Sguardo pastorale

IL SOGNO DELLA VOCAZIONE

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Questa domenica celebriamo la 58esima Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni e il messaggio di Papa Francesco che accompagna questa giornata è incentrato sulla figura di San Giuseppe, in quest’anno speciale a lui dedicato. Ripercorro per voi i passaggi salienti.

In San Giuseppe, scrive il Papa, possiamo riconoscere quel cuore di padre «capace di dare e generare vita nella quotidianità». Di lui non conosciamo una parola ma la sua mite e, al contempo, forte testimonianza non passa inosservata. È lo slancio del suo cuore di padre che fa la differenza in alcuni momenti difficili per la sua famiglia, e per questo è per noi come il Santo della porta accanto.

Tre sono le parole-chiave che la sua testimonianza ci suggerisce per far maturare una vocazione e consolidare la propria: sogno, servizio e fedeltà.

Tutti siamo alla ricerca di realizzare il sogno che custodiamo per la nostra vita: quello della felicità che passa attraverso l’amore, accolto e donato. È proprio «l’amore a dare senso alla vita, perché ne rivela il mistero». Questo desiderio e questa ricerca non sono destinati a sfumare con il tempo, come sfuma il ricordo di un sogno, ma rimane l’intuizione da perseguire perché il sogno di una vita felice e piena d’amore è il progetto che Dio ha per ognuno di noi. San Giuseppe si lascia guidare dai sogni, lo sappiamo dal racconto dei vangeli, perché tutti essi rappresentavano delle chiamate divine (cf. Mt 1,20; 2,13.19.22). Chiamate che lo destabilizzano ogni volta ma che gli indicano la strada e gli permettono di ascoltare e realizzare la volontà di Dio. San Giuseppe ci è di esempio perché vive tutto attraverso una accoglienza attiva, lui non è mai rinunciatario o arrendevole, per cui Papa Francesco afferma: «Così accade nella vocazione: la chiamata divina spinge sempre a uscire, a donarsi, ad andare oltre. Non c’è fede senza rischio. Solo abbandonandosi fiduciosamente alla grazia, mettendo da parete i propri programmi e le proprie comodità, si dice davvero “sì” a Dio».

Il servizio, cioè la capacità di donarsi concretamente per San Giuseppe fu una regola di vita quotidiana. Lui, venerato come castissimo sposo, ha svelato «la sua capacità di amare senza trattenere nulla per sé». Se non si giunge alla maturazione del dono di sé ma si rimane fermi alla logica del sacrificio, annota il Papa, nella vita matrimoniale come in quella celibataria o verginale, non si diventa segno della bellezza e della gioia dell’amore ma si evidenzieranno la nostra tristezza e frustrazione. Servire significa sapersi adattare alle varie circostanze, non perdendosi d’animo e rimanendo strumenti operosi di Dio. Infine con la parola fedeltà ci si riferisce a quel frutto dello Spirito che dice dell’atteggiamento di fondo in rapporto a Dio e alla quotidianità caratterizzato dalla ponderatezza, dalla meditazione e dalla pazienza. La fedeltà umana si alimenta alla luce di quella di Dio che ci invita a “non temere”: sono queste parole che ci permettono, nei momenti difficili, di ritornare al primo amore, cioè alle motivazioni che ci hanno spinto e possono spingere a scegliere la propria vocazione; sono queste parole che accompagnano ogni giorno chi dice di sì a Dio. «Questa fedeltà è il segreto della gioia».

Don Simone Zocca