Lettera del vescovo ai presbiteri

“Con cuore di padre”

Chioggia, 19/03/2021 - Festa di san Giuseppe

vescovo
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Carissimo don…(ogni presbitero metta il suo nome),

in occasione della festa di san Giuseppe, nell’anno a Lui dedicato per scelta di papa Francesco, mentre stanno giungendo a conclusione i 12 anni del mio servizio episcopale alla Chiesa di Chioggia (spetterà al papa decidere la conclusione effettiva), desidero offrirti  un’occasione utile per una  tua ulteriore comprensione e verifica del tuo ministero presbiterale in favore  della Chiesa di Chioggia e della particolare porzione di Essa che a te è affidata. Raccolgo alcuni spunti dalla Lettera apostolica di papa Francesco per la festa di san Giuseppe, applicandoli al nostro essere presbiteri e al nostro servizio presbiterale da vivere ‘con cuore di padre’.

Per un ‘disegno di Dio’

A Giuseppe, scrive il papa, “Dio ha rivelato i suoi disegni e lo ha fatto tramite i sogni, che nella Bibbia, come presso tutti i popoli antichi, venivano considerati come uno dei mezzi con i quali Dio manifesta la sua volontà” (cfr Mt 1,20;2,13.19.22). Chissà quante volte, nella tua giovane età, quella delle scelte di vita, avrai immaginato e sognato il tuo ministero di sacerdote. Ma poi quel sogno è diventato chiamata  divina attraverso le varie tappe nelle quali la Chiesa ha accolto questo tuo desiderio che Dio ha fatto sorgere nel tuo cuore. Il disegno divino trova poi concreta manifestazione ogniqualvolta il vescovo ti ha affidato e ti affida una porzione di Chiesa al cui servizio ti ha preposto. Papa Francesco aggiunge che Giuseppe”fu sempre pronto a eseguire la volontà di Dio manifestata nella sua Legge (cfr Lc 2,22.27.39). Come ricorda papa Francesco, Giuseppe fu coinvolto in un servizio apparentemente umile quale quello di essere a servizio di un bambino nato non frutto di un suo progetto ma di un bambino da accogliere, nato ”dopo un lungo e faticoso viaggio da Nazaret a Betlemme, in una stalla, perché altrove «non c’era posto per loro»” (Lc 2,7). E pure la sposa che gli fu affidata non vantava ricchezze, celebrità, grandezze particolari, ma si presentava ‘umile serva del Signore” (Lc 2,38.48) che Giuseppe doveva pure accogliere e servire ancora una volta non secondo i suoi progetti (Mt 1,20.24.25).  Il senso profondo di questo disegno ‘di salvezza’ diventerà chiaro nel tempo: “Dio interviene per mezzo di eventi e persone” afferma il papa.

Paternità presbiterale

Il titolo della Lettera del papa “Con cuore di padre” ti mette nella buona prospettiva per comprendere e verificare la qualità del tuo ministero di prete tra la gente che ti è affidata. Certo, ti è affidata una comunità che tu non hai programmato o creato, come è successo a Giuseppe cui è stato affidato un figlio che lui non ha generato. Ma di quel figlio Giuseppe ha assunto, come scrive il papa, ‘la paternità legale’. A questo proposito papa Francesco riporta alcune parole di san Paolo VI: “la sua paternità si è espressa concretamente «nell’aver fatto della sua vita un servizio, un sacrificio, al mistero dell’incarnazione e alla missione redentrice che vi è congiunta; nell’aver usato dell’autorità legale, che a lui spettava sulla sacra Famiglia, per farle totale dono di sé, della sua vita, del suo lavoro; nell’aver convertito la sua umana vocazione all’amore domestico nella sovrumana oblazione di sé, del suo cuore e di ogni capacità, nell’amore posto a servizio del Messia germinato nella sua casa»”. Giuseppe ha esercitato la paternità per tutta la sua vita. Padri non si nasce, lo si diventa, scrive papa Francesco. “E non lo si diventa solo perché si mette al mondo un figlio, ma perché ci si prende responsabilmente cura di lui. Tutte le volte che qualcuno si assume la responsabilità della vita di un altro, in un certo senso esercita la paternità nei suoi confronti”. Quanto pesa talvolta anche a te la ‘responsabilità legale’ della tua Comunità! Un parroco in una parrocchia accetta di diventare il ‘padre’ di quella ‘sua nuova famiglia’ che gli è affidata. Tutto questo occupa i tuoi pensieri e le tue energie spirituali e fisiche, contento di donarti e spenderti per la fede e la vita della tua comunità/famiglia: liturgia, catechesi, ragazzi, adulti, persone o famiglie in difficoltà, anziani, malati, lutti famigliari. Se vivi questo servizio ‘con cuore di padre’ immergendoti nella vita della gente cui sei stato inviato, non rimane spazio e tempo per tristezze, lagnanze, chiacchiere o altro. E’ bello poi che tu viva anche i momenti di gioia con tanti amici della tua stessa parrocchia/famiglia, specie con quelli che condividono più da vicino gli impegni pastorali e la cura degli stessi ambienti parrocchiali. E quando senti bisogno di sollievo, di qualche momento di compagnia, riposo e sostegno, oltre che nella vita di preghiera, cercali tra la gente della tua comunità/famiglia in cui vivi, e anche nell’incontro gioioso con qualche confratello della famiglia presbiterale cui appartieni.

Per un servizio umile

Papa Francesco parla di san Giuseppe (riferendosi a quanti hanno servito gli ammalati in tempo di pandemia – io lo riferisco a te confratello nel presbiterato e a me -) come  “l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà. San Giuseppe ci ricorda che tutti coloro che stanno apparentemente nascosti o in “seconda linea” hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza. A tutti loro va una parola di riconoscimento e di gratitudine”. Servendo Maria e Gesù egli “«si pose al servizio dell’intero disegno salvifico», come afferma San Giovanni Crisostomo”. Nella tua Comunità/famiglia c’è bisogno del tuo servizio alle persone. E non solo: la cura pastorale richiede cura e impegno per le cose che appartengono alla Comunità: chiesa, oratorio, casa canonica e disponibilità economiche, come è richiesto a ogni buon ‘padre di famiglia’. Condividi ogni scelta sia pastorale che materiale con membri della Comunità/famiglia che, in rappresentanza della Comunità, condividono con te l’azione pastorale e la cura delle ‘cose e dei mezzi necessari’ per l’attività parrocchiale.

Momenti difficili

Non sempre trovi quello che desideri, ma tieni cuore e occhi aperti per apprezzare il bene, poco o tanto, che c’è in ognuno e in ogni situazione.  “Anche attraverso l’angustia di Giuseppe – scrive papa Francesco – passa la volontà di Dio, la sua storia, il suo progetto. Giuseppe ci insegna così che avere fede in Dio comprende pure il credere che Egli può operare anche attraverso le nostre paure, le nostre fragilità, la nostra debolezza. E ci insegna che, in mezzo alle tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca. A volte noi vorremmo controllare tutto, ma Lui ha sempre uno sguardo più grande”. Come affrontare questi momenti? “Il Maligno ci fa guardare con giudizio negativo la nostra fragilità, lo Spirito invece la porta alla luce con tenerezza”. Papa Francesco, come fa spesso, ricorda che “è la tenerezza la maniera migliore per toccare ciò che è fragile in noi. Il dito puntato e il giudizio che usiamo nei confronti degli altri molto spesso sono segno dell’incapacità di accogliere dentro di noi la nostra stessa debolezza, la nostra stessa fragilità”.

Non sempre è facile ‘stare dentro’ alla tua comunità, senza aspettarti che gli altri siano quello che tu pensi  debbano essere perché tu rimanga con gioia con loro. Quanta strada richiede il maturare l’idea che tu sei a loro servizio ‘per quello che sono’, decidendo di spendere la tua vita per quella tua famiglia e comunità che il Signore ti affida!  Servila e aiutala con tutte le tue forze a crescere nella fede nel Signore e nella carità fraterna, prendendo atto che ti è chiesta fatica, pazienza, rispetto, amore, soddisfazioni e riconoscimenti insieme a delusioni e umiliazioni.

Sacrificio o dono?

Voglio concludere con questo pensiero di papa Francesco applicandolo al nostro ministero di presbiteri.

“La felicità di Giuseppe non è nella logica del sacrificio di sé, ma del dono di sé”. Non si percepisce mai in quest’uomo frustrazione, ma solo fiducia. Il suo persistente silenzio non contempla lamentele ma sempre gesti concreti di fiducia. Il mondo ha bisogno di padri, rifiuta i padroni, rifiuta cioè chi vuole usare il possesso dell’altro per riempire il proprio vuoto; rifiuta coloro che confondono autorità con autoritarismo, servizio con servilismo, confronto con oppressione, carità con assistenzialismo, forza con distruzione. Ogni vera vocazione nasce dal dono di sé, che è la maturazione del semplice sacrificio. Anche nel sacerdozio e nella vita consacrata viene chiesto questo tipo di maturità. Lì dove una vocazione, matrimoniale, celibataria o verginale, non giunge alla maturazione del dono di sé fermandosi solo alla logica del sacrificio, allora invece di farsi segno della bellezza e della gioia dell’amore rischia di esprimere infelicità, tristezza e frustrazione”.

Questa meta proposta da papa Francesco diventa anche il mio augurio finale di questo semplice scritto con il quale ti invito a ripensare alla tua storia personale e al tuo servizio presbiterale cui sei stato chiamato. Servizio da vivere alla scuola di san Giuseppe: obbedienza e docilità a Dio e ai suoi disegni, amore paterno come espressione del dono di sé, tenerezza e umiltà radici e fondamento della vera gioia, pazienza e costanza nei momenti difficili: per tutto questo aggiungo la mia preghiera per te e l’intercessione di san Giuseppe in quest’anno a Lui dedicato.

 + Adriano Tessarollo