Pastorale Giovanile

“Stare con” i pre adolescenti e adolescenti

Un cammino insieme

croce mani
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Il Vescovo Adriano, ha attuato fin dall’inizio del suo episcopato una riforma nel cammino di iniziazione cristiana. Come tante diocesi, di fronte ai cambiamenti della società si sta cercando di trovare modalità nuove per cercare di iniziare i bambini e i ragazzi ad una vita di fede. Spesso questa iniziazione non avviene, per tanti motivi, ma ancora una volta, anche oggi nelle indicazione del nostro Pastore emerge forte e chiaro l’invito: “Celebrati i Sacramenti, le nostre parrocchie non devono chiudere i battenti, ma devono offrire nuove modalità per offrirsi ai ragazzi come “comunità fraterne e inclusive”, però con fraternità e inclusività attraenti, gioiose, formativa e significative per i ragazzi stessi.”

La Diocesi in questi anni ha tentato di avviare qualche processo per cercare di fornire un aiuto alle parrocchie, in particolare nel 2018 offrendo un primo sussidio  destinato agli animatori dei ragazzi di prima media, presentato ai catechisti e animatori durante un’assemblea dei catechisti, e al clero diocesano in una tre giorni di aggiornamento residenziale.

In quelle occasioni il Vescovo affermava: “Educare alla fede richiede più coraggio, costanza e forza che iniziare ai sacramenti”. Questo è verissimo perché bene o male abbiamo tante strade già percorse per giungere a celebrare la Cresima, accostarsi all’Eucarestia per la prima volta. Ciò che manca è la capacità di creare strade nuove per il dopo. Questo chiede di lavorare insieme, in sinergia. Non è più pensabile lavorare con i ragazzi del “dopo cresima” ciascuno per la propria parrocchia occorre unire le forze, perché per un giovane i confini sono labili, i ragazzi frequentano ambiente comuni e neutrali che superano i confini territoriali di una parrocchia, addirittura Diocesi. Ma non basta l’unione di forze ecclesiali, occorre unirsi con le altre agenzie educative del territorio.

Infatti il pre adolescente, l’adolescente ha bisogno dei suoi pari per completare la costruzione della sua identità, e soprattutto ha bisogno di tempo, di adulti disponibili a “perdere tempo” perché nel momento informale, basta un cenno perché egli si possa aprire e confidare. È quello il momento in cui possiamo essere riconosciuti come adulti credibili, che hanno qualcosa da dire. E questo qualcosa da dire, non è una risposta fatta, preconfezionata “da catechismo”, ma condividere la nostra esperienza, anche il nostro essere in ricerca, il nostro essere fragili e non onnisapienti. Ecco cosa vuol dire diventare accompagnatori, compagni di viaggio, attenti a cosa ci chiedono, quali segni ci danno, quali attenzioni ci chiedono, quali bisogni hanno, occorre tessere relazioni vere sincere, profonde.

Ecco che come catechisti dobbiamo essere formati per essere all’altezza, che vuol dire “rendere ragione della speranza che è in noi” (1 Pt 3,14) ovvero essere in grado di rispondere a delle domande che a volte possono mandare in cristi anche noi. Questo chiede anche a noi una cura particolare alla nostra spiritualità, un conoscere la Parola di Dio, riuscire a conoscere l’ambiente digitale, che non è un ambiente da condannare ma da evangelizzare come sempre ha fatto la Chiesa. Occorre elasticità, disponibilità e organizzare la loro formazione insieme a loro, non calata dall’alto ma che risponda davvero a quanto ci chiedono. Se questo è difficile, dobbiamo perseverare, non mollare, e continuare a provare, a sperimentare, mostrandogli che ci teniamo veramente a loro, senza interessi personali. “Non praticare” la Chiesa non vuol dire non credere, non avere una sete di spiritualità

Infine bisogna che li lasciamo estremamente liberi. Papa Francesco continua a ricordare che il cristianesimo non vive per proselitismo ma per attrazione, così anche noi dobbiamo eliminare tanti pregiudizi nei confronti delle nuove generazioni, e come ricordava san Benedetto essere aperti alle nuove strade che i giovani possono indicare.

Concludo con il monito che già il Vescovo Adriano ha espresso” la fatica e l’impegno richiesto per il nuovo accompagnamento dei nostri ragazzi spero non spingano a dire “ritorniamo in Egitto”, stavamo meglio prima, non sappiamo dove stiamo andando! Ognuno comunque si deve porre questa domanda e come pastori e animatori dobbiamo non solo darci insieme la risposta, ma aggiungere anche una seconda domanda: “verso dove stiamo conducendo questi ragazzi?”

Don Yacopo
Delegato Pastorale giovanile diocesana