IL SOLENNE RITO DI BEATIFICAZIONE DI PADRE MARELLA A BOLOGNA

Intensa esperienza di fede

La partecipazione entusiasta e devota dei pellegrini della diocesi clodiense col vescovo Adriano

unabella
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Bella esperienza di fede e di Chiesa, quella vissuta domenica 4 ottobre per la beatificazione di Padre Olinto Marella a Bologna. La figura del nuovo Beato della nostra diocesi di Chioggia, nativo di Pellestrina, ci ha orientato a riflettere e a vivere il cuore della fede del battezzato e del credente che è la carità, la prossimità ai fratelli. Assistere allo scoprimento dell’immagine del Padre, in Piazza Maggiore a Bologna, ha provocato grande emozione nel pensare alla vita di questo sacerdote, alla sua umiltà e alla concretezza del suo amore per Dio nei fratelli. La fede che si manifesta nelle opere, la fede che si alimenta con la carità è stato il messaggio che ancora una volta don Olinto ha fatto risuonare nella sua Bologna. Il raccoglimento, la preghiera, la commozione della Piazza durante la celebrazione erano palpabili ed evidenti da parte di tutti, segno di una partecipazione del cuore che coinvolge completamente. La figura del nuovo Beato ha coinvolto tutta la comunità bolognese, religiosa e civile che sente ancora Padre Marella come “la coscienza di Bologna” e che desidera ritrovare in lui una luce e un motivo di orientamento. Lettera-apostolica

La Chiesa di Bologna e l’opera Marella hanno espresso in vari modi una grande attenzione e un autentico e genuino senso di fraternità nei confronti della Chiesa di Chioggia. Molte gentilezze e accortezze umane e logistiche hanno fatto sentire il vescovo Adriano, i sacerdoti concelebranti e i fedeli laici della Diocesi, desiderati e accolti; facendo sperimentare la fraternità tra credenti e tra comunità che sempre dovrebbe alimentare i nostri incontri, le nostre relazioni e le nostre liturgie. Sono diversi i momenti della celebrazione e della venerazione alla tomba del Beato che hanno arricchito questa giornata rendendola unica, per parole, gesti e segni. Cariche di partecipazione e di profondità, che meritano approfondimento, le parole dell’omelia del Cardinale Arcivescovo Matteo Maria Zuppi che ha composto in unità, e con tanti stimoli, la Parola di Dio, la figura del Padre Marella, la festa di San Petronio.

Significative le semplici parole di un continuatore dell’opera del Beato, il padre francescano Gabriele Digani che tra i saluti così si è espresso: “Le virtù eroiche di Padre Marella, l’umiltà, la carità, la fede, debbono essere, d’ora in poi, anche il nostro impegno quotidiano. Non si può essere entusiasti per certe figure senza poi cercare di imitarle.”. La pioggia trattenuta in cielo esattamente fino al termine della celebrazione e due luminosi arcobaleni usciti a salutare la conclusione del rito, hanno posto il sigillo a questo significativo evento.

(AVA)


Biografia breve

Olinto Giuseppe Marella nasce sull’isola di Pellestrina (diocesi di Chioggia) il 14 giugno 1882, secondogenito di quattro figli del medico Luigi e della moglie Carolina De Bei, insegnante. Dai genitori Olinto impara l’attenzione verso i più sfortunati ed emarginati: il padre infatti era solito curare gratuitamente quanti non avevano mezzi e la madre, ritiratasi dall’insegnamento, radunava nel giardino di casa i bambini analfabeti per dare loro un minimo di istruzione. Figura importante nella formazione del giovane Marella è lo zio paterno, Monsignor Giuseppe, parroco della chiesa di Ognissanti sempre a Pellestrina. Il prelato si accorge presto della spiccata intelligenza del nipote così come della sua sincera devozione e nel 1895 lo fa entrare nel Collegio Romano (Roma); il 17 dicembre 1904 Olinto terminati gli studi teologici riceve l’ordinazione presbiterale dal patriarca di Venezia. Oltre a ricevere l’incarico di professore di Storia della Chiesa e di Sacra Scrittura presso il seminario di Chioggia, don Olinto assume l’eredità spirituale di don Felice Renier, un sacerdote di Pellestrina che si era dedicato ad azioni caritative a favore dei più poveri. Assieme al fratello Tullio fonda così il primo ricreatorio popolare, destinato ad accogliere i giovani bisognosi dell’isola e dare loro la possibilità di acquisire una istruzione di base ma anche di apprendere un lavoro. L’originale intuizione di don Marella è quella di strutturare il ricreatorio in base al principio della corresponsabilità dei ragazzi nella gestione della vita interna al ricreatorio stesso. Questa intuizione verrà perfezionata da don Marella quando a Bologna fonderà la Città dei Ragazzi. Ma fin dall’inizio del suo ministero su don Marella gravano sospetti di modernismo. ritratto marellaE presto i suoi metodi educativi e le amicizie che intrattiene accrescono tali sospetti, così che nel 1909 le incomprensioni e la diffidenza raggiungono il culmine e viene prima allontanato dall’insegnamento teologico in seminario, poi punito con la sospensione a divinis: temporaneamente non potrà esercitare il ministero sacerdotale, pur conservando tutti gli obblighi di un prete. In aggiunta gli viene anche proibito di ricevere la santa comunione all’interno del territorio della sua diocesi. Queste le parole con cui don Olinto risponde al proprio vescovo che gli comunicava l’atto di sospensione: «Eccellenza, stamane celebrando la Messa, pensavo e sentivo che sarebbe stata – forse per lungo tempo – l’ultima. E pieno di tale sentimento, i divini pensieri che esprimevo, e i santi misteri che compivo mi parevano dettati direttamente da quello Spirito che ci dà di chiamar “Padre”. Il Salmo Iudica lo ricomponevo quasi io. E mai, come stavolta, – eccetto forse il dì della mia ordinazione e quando celebrai sulla tomba di mio padre – sentii il valore spirituale della “frazione del pane”. Nell’attesa tristemente solenne io mi sento più che mai sacerdote in eterno››. Ciò che avrebbe potuto indurlo ad una aperta ribellione contro l’autorità della Chiesa diventa per don Olinto una via di santificazione: non venendo mai meno ai suoi doveri di sacerdote, nelle forme che gli sono consentite, egli si dedica ad una vita di fede e di apostolato nel suo ricreatorio e nel Giardino di infanzia. Dopo alcuni anni, per provvedere al proprio sostentamento, si laurea in filosofia e prende l’abilitazione all’insegnamento iniziando la docenza che lo porterà in numerosi licei italiani. Nel 1924 arriva a Bologna dove insegna nei licei Galvani e Minghetti fino al 1948. In questi anni la sua lungimirante visione pedagogica venne notata anche dai funzionari del Ministero dell’Istruzione tanto da convocarlo nella commissione voluta dal ministro Gentile per la riforma dei programmi scolastici nazionali e nella Commissione nazionale per la formazione delle maestre per le scuole dell’infanzia. La casa in cui vive con la mamma in via S. Mamolo a Bologna ospita spesso persone bisognose di ogni genere. Si inserisce nella parrocchia di San Giovanni in Monte, accolto dal parroco mons. Emilio Paggioli, collega di insegnamento, che ne intuisce il valore; grazie all’amicizia con Augusto Baroni e Vincenzo Gotti, partecipa ai neonati Gruppi del Vangelo, un movimento di laici che promuove la diffusione della conoscenza della Sacra Scrittura, ed entra a far parte della San Vincenzo dedicando tutto il tempo

libero dall’insegnamento ad azioni caritative nei quartieri più poveri della città. Il cardinale arcivescovo Giovanni Battista Nasalli Rocca, dopo aver approfondito la conoscenza di don Olinto, ottiene per lui dalla S. Sede la riammissione al ministero sacerdotale; il 2 febbraio del 1925 don Marella, dopo 16 anni di sospensione, può celebrare di nuovo l’eucaristia. Il cardinale arcivescovo affida a don Olinto l’apostolato tra i baraccati dove migliaia di persone vivono ai margini del centro cittadino in condizioni abitative e sociali di estrema povertà e degrado. Il suo abito inusuale (una marsina) non permette di identificarlo immediatamente come sacerdote; ma la sua carità operosa gli ottiene ben presto l’appellativo di «padre››. Le sue visite sempre più frequenti, accompagnate dalla distribuzione di generi alimentari, abiti e a volte un po’ di denaro, gli permettono di stabilire un solido rapporto di fiducia con quella fetta di popolazione cittadina che era dai più dimenticata. Oggetto della sua peculiare attenzione sono ancora una volta i bambini e i giovani, spesso lasciati soli dai genitori perché costretti a lavorare moltissime ore al giorno. Per loro, colui che è universalmente ormai conosciuto come padre Marella ottiene dal Comune di Bologna di poter utilizzare un magazzino della nettezza urbana dismesso, sito in via Piana.


4 ottobre 2020. Bologna, Piazza Maggiore. Marella Beato

L’omelia del Cardinale Matteo Maria Zuppi

Ringrazio anzitutto Papa Francesco per avere concesso che Olinto Marella “sia d’ora in poi chiamato con il nome di beato”. Sentiamo la gioia e la responsabilità di seguire Cristo e di essere figli di questa Chiesa e della Chiesa di Bologna. Rinnoviamo la nostra obbedienza filiale a Papa Francesco, che presiede la comunione della famiglia di Dio, roveto ardente davanti al quale dobbiamo sempre tutti toglierci i sandali, da servire e di cui mai servirsi, da onorare perché nostra madre. La Chiesa come la nostra Basilica di San Petronio è sempre reformanda e ci richiede di rivestirla e completarla con la nostra santità. Ce lo insegna Padre Marella, che accettò la sua sospensione a divinis con giustificata amarezza, “in espiazione”, per avere modo “di purificare il mio spirito e di rendermi maggiormente degno di compiere quell’apostolato per cui ogni purezza è scarsa, ogni volontà più ferrea è debole”. Scrisse al suo vescovo appena ricevette la comunicazione della sospensione: “Ritroveremo la nostra fraternità abbandonate le maschere che ce la nascondono e ci rendono l’un l’altro tanto feroci. Allora con tutti gli uomini di buona volontà – grandi e piccoli, sospetti o inquisitori – ci ritroveremo nella Carità di Cristo, da cui tradimenti o agonie, fame o angustie, avvilimenti o morte – sia questa organica o giuridica – non potranno mai separare alcuno”. Ecco, oggi contempliamo proprio i frutti di questa sua scelta di umiltà e di amore alla Chiesa, alla quale restò fedele rifiutando qualsiasi logica divisiva. Il suo è un esempio di come l’obbedienza e il servizio ricostruiscono la fraternità, proteggono da scandali che sempre la feriscono e la indeboliscono. Tutto sempre intorno a colui che presiede la comunione, il Vescovo di Roma. Permettetemi di salutare le autorità civili e militari, in particolare il Signor Sindaco di Bologna, perché rappresenta tutta la città. icona-marellaOggi è una festa per tutti i bolognesi che hanno amato, tutti, Padre Marella e lo hanno aiutato. Per questo abbiamo voluto la beatificazione il giorno in cui ricordiamo il nostro Patrono. Saluto le autorità preferite da Padre Marella che sono i suoi e nostri fratelli più piccoli, i più grandi per il Signore e speriamo anche per gli uomini. Fra i tanti confratelli vorrei ricordare Mons. Tessarollo, Vescovo di Chioggia, Chiesa alla quale apparteneva Padre Marella. Nella comunione tutto è nostro perché tutto è grazia! Desidero ringraziare il Cardinale Biffi, che volle aprire la causa di beatificazione e che lo indicò come “eroe della carità”, coscienza critica della nostra città, tacita eloquenza di una fattiva solidarietà umana e che è stato per tanti bolognesi “indizio e presagio di quel mondo invisibile e più vero cui anch’essi anelano, magari inconsapevolmente”. Con lui ricordo il Cardinale Caffarra che concluse la fase diocesana del processo e che è ricordato proprio nel giorno della memoria liturgica di padre Marella, essendo morto come lui il 6 settembre. Per lui “l’angolo di p. Marella” è un luogo prezioso, “perché impedisce che si oscuri nel nostro spirito la percezione della dignità di ogni persona umana, specialmente la più povera”. In occasione della visita qui a Bologna ormai tre anni or sono, Papa Francesco ci indicò tre P da vivere: Pane, Parola, Poveri. Il nostro Beato ci aiuta proprio a capire l’unità profonda tra le tre P. Il pane dell’eucarestia diventa amore per i poveri. Durante la S. Messa, all’atto dell’offertorio, Padre Marella era solito, come segno di condivisione e espressione dell’amore di Cristo per i poveri, distribuire un piccolo sostegno invece che raccoglierlo. Al termine della celebrazione le persone consumavano in chiesa la colazione, mensa che continuava quella eucaristica. Durante un inverno rigido e con il permesso del Cardinale Biffi, la chiesa di San Donato venne adibita a ricovero notturno. Al posto del tabernacolo eucaristico quello del Corpo di Gesù nei fratelli più piccoli. La Parola ha illuminato la sua vita e fedele a questa educava i ragazzi a diventare padroni di sé. La stessa casa di Dio l’ha voluta come famiglia con i poveri, costruendo luoghi dove vivere con loro e dove tutti fossero accolti e avessero un posto.

“La preghiera è il respiro dell’anima”, diceva Padre Marella, “la nostra conversazione con Dio, l’onnipotenza dell’uomo e l’impotenza di Dio, perché Iddio non sa resistere all’umile e costante invocazione della Sua creatura”. E la preghiera si nutre sempre dell’ascolto della parola. Pane, Parola, Poveri. San Petronio custodisce tra le sue mani tutta la città e ci insegna a sentirci uniti e a vivere l’amore per ogni persona. La nostra libertas non la troviamo nel pensare a noi stessi, ma nel legame che ci unisce a questa comunità di destino e quindi trattando con interesse la vita di ogni persona. Rendiamo, come fece Padre Marella, persone i tanti che altrimenti sono solo schiavi, dei senza volto, senza storia e senza valore. Continuiamo a scrivere il liber paradisus ispirandoci a quel Dio che ci insegna ad amare e difendere la vita sempre e per tutti.

Padre Marella si legò ai poveri e affrancò tanti ragazzi dalla schiavitù della povertà e della fame, sorelle della pandemia della guerra e che è inutile e impossibile distinguere tra loro. Voleva che nessuno rimanesse nell’inferno dell’abbandono e della disperazione e ai tanti orfani non donava soltanto un tetto, ma una famiglia e un futuro. Sono nostri e la sua paternità ci invita ad adottare noi chi è senza protezione. A noi, che in questi tempi ci confrontiamo con la pandemia e con le tante sofferenze fisiche e psichiche che provoca, Padre Marella insegna a non abituarci mai al male e a cercare risposte concrete e per tutti. Siamo sulla stessa barca. Tutti fratelli. Non accettiamo che nessuno sia lasciato fuori da questa, perché vorrebbe dire abbandonarlo in mezzo alle onde di tempeste terribili. Solo insieme possiamo uscirne e non vogliamo che nessuno sia lasciato solo o indietro. Non c’è tempo da perdere in discussioni inutili, calcoli di convenienze da cercare o orgogli personali da difendere: è troppo serio il momento per sciuparlo in meschini interessi individuali. Non perse tempo Padre Marella e dopo la pandemia della guerra coinvolse tanti, direi quanti più poteva, tutti nel solidum dell’elemosina, mettendosi nel cuore della città, aiutando i bolognesi a capire la loro stessa città e a trovare il cuore. Egli ha avuto “intelletto d’amore” cioè una carità intelligente e creativa. Il cristiano è chiamato ad essere buono: non compiaciuto di sé e approssimativo, ma padre dei poveri che gli appartengono perché presenza reale di Cristo. L’elemosina è il primo modo per insegnare alla nostra società, governata dalla legge del mercato e dall’impietoso meccanismo di dare e avere, come liberarsi dal calcolo e dalle convenienze, per cui faccio una cosa solo se ne ricevo un vantaggio, se ho contropartite. L’elemosina non attende rendicontazione né risultato immediato, neanche la gratitudine. Non dimentichiamo anche che chiedere l’elemosina è umiliante, si è sottoposti agli sguardi di tutti, non di rado anche a qualche giudizio sprezzante. Si è costretti a stare per ore all’aperto, a volte al freddo.

Padre Marella prendeva il posto dei poveri per potere dare loro futuro e diceva: “Non mi interessa il passato dei miei ragazzi, mi interessa il loro futuro”. Costruì la Città dei Ragazzi perché i ragazzi vivessero da uomini nella città e questa fosse a misura dei più deboli. Dava responsabilità ai suoi giovani, perché come ogni padre desiderava il meglio per i suoi figli e non si dava pace finché non iniziavano a camminare da soli, consapevole che in ognuno c’era un dono, “secondo la grazia data”. Desiderava uomini liberi perché Dio cresce nella coscienza, non la teme, anzi la nutre, la difende. Ai suoi alunni diceva: “Quando pensate di aver capito tutto avrete capito poco, perché l’intelligenza non è altro che un fiammifero acceso in un mare di tenebre, non ne illumina che una piccola parte. Tutto il resto è buio, tutto il resto è mistero, tutto il resto è Dio”. Oggi ci sentiamo più uniti e più determinati a riempire e a porgere noi quel cappello di condivisione e di solidarietà per rispondere alle sofferte domande degli uomini. Facciamoci umili mendicanti, come peraltro siamo, per preparare il futuro per altri e dare il nostro cuore in elemosina. L’umiltà attrae e rende davvero grandi. Padre Marella, aiutaci ad essere noi i santi della porta accanto, a cercare il perdono di cui abbiamo bisogno umiliandoci nella carità, possibile a tutti, rendendo i poveri nostri fratelli, per trovare la beatitudine che non si compra e non si possiede perché si regala e si riceve. Padre Marella insegnaci ad amare nostra Madre Chiesa, con intelligenza e umiltà, perché sia la famiglia dove tutti sono fratelli, casa per gli orfani, dove tutti sperimentino la misericordia, sentano sulla loro fragilità lo sguardo innamorato di Dio e degli uomini. La carità è la nostra gioia, perché non finisce, tutto crede, tutto spera e tutto sopporta. Grazie, Signore. Tutti fratelli. E nell’umiltà e nel servizio, tutti beati.