COMPRENDERE LA BIBBIA - 19

Il lavoro (1)

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Il contadino. Ai tempi biblici i contadini coltivavano soprattutto grano e orzo. Il contadino iniziava ad arare il terreno a ottobre o novembre, quando le piogge autunnali l’avevano ammorbidito. Spesso si arava e seminava nello stesso tempo. L’aratro era un attrezzo di legno a forma di T con una lama affilata che scavava il terreno ed era tirato da due asini o buoi. Se il campo si trovava su una collina o un terreno duro, il contadino arava il terreno a mano e utilizzava un attrezzo simile a una grossa zappa, chiamato zappone o vanga (Is 7,25). Mentre il grano cresceva, da dicembre a febbraio, il contadino ripuliva il terreno in modo che il grano non fosse soffocato dalle erbacce. Il grano era pronto per il raccolto a fine aprile o inizio maggio. Il contadino mieteva servendosi di uno strumento ricurvo affilato chiamato falce (Ger 50,16). Tagliava gli steli di grano vicino alla cima e lasciava il resto della pianta nel terreno, in modo che in seguito il suo bestiame potesse mangiarlo. Il contadino lasciava alcune spighe agli angoli del campo ed era consentito ai poveri andare a prenderle (Rut 2). Il grano doveva poi essere separato dagli steli di paglia perciò veniva portato nell’aia e qui battuto con bastoni o pestato dai buoi per separarlo dalla paglia (1Cr 21,18-26). Talvolta il contadino si serviva di una trebbiatrice rudimentale: una tavola di legno al di sotto della quale erano fissate delle pietre o punte di ferro che i buoi tiravano sul grano facendone cadere i chicchi a terra. Dopo la trebbiatura il contadino separava il grano dalla pula, cioè dall’involucro di paglia e dagli altri scarti. A questo scopo lanciava il grano per aria servendosi di un forcone di legno detto ventilabro. La pula, più leggera, veniva portata via dall’aria, mentre il grano, più pesante, ricadeva al suolo. Infine, il contadino scuoteva il grano in un grande setaccio per separarlo da tutte le impurità (Lc 22,31) e lo riponeva in grandi recipienti o vasi di terracotta. Ogni anno si celebrava l’inizio della mietitura del grano e dell’orzo nella “festa delle settimane” (o Shevuot o Pentecoste). Altre coltivazioni importanti erano quelle della vite, dell’olivo e del fico. L’uva veniva pigiata nei torchi per ricavarne il mosto, che poi si lasciava fermentare in vasi di argilla. Il vino poteva anche essere posto in otri (contenitori di pelle di capra), ma se l’otre vecchio non era in grado di espandersi per far posto ai gas che si sprigionavano allora sarebbe scoppiato e il vino sarebbe andato perso (Mt 9,17). Anche le olive venivano torchiate per ricavarne olio, un prodotto essenziale per la cucina, l’illuminazione, la pulizia e la cura delle ferite.

Il pescatore. L’Antico Testamento parla poco di pesca, del resto gli israeliti non erano dei navigatori e si limitavano a pescare nei pochi wadi (fiumi) e laghi del paese in particolare nel lago di Galilea. Al tempo di Gesù la pesca era un’industria fiorente. I pescatori si servivano di piccole barche che normalmente potevano accogliere solo pochi uomini (tre o quattro). Il lago di Galilea brulicava di pesci, tanto che era possibile pescarli con l’amo o con la rete stando sulla riva. La pesca nel lago di Galilea era però spesso pericolosa, perché il lago non raramente diventava teatro di improvvise tempeste provocate dai venti freddi che scendevano dalle pendici innevate del Monte Hermon o causate dall’aria calda che si levava dal lago – posto al di sotto del livello del mare – e veniva a contatto con quella più fredda proveniente dal Mediterraneo (Mc 4,35-41 //). Il sistema più comune di pesca consisteva nel tendere tra due barche la rete e poi dirigersi a riva per trascinare i pesci in acque poco profonde. Si pescava anche con la fiocina e la lenza; parte del pescato veniva venduto fresco, parte salato. Terminata la pesca, si stendevano le reti ad asciugare e si rammendavano gli strappi (Mc 1,19).

(19.segue)

 Gastone Boscolo