RIFLETTENDO SUL VANGELO - XXVII DOMENICA T. O.  - ANNO A

Vigna: per una storia nuova

LETTURE:  Is 5,1-7; Sal 79;  Fil 4,6-9;  Mt 21,33-43

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Il Profeta Isaia parla della vigna del Signore e afferma: “La vigna del Signore è la casa d’Israele; gli abitanti di Giuda sono la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi” (Isaia 5, 7). Il Vangelo di oggi fa eco a queste espressioni del Profeta con la parabola che Gesù racconta e che leggiamo in Matteo 21, 33-43. Gli interlocutori con i quali Gesù si intrattiene sono gli stessi di domenica scorsa: i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo, persone, cioè, che si sentivano, in qualche maniera, padroni della vigna che Dio aveva affidato al popolo eletto. Un noto commentatore della Parola di questa domenica, E. Ronchi, afferma che “Gesù amava le vigne, doveva conoscerle molto bene e deve averci anche lavorato. Le osservava con occhi d’amore e nascevano parabole, ben sei sono riferite dai Vangeli. Ha adottato la vite come proprio simbolo (Io sono la vite e voi i tralci, Gv 15,5) e al Padre ha dato nome e figura di vignaiolo (Gv 15,1)”. Il messaggio della parabola è chiaro: la vigna è Israele, quel popolo che Dio aveva eletto unico fra tutte le altre nazioni e reso oggetto di continue attenzioni. Un popolo, però, che nonostante la costanza e la premura di Dio, si atteggia come una vigna sterile e refrattaria. La vigna siamo anche noi, speranza e, nello stesso tempo, delusione di Dio, fino ad arrivare ad essere refrattari, tante volte, alla costante benevolenza del Signore e sordi ai suoi insegnamenti. Se ci soffermiamo a riflettere capiamo che il modo di comportarsi dei servi della parabola può essere anche il nostro, specie per quanti di noi hanno avuto la possibilità di incontrarlo in tanti modi nella loro vita: nei Sacramenti ricevuti, nella Parola ascoltata, nella preghiera, nella liturgia del Giorno del Signore, nella carità, nella sofferenza, nella gioia. Cristo, dobbiamo riconoscerlo, si è presentato e si presenta a noi sotto tanti volti e tante voci. Dobbiamo cercare che la vigna nella quale siamo chiamati a lavorare porti frutti buoni e abbondanti. Ciò nonostante, è consolante vedere che Dio non indietreggia, non è mai a corto di un qualcosa di nuovo e ricomincia dopo ogni tradimento a creare di nuovo il cuore, con altri profeti, con nuovi servitori e, soprattutto, con gli insegnamenti del suo Figlio. E’ importante non agire come quei contadini della parabola che “presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo” (vv. 35-36). Tutto quello che il Signore ha fatto per il suo popolo, nel corso dei secoli, attraverso l’invio dei profeti e degli annunciatori della Sua Parola, tutto quello che il Signore ha fatto e continua a fare per ciascuno di noi, non deve andare incontro ad un totale fallimento a causa del nostro rifiuto, delle nostre chiusure, della nostra mediocrità e falsità nei suoi confronti. Alla domanda, inoltre, su quale deve essere la reazione del padrone della vigna alla notizia dell’assassinio del figlio, la risposta dei suoi interlocutori manifesta una logica distante anni luce dalla logica di Dio: devono subire una morte terribile, dicono! Gesù, però, non è d’accordo perché il nostro Dio non conosce la vendetta, o meglio la sua vendetta è il perdono, è la misericordia, la sua vendetta è che quello che gli uomini rifiutano, scartano, Dio lo sceglie per costruire il suo Regno: suo Figlio, infatti, sarà la pietra angolare di una nuova costruzione, di una nuova vigna. Non ci resta che aprirci ad accogliere la novità del Vangelo: la storia perenne dell’amore e del tradimento tra uomo e Dio non si conclude con un fallimento, ma con una vigna nuova: Dio sa attendere e pazientare fino all’inverosimile e continua ad aver fiducia in ciascuno di noi, nonostante ci ostiniamo a non portare frutto nella sua vigna o addirittura a infestare questa di frutti non buoni. Credo che questo brano di vangelo costituisca un invito fortissimo a riflettere su quello che ognuno di noi sceglie per costruire la sua vita, per lavorare nella vigna del Signore. Dio ci invita ad agire come Lui, scegliendo ciò che gli uomini rifiutano, scartano, perché alla fine è quello che salva la nostra esistenza: scegliere Gesù come pietra angolare della nostra vita è scegliere l’amore, la misericordia, l’umiltà, il dono della vita.

don Danilo Marin