso prometto amore e fedeltà. Maria, stella del mare, stenda il suo manto su tutti noi.

GRAZIE.


PROFILO DI MONS. GIAMPAOLO DIANIN, nuovo vescovo di Chioggia

Don Giampaolo è nato a Teolo (Pd), sui Colli Euganei, il 29 ottobre 1962.

Ha frequentato il Seminario di Tencarola dalla prima media ed è entrato al Maggiore di Padova nel 1981. Negli anni del Seminario ha svolto il suo servizio nelle parrocchie di Caltana e di Mestrino.

Ha ricevuto l’ordinazione presbiterale il 7 giugno 1987 nella Basilica di Santa Giustina dal Vescovo Filippo Franceschi, assieme ad altri 17 compagni; uno di loro, don Pierluigi Barzon, ci ha lasciato lo scorso 15 ottobre.

Dal 1987 al 1991 ha frequentato l’Università Gregoriana di Roma conseguendo il dottorato il Teologia morale e risiedendo presso il Pontificio Seminario Lombardo.

Rientrato in Diocesi nel 1991 ha iniziato l’insegnamento della morale sessuale e matrimoniale, insegnamento che continua anche oggi. Ha insegnato anche morale fondamentale, dal 1995 al 2002, presso l’Istituto superiore di scienze religiose di Padova, morale sociale e pastorale familiare dal 2003 presso il biennio di licenza in Teologia pastorale.

Al rientro da Roma è stato cooperatore a Lozzo Atestino e nel 1992 è diventato delegato vescovile per la pastorale familiare. Il nuovo incarico ha reso impossibile un servizio continuativo in una parrocchia e così ha sempre frequentato, quando era possibile, la parrocchia di Mestrino dove aveva fatto servizio da seminarista e da diacono fin dall’ottobre 1985.

È stato coordinatore della commissione famiglia della regione ecclesiastica Triveneta fino al 2001.

Nel 2000 è stato nominato assistente unitario dell’Azione cattolica di Padova fino al 2008.

Dal 2008 al 2011 è stato assistente spirituale dell’Istituto secolare delle missionarie della regalità di Cristo.

Dal 2009 è rettore del Seminario Vescovile di Padova.

Dal 2009 al 2012 è stato delegato vescovile per il diaconato permanente.

Dal 2012 al 2018 è stato, per due mandati, coordinatore della commissione Triveneta per i Seminari.

Per i vari incarichi diocesani è stato membro dell’Ufficio di coordinamento pastorale della Diocesi di Padova, membro del Consiglio pastorale diocesano e del Consiglio presbiterale.

Dal 2017 è canonico onorario della Cattedrale di Padova e dal 2019 è membro del Collegio dei consultori. Attualmente è membro della segreteria del Sinodo diocesano.

Mercoledì 3 novembre 2021 papa Francesco lo nomina Vescovo di Chioggia.

Domenica 16 gennaio 2022 nella Cattedrale di Padova mons. Dianin viene ordinato vescovo.

Domenica 30 gennaio 2022 farà l’ingresso a Chioggia con la celebrazione di accoglienza nella Cattedrale di Chioggia alle ore 16.


Lo STEMMA e il MOTTO episcopale

Lo stemma è stato curato da Giorgio Aldrighetti e da Enzo Parrino.

Gli anelli nuziali ricordano il servizio alla pastorale familiare e l’insegnamento della morale del matrimonio e della famiglia.

Le spighe richiamano la messe, gli operai e la formazione dei futuri presbiteri, ma anche il pane Eucaristico, memoriale della Pasqua.

Il mare rappresenta il territorio della Diocesi di Chioggia e le onde i tre fiumi che l’attraversano (Adige, Brenta e Po). La barca è simbolo della Chiesa chiamata a prendere il largo; il vento dello Spirito la spinge ma anche il cuore di un pastore com’è stato San Gregorio Barbarigo, Vescovo di Padova e fondatore dell’attuale Seminario che amava definire il «cor cordis» (cuore del cuore) del Vescovo. La stella rappresenta Maria, guida e aiuto dei naviganti, «Stella del mattino».

Il motto è un versetto della Lettera agli Efesini (5,25): «Sicut et Christus dilexit ecclesiam» – «Come anche Cristo ha amato la Chiesa».