Sguardo Pastorale

Vita nuova e misericordia

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Nella tradizione della Chiesa nella seconda domenica di Pasqua i neofiti cristiani abbandonavano l’alba bianca indossata dopo il battesimo ricevuto nella Notte Santa, mentre più recentemente Giovanni Paolo II ha istituito nella stessa giornata la Festa della Divina Misericordia. Possiamo benissimo affermare che otto giorni dopo Pasqua la Chiesa vive dell’esplosione dei doni dello Spirito e raccoglie i suoi primi frutti. Otto giorni dopo appare ancora più lampante quanto sia stata stravolgente la Risurrezione di Gesù in quel primo giorno della settimana e come ancora oggi, anche per la sua Chiesa, sia un dono imprescindibile perché la rinnova, la rifonda, la re-invia perché sia segno nel mondo della gioia della vita nuova, della misericordia che perdona e salva.

Come il Risorto è tale perché non è il Gesù tornato alla vita di prima ma è il Cristo, il Figlio del Dio vivo, così il cristiano vive la gioia del perdono non come un rattoppo ai propri errori e al proprio peccato ma come condizione radicalmente nuova del proprio cuore. Dalla Pasqua, poi, scaturiscono i sacramenti come sorgente che rinnova e mantiene il cristiano in questa condizione interiore e infonde in lui la forza che gli permette di maturare nel servizio e nel dono di sé.

La Misericordia divina è la chiave di volta che tiene in piedi l’arco della vita cristiana ma è anche quell’azione che Dio rinnova per i suoi figli e che continua a giustificare l’esperienza di una vita in Cristo. Agli occhi del mondo, concetti come quello di servizio, dono di sé, sacrificio, o immagini quali il grembiule, la croce o il pane spezzato, non sono certo accettabili e rimarranno sempre incomprensibili; spesso la fatica della prova li ripropone come concetti e immagini che sono percepiti troppo alti da realizzare per cui vengono abbandonati o riadattati. Dunque è solo la Misericordia di Dio che tutto rinnova e ricrea che continua a sostenere ciò che diversamente sarebbe fallimentare.

Questo conferma l’idea, di cui mi sto convincendo sempre più fortemente, che se non sappiamo declinare la parola misericordia nelle vicende delle nostre comunità o nelle pieghe delle nostre fatiche personali non abbiamo un futuro. Quanto più allontaneremo dalla nostra prospettiva la realistica fecondità che nasce dal lasciarci salvare dall’Amore, tanto più ci allontaneremo dalla verità di noi stessi e dei doni spirituali del Risorto. Papa Francesco ha fatto della Misericordia divina il motto del suo pontificato cogliendo proprio il movimento del cuore di Dio che guarda con amore e ci chiama (miserando atque eligendo): è questo movimento che continua a salvare.

Penso allora a tutto il filone del magistero di questo pontefice imperniato sulla logica dell’integrazione, dell’accoglienza, della solidarietà, dell’inclusione che si estende dalla situazione degli ultimi e degli emarginati delle nostre società alla cura di tutte le fragilità e ferite del cuore e della vita (paradigmatici lo sforzo per realizzare una cultura della tutela dei minori e la cura rivolta alle coppie in nuova unione). Come questo tempo di pandemia ha aperto per la Chiesa la strada del ritorno all’essenziale così questo pontefice, sulle orme del Risorto, ci sospinge verso la frontiera pastorale della misericordia.

Don Simone Zocca