sintesi della nuova edizione italiana del messale romano

“Con la rugiada del tuo Spirito”

Ad uso sopratutto dei fedeli e dell’assemblea e dei fedeli

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  1. INTRODUZIONE

A cinquant’anni dalla pubblicazione del messale di Paolo VI[1], vero e proprio simbolo del rinnovamento conciliare, la Chiesa italiana presenta la nuova edizione del Messale romano, «immagine fedele del cammino percorso dal rinnovamento liturgico nel nostro Paese».

Le novità della nuova edizione confermano in larghissima parte il testo del Messale del 1983 e offre una migliore e più attenta traduzione di alcune espressioni e di singoli vocaboli.

Gli interventi riguardano i casi in cui è stata valutata una reale necessità di intervento e un effettivo guadagno in ordine alla fedeltà al testo latino, alla ricchezza del contenuto, alla qualità letteraria, alla comprensione, alla celebrabilità e cantabilità. La nuova edizione del Messale si propone così come punto di arrivo, ma anche come punto di partenza di una nuova ricerca in campo liturgico che sappia favorire la reale «partecipazione attiva» di assemblee sempre più estranee ai tradizionali linguaggi cristiani, poiché il principio guida della partecipazione «interroga le forme e i linguaggi della liturgia prima e molto più di quanto interroghi l’attitudine di coloro che vi partecipano».

A cinquant’anni di distanza, la nuova edizione italiana del Messale è l’immagine fedele del cammino percorso dal rinnovamento liturgico nel nostro Paese. Al tempo stesso, è lo specchio del valore e dell’importanza che la nostra Chiesa oggi effettivamente riconosce alla liturgia nella vita delle comunità e in quella di ogni donna e uomo credente, così come del ruolo della liturgia nell’evangelizzazione. Se la liturgia è davvero Vangelo celebrato, il modo con il quale la Chiesa celebra il Vangelo rivela la coscienza e la pertinenza con le quali essa lo annuncia, dal momento che, come ho già avuto modo di affermare, la Chiesa evangelizza come celebra e celebra come evangelizza.

La terza edizione offre una traduzione più fedele e attenta dei testi latini senza per questo rinunciare alla qualità letteraria e alla piena comprensibilità, rivede e migliora alcuni testi scritti in italiano e colma moderatamente alcune carenze introducendo dei testi nuovi.

  1. Cambiamenti presenti nella terza edizione italiana del Messale romano

Esse consistono in correzioni, modifiche, migliorie, aggiunte e anche alcune rimozioni.

  1. Una prima novità nelle parti recitate dall’intera assemblea riguarda la formula della confessione, il Confesso, dove alle due ricorrenze di «fratelli» è stato inserito anche «sorelle»: «Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli e sorelle che ho molto peccato […] e supplico la beata sempre Vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli e sorelle, di pregare per me…».

L’aggiunta di «sorelle» – assente nell’editio typica del Messale latino del 2000 come del 2008 – risponde a un semplice criterio di verità delle realtà umane e anche al principio della veritas liturgica, tanto cara alla riforma liturgica conciliare, che anche ogni formula e preghiera liturgica, per essere pienamente autentiche, sono chiamate a rispettare. La normale assemblea liturgica di una comunità cristiana è infatti composta da uomini e donne, per questa ragione la formula di confessione non può costringere il fedele a fingere che le donne non siano presenti. Soprattutto nel Confesso, la sola formula dove il fedele si rivolge direttamente in prima persona a tutti i presenti: «Confesso a Dio onnipotente a voi fratelli e sorelle…».

Se nelle monizioni proprie del Messale romano dell’83, redatte direttamente in italiano, la coppia «fratelli e sorelle» era già presente, si deve nondimeno riconoscere che una delle principali acquisizioni della nuova edizione del Messale romano è esattamente quella di aver aggiunto «sorelle» nei testi in cui nell’originale latino compare solo fratres.

Si tratta di un vero proprio principio di realtà alla quale la liturgia è anch’essa chiamata a fare ubbidienza.

  1. Un’altra novità si trova nella triplice invocazione dell’atto penitenziale: Kýrie eléison e Christe eléison, sostituiscono «Signore pietà» e «Cristo pietà» (anche nelle formule tropate), recuperando così anche nel parlato l’antico uso della liturgia romana che, a seguito della riforma liturgica, nella maggior parte dei messali in lingua moderna era rimasto solo nella forma in canto.
  2. Nell’inno Gloria si trova una modifica che avrà un significativo impatto. La frase «e pace in terra agli uomini di buona volontà», che traduce alla lettera il testo latino, «et in terra pax hominibus bonae voluntatis», è sostituita con «e pace in terra agli uomini amati dal Signore».

L’intenzione è quella di offrire una traduzione più fedele al ricco significato di eudokias del testo greco del canto degli angeli nel terzo vangelo (Lc 2,14), che letteralmente significa «di benevolenza (sua)» e che la Bibbia CEI traduce con «che egli ama». È immediato osservare che l’espressione «amati dal Signore» non corrisponde esattamente all’originale testo greco e che la versione della Bibbia CEI è la traduzione più corretta e immediata. Tuttavia, dopo attenta valutazione per il Messale è stata preferita l’espressione «amati dal Signore» in quanto, per numero di sillabe e accenti tonici, può essere sostituita al testo finora in uso senza creare problemi di cantabilità nelle melodie già esistenti e diffuse dell’inno.

  1. Nei riti di comunione troviamo la novità più nota di questa terza edizione del Messale italiano, cioè la nuova traduzione del Padre nostro, di cui molto si è parlato e scritto.

– Vi è un cambio di traduzione:  «e non abbandonarci alla tentazione»

Il verbo greco dei vangeli (eispherô) tradotto nella precedente versione del Padre nostro con «indurre», in effetti significa «portare verso, portare dentro», e può essere anche reso con «non permettere che entriamo, non farci entrare». Tuttavia, va a giusto titolo riconosciuto che al nostro orecchio moderno l’espressione «indurre in tentazione» porta a pensare che il Padre, soggetto del periodo, spinga e in qualche modo provochi alla tentazione, tradendo un’immagine di Dio non pienamente evangelica, come in più occasioni ha rilevato anche papa Francesco. Nella versione italiana, dicendo «non ci abbandonare alla tentazione», chi prega chiede al Padre di essere preservato dalla tentazione e, al tempo stesso, di non essere da lui abbandonato alla forza delle tentazioni.

– Vi è inoltre l’introduzione di una parola: «Come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori»: per fedeltà sia all’originale greco sia alla versione latina, è stata inoltre introdotta la congiunzione «anche» assente nella traduzione finora in uso.

  1. Sempre nei riti di comunione, è stata modificata e ritradotta la formula che segue immediatamente l’Agnello di Dio:

Messale 1983: Beati gli invitati alla Cena del Signore. Ecco l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo.

Messale 2019: Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo. Beati gli invitati alla cena dell’Agnello.

Il nuovo Messale sceglie di essere fedele al testo dell’edizione latina del Missale Romanum che così recita: Ecce Agnus Dei, ecce qui tollit peccata mundi. Beati qui ad cenam Agni vocati sunt.

Il presbitero, presentando all’assemblea il pane spezzato e il calice, riprende l’invocazione «Agnello di Dio» della triplice litania appena cantata e lo completa citando alla lettera l’espressione del Battista nel quarto vangelo «Ecco l’Agnello di Dio», e aggiungendo «ecco colui che toglie i peccati del mondo».

Ma il valore della novità di questa sequenza rituale consiste soprattutto nell’aver tradotto fedelmente il testo latino «Beati qui ad cenam Agni vocati sunt», «Beati gli invitati alla cena dell’Agnello» riconsegnando così alla liturgia la citazione diretta, sebbene non completa, dall’Apocalisse di Giovanni (cfr. Ap 19,9), aprendo questo rito a una dimensione escatologica essenziale alla celebrazione eucaristica. La tavola del Signore sulla quale la Chiesa celebra il memoriale della Pasqua di Cristo e la tavola della cena dell’Agnello sono un’unica tavola. Quella della Chiesa è sacramento di quella del cielo.

  1. Nei riti di conclusione è stata inserita una nuova formula di congedo presente nell’edizione tipica latina del Messale: «Andate e annunciate il Vangelo del Signore».

La prima formula propria del Messale italiano dell’83, «La gioia del Signore sia la nostra forza» è stata modificata in «La gioia del Signore sia la vostra forza». In fine, i vescovi italiani danno la possibilità di congedare l’assemblea con la formula tradizionale latina: Ite, missa est. Deo gratias.

  1. Altri cambiamenti a riguardo delle preghiere eucaristiche che è bene conoscere.
  2. Nell’epiclesi (= invocazione dello Spirito Santo) sui doni della Preghiera eucaristica II, che fino a ora recitava «santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito», è stata recuperata l’espressione latina «Spiritus tui rore santifica», «santifica questi doni con la rugiada del tuo Spirito», che rende certamente più suggestiva l’immagine della venuta dello Spirito sui doni come una rugiada.
  3. L’inizio del racconto dell’istituzione da «offrendosi liberamente alla sua passione» diventa «consegnandosi volontariamente alla passione» di certo più fedele al testo latino «Passioni voluntarie traderetur», specie nel rendere il verbo “tradere”, che indica non tanto un offrirsi – che in questo contesto assume una indubbia valenza cultuale – ma l’atto di consegnarsi da parte di Gesù nelle mani degli uomini. Com’è noto, il verbo “tradere” ricorre anche nelle parole del Signore sul pane («quod pro vobis tradetur»). Inoltre, l’avverbio «voluntarie» è reso con «volontariamente», esprimendo un atto di volontà da parte di Gesù.
  4. Nell’anamnesi, la celebre formula «per averci ammessi alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale» ora è resa con «perché ci hai resi degni di stare alla tua presenza…».
  5. L’espressione «in unione con il nostro papa N., il nostro Vescovo N., e tutto l’ordine sacerdotale», è sostituita da «i presbiteri e i diaconi».
  6. Tra le modifiche della traduzione della Preghiera eucaristica III, rappresenta un significativo guadagno l’esplicitazione dello Spirito santo all’inizio della parte che segue immediatamente l’epiclesi sui comunicanti. Il Messale dell’83 recita: «Egli faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito», mentre nella nuova traduzione, «Lo Spirito santo faccia di noi un’offerta (munus) perenne a te gradita».

La nuova edizione del Messale: punto di arrivo e punto di partenza
Il principio della «partecipazione attiva» rappresenta, senza ombra di dubbio, un’acquisizione irrinunciabile e un punto di non ritorno; ciò che vi è in gioco, infatti, è la natura stessa della liturgia cristiana e la sua qualità evangelica. Sì può partecipare in maniera consapevole e attiva solo a quella liturgia che offre le basi, realizza i presupposti e crea le condizioni perché questo avvenga.

Appare da più parti sempre più necessario interrogarsi se il linguaggio dei testi liturgici e le modalità di formulare la fede che essi veicolano sono effettivamente in grado di coinvolgere i fedeli rendendoli partecipi. Si partecipa attivamente a un evento solo a condizione che da quell’evento si sia fatti realmente partecipi. Riconosciamolo: oggi il principio guida della «partecipazione attiva» interroga le forme e i linguaggi della liturgia prima e molto più di quanto interroghi l’attitudine di coloro che vi partecipano.

Goffredo Boselli