RIflettendo sul vangelo - XVII domenica tempo ordinario - Anno B

IL PANE DONATO, SI MOLTIPLICA

Vangelo di Giovanni 6,1-15

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Da oggi e, per cinque domeniche, ascolteremo e mediteremo il capitolo sesto del Vangelo di Giovanni, interrompendo la lettura continua del Vangelo di Marco. Oggi i primi 15 versetti (6, 1-15) che narrano il miracolo della moltiplicazione dei pani. Nel vangelo di Giovanni i miracoli vengono chiamati segni: perché alludono sempre ad una realtà più profonda. E’ confortante vedere Gesù, attento ai bisogni delle persone, sfamare cinquemila uomini accampati alle sponde del lago di Tiberiade.

Il brano si aggancia al vangelo di domenica scorsa. Marco ci aveva lasciati con lo sguardo di Gesù sulle folle che lo seguivano, uno sguardo commosso e compassionevole perché erano come pecore senza pastore. La compassione per quella folla, per le fatiche e la sofferenza di quella gente, affamata non solo di pane materiale ma anche di pane spirituale, spinge Gesù a compiere il segno della moltiplicazione dei pochi pani e pesci messi generosamente a disposizione da un ragazzo.

Prima però di compiere il miracolo, da buon Maestro Gesù mette alla prova i suoi con una domanda che sembra spiazzare fin da subito la volontà di andare incontro ai bisogni di quella folla: “Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”.  Gli apostoli, ignari di ciò che sta per accadere, si fermano ad una constatazione: “Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo”. Una risposta realistica, che chiunque darebbe senza sbagliare i calcoli.

I cinque pani e due pesci condivisi diventeranno sufficienti per tutti, anzi ne avanzeranno dodici ceste. Quel che può sembrare troppo poco, se condiviso, può diventare molto per tutti. Dove non arriva la matematica classica, arriva la matematica della carità, dove più si divide, più si moltiplica e c’è spazio e bene per tutti.

Il vangelo ci sollecita a chiederci cosa può rappresentare tutto questo per ciascuno di noi. Quando si scopre che quel poco che si è o si ha e che, forse, è appena sufficiente per noi, trovando la forza e il coraggio di condividerlo ci si accorge che, quasi d’incanto, si moltiplica.

Gesù ci insegna ad usare gli occhi. Il Suo sguardo è attento a cogliere i bisogni veri, non è distratto o indifferente, ma è intenzionalmente rivolto verso ogni persona. Da qui, anche per noi, il coraggio di guardare i volti, le rughe, le espressioni, le mani, i corpi, le assenze di sorriso, gli sguardi di chi ci vive accanto, chiedendo aiuto anche quando le parole fanno fatica ad essere pronunciate e i cuori non riescono a sperare.

Gesù, con la domanda che mette alla prova i suoi, ci sollecita a guardarci dentro e a renderci disponibili a donare quello che siamo e abbiamo, ci scuote ad uscire dall’egoismo per entrare nella solidarietà e, ancor di più, nel suo modo d’amare, che si chiama carità. Da soli non siamo in grado di sfamare proprio nessuno, non siamo in grado di colmare e soddisfare nessuna fame, neanche quella di chi ci è più vicino. La povertà può essere colmata solo da Gesù e se noi la affidiamo a Lui avremo in custodia un canestro sempre pieno per soddisfare anche i bisogni più profondi.

C’è un altro insegnamento che ricaviamo dal segno compiuto da Gesù. Il cuore di Dio è aperto, soprattutto, per le esistenze frantumate, rifiutate e abbandonate dagli uomini, perché, come ci ricorda Papa Francesco, in ogni fratello, specialmente nel più piccolo, fragile, indifeso e bisognoso, è presente l’immagine stessa di Dio.

Dobbiamo accettare che sia sempre Lui a saziare la fame che alberga in noi e nei fratelli, che sia Lui il pane della vita. E poi essere disposti a mettere, generosamente, a disposizione quello che siamo e abbiamo per il bene dei fratelli, pronti anche a raccogliere con cura nella nostra vita e nel nostro cuore coloro che sono considerati gli “avanzi” della società.

 

Don Danilo Marin