COMPRENDERE LA BIBBIA - 33

Pésah (Pasqua)

Le feste ebraiche (III)

Pesah
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Un mese dopo la festa di Purim, il 14 di Nisan, cade la festa di Pasqua (Pésah): è la festa che ricorda la liberazione dalla schiavitù. Si tratta in realtà di una festa tipica delle popolazioni nomadi. I testi dell’Esodo fanno capire che i clan ebraici celebravano la Pasqua già prima di uscire dall’Egitto, anzi questa celebrazione sarebbe stata motivo e occasione della fuga (Es 3,18; 5,1.3; 4,23; 7,10; 10,9). Era il rito proprio dei pastori seminomadi durante il quale, all’inizio della transumanza primaverile, si immolava un agnello. Il rito dell’unzione degli stipiti delle porte e/o dei paletti della tenda era un rito di propiziazione che aveva lo scopo di allontanare gli spiriti maligni dal gregge e garantirne la fecondità. Poiché questo rito coincise con la fuga, divenne memoria della liberazione dalla schiavitù d’Egitto. Con la sedentarizzazione in Canaan, il rito dell’immolazione dell’agnello si fuse con il rito dei pani azzimi proprio delle popolazioni sedentarie, rito con il quale si celebrava l’inizio della raccolta dei cereali. La festa di Pasqua dura una settimana dal 14 al 21 di Nisan (= marzo/aprile) (Es 12). La sera del primo giorno ha luogo la cena pasquale (Séder) nel corso della quale viene letto il racconto dell’Esodo. Il figlio minore pone al capofamiglia “domande” relative al fatto di mangiare pane non lievitato (Matzàn), erbe amare (Maròr), e all’usanza di mangiare appoggiati sul braccio sinistro. Nel corso della cena pasquale si bevono quattro bicchieri di vino rosso. Il vino è simbolo di gioia per la liberazione dalla schiavitù. I quattro bicchieri simboleggiano le quattro caratteristiche della liberazione dall’Egitto (cfr. Es 6,6-7): (1) Vi sottrarrò ai lavori forzati degli Egiziani, (2) vi libererò dalla loro schiavitù e (3) vi riscatterò con braccio teso e con grandi castighi. (4) Vi prenderò come mio popolo e diventerò il vostro Dio. Durante la lettura delle 10 piaghe viene bevuto il secondo bicchiere di vino, ma viene versata fuori una piccola quantità di vino per ricordare che la libertà fu conquistata attraverso la sofferenza del popolo egizio. Un quinto bicchiere, detto di Elia, viene versato ma non bevuto e rappresenta la promessa di JHWH di portare gli ebrei nella Terra promessa ai padri. Nel piatto del Séder pasquale le erbe amare [maròr] ricordano l’amarezza dell’esilio, l’agnello [taléh] ricorda il sangue dell’agnello, il pane azzimo [matzàn] ricorda che le donne non ebbero tempo di far lievitare il pane, l’uovo sodo [qashàh betzàh] è segno di vita e rinascita del popolo, il charoset (una salsa di nocciole e fichi secchi) ricorda il fango usato per fare i mattoni.

 

Shevuót (Pentecoste)

A partire dalla festa di Pasqua si contano sette settimane e quindi si celebra la festa di Shevuót o delle Settimane (Dt 16,10) o della mietitura (Es 23,16). A tale computo corrisponde il nome greco della festa: Pentecoste (= il cinquantesimo giorno). Durante tutto il periodo dell’Antico Testamento questa festa non ebbe alcuna connessione con la storia di Israele, era semplicemente la festa della raccolta del grano. Agli inizi dell’era cristiana divenne il ricordo dell’alleanza del Sinai (Libro dei Giubilei) e, al tempo stesso, rinnovamento del patto con JHWH. Durante questa festa la sinagoga viene decorata con piante e fiori per ricordare che il Monte Sinai, secco e arido, dopo la rivelazione di Dio si riempì improvvisamente di fiori e viene letto per intero il libro di Rut. Durante la festa di Shevuót c’è ancora oggi la tradizione di rimanere svegli tutta la notte per studiare la Torah.

(33. segue)

Gastone Boscolo