Sguardo pastorale

Eccomi manda me

padre-Maccalli
Facebooktwitterpinterestmail

È dei giorni scorsi la notizia della liberazione di padre Luigi Maccalli (nella foto) della Società Missioni Africane, rapito due anni fa da un gruppo di jihadisti in Niger. Una bella notizia per tutti noi: si è chiusa nel migliore dei modi una vicenda che ci lasciava con il fiato sospeso da molto tempo. Ora il nostro pensiero va a padre Paolo Dall’Oglio e a tutti quei sacerdoti e religiosi, consacrati e consacrate, che sono nelle mani di terroristi o di frange di malviventi. Persone e fatti che ci ricordano come l’annuncio del vangelo e la disponibilità a vivere la missione della Chiesa devono mettere in conto anche la lotta contro il male più oscuro che nasconde gretti interessi economici. È così da sempre e mi verrebbe da dire sempre più, ma non voglio far prevalere la sfiducia che si alimenta dell’ombra del peccato. Se ci lasciassimo prendere dalla sfiducia peccheremmo contro lo Spirito Santo che continua a parlare al cuore di ogni persona, di buona volontà, amata dal Signore, e a suscitare una risposta personale: “Eccomi, Signore, manda me”. Altrimenti non ci resterebbe da fare altro, avremmo lasciato rubarci la speranza che l’annuncio del vangelo è per la salvezza di questa umanità, di questa storia. Che cosa ci resterebbe da fare se ci lasciassimo rubare Cristo? La missione del vangelo si fa con la risposta, libera e consapevole, di ognuno alla chiamata di Dio. Ad ognuno la responsabilità di custodire integra la gioia di viverlo e annunciarlo. Spesso Papa Francesco nei suoi discorsi a braccio chiede al suo uditorio di farsi carico della propria parte e lo fa anche nel messaggio per questa giornata missionaria mondiale: “Chiediamoci: siamo pronti ad accogliere la presenza dello Spirito Santo nella nostra vita, ad ascoltare la chiamata alla missione, sia nella via del matrimonio, sia in quella della verginità consacrata o del sacerdozio ordinato, e comunque nella vita ordinaria di tutti i giorni? Siamo disposti ad essere inviati ovunque per testimoniare la nostra fede in Dio Padre misericordioso, per proclamare il Vangelo della salvezza di Gesù Cristo, per condividere la vita divina dello Spirito Santo edificando la Chiesa?” Credo, poi, che sia importante lo sguardo con cui ci lasciamo coinvolgere in questa missione ma innanzitutto il modo in cui vediamo noi stessi. Non penso tanto al “posto” o al “compito” che una persona possa sentire più suo perché gli corrisponde di più, tra l’altro evangelicamente non regge la logica dell’autocandidatura, ma mi riferisco all’idea che ognuno ha di se stesso. In quel “Eccomi, manda me” c’è la consapevolezza di essere strumento nelle mani del Signore? Le dimensioni della figliolanza e della fraternità in che modo plasmano la nostra personalità attraverso la quale dovremmo proporre una testimonianza alta? Oppure si nasconde solo un’alta concezione di noi stessi? Sappiamo guardare assieme al campo che biondeggia?

Il Signore si serve anche del nostro entusiasmo, della nostra intelligenza pastorale, ma se manca la carità nei nostri cuori a poco serve, sarà come aver seminato vento e raccolto tempesta.

Don Simone Zocca