Sguardo Pastorale

L’AMMINISTRATORE APOSTOLICO

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Nel vescovo la diocesi ha il suo pastore proprio. Per raggiunti limiti di età (al compimento del 75esimo anno), un vescovo deve presentare al Sommo Pontefice quelle che vengono comunemente, ma non correttamente, chiamate “dimissioni”, perché più precisamente viene presentata una lettera di rinuncia all’ufficio pastorale di vescovo diocesano. Il termine “dimissioni”, usato nel decreto conciliare Christus Dominus al n. 21, viene sostituito nel codice di diritto canonico con il termine “rinuncia”: non viene meno, infatti, un rapporto lavorativo o di fiducia, non si consuma nessuno strappo (come potrebbe suggerire l’espressione “rassegnare le dimissioni”), ma vi è la presa di consapevolezza che l’avanzare dell’età possa condizionare la reale capacità di adempiere appieno ad una missione così impegnativa per cui non si tratta di dimettersi da un ruolo ma di permettere che ad una chiesa locale sia garantita la continuità della guida con il dono di un nuovo pastore.

La rinuncia deve essere valutata dal Papa e accettata perché diventi effettiva. Nel momento in cui la rinuncia viene accettata la sede episcopale di una diocesi diventa vacante. Non significa che la diocesi rimanga senza un governo ma che non ha un pastore proprio.

Nel periodo della sede vacante il governo della diocesi è affidata ad un amministratore diocesano, nominato dal collegio dei consultori. Il collegio dei consultori è un organo collegiale (fra i sei e i dodici membri), composto da sacerdoti liberamente nominati dal vescovo all’interno del consiglio presbiterale, di cui il vescovo diocesano deve servirsi per trattare alcune questioni di particolare rilevanza relative all’amministrazione dei beni temporali della diocesi per riceverne il consenso o ascoltarne il parere. Questo collegio non decade, a differenza del consiglio presbiterale e pastorale, nel momento in cui la sede è vacante, per cui assume un ruolo fondamentale per garantire la stabilità nella fase di transizione nominando un amministratore diocesano.

La stessa Santa Sede potrebbe procedere a nominare un amministratore apostolico. Così recita il numero 244 del Direttorio dei vescovi Apostolorum successores: «La Santa Sede può provvedere al governo della diocesi nominando un Amministratore Apostolico. Anche se gli sono concesse tutte le facoltà del Vescovo diocesano, il regime della diocesi è quello della sede vacante». Di questa figura giuridica non si parla espressamente nel codice di diritto canonico, nel quale invece è ben descritta l’altra figura: quella dell’amministratore diocesano. Sostanzialmente è il Direttorio dei vescovi a delinearne in modo generico le facoltà e la Santa Sede ad introdurre la prassi con le nomine di fatto. La differenza tra le due figure, l’amministratore diocesano e quello apostolico, è determinata dall’espressione, sopra citata, che attribuisce al secondo le stesse facoltà che ha il vescovo diocesano; il regime di governo è però quello della sede vacante il cui concetto principe è che “nulla sia innovato” (ovvero nihil innovetur). La vita di una diocesi non si ferma e non rimane in stand-by per un periodo imprecisato, e colui che l’amministra interinalmente, come vicario della Santa Sede, è assistito dal collegio dei consultori, dal consiglio diocesano per gli affari economici e dai vicari che può confermare in forma delegata.

Don Simone Zocca

Delegato per la Pastorale